venerdì 4 gennaio 2019

La Stampa 4.1.19
I pericoli del governo del popolo
di Sofia Ventura


Un fantasma si aggira per l’Italia; come il comunismo che aleggiava sull’Europa del XIX secolo, non promette nulla di buono. La democrazia diretta. La democrazia dei moderni non è la democrazia degli antichi. Non è autogoverno, non può esserlo. Le democrazie moderne sono troppo grandi per potersi reggere sulla partecipazione di tutti alle decisioni pubbliche. Sappiamo che sono infatti democrazie rappresentative.
Quelle che hanno consentito a milioni di fortunati di vivere nel peggior regime possibile, ad eccezione di tutti gli altri. E di godere di diritti e libertà. Che oggi a tanti paiono compromessi, ma che rimangono incommensurabilmente superiori a quelli di cui si gode, se se ne gode, fuori dal perimetro delle (vere) democrazie.
Ma la vague contemporanea è quella di attuare la parola letteralmente (come avrebbe detto Giovanni Sartori): la democrazia come governo del popolo. E come governa il popolo? Come forma le sue opinioni, le traduce in decisioni collettive? Appunto, sono le domande alle quali nei secoli si è trovato risposta attraverso il costituzionalismo, che ha portato alla democrazia rappresentativa. Che oggi, però, sembra poco «democratica». Inconsapevoli che essa è l’unica soluzione trovata negli ultimi secoli al «governo del popolo», i nuovi governanti vogliono più democrazia, più popolo sovrano, più partecipazione. E così ecco che, nella forma di proposta di iniziativa parlamentare, ma su input dell’esecutivo, appare il referendum propositivo. Simbolo del mito della democrazia diretta del partito dei Casaleggio. Un referendum propositivo che nella sua forma è concepito come una sfida alla democrazia rappresentativa. Non è previsto un quorum: minoranze organizzate possono mantenere il Paese in continua fibrillazione costringendo al voto continuo per non rimanere vittima della tirannia delle minoranze. Nel caso in cui il Parlamento intervenga sul tema di un referendum proposto, ma non in modo identico, allora è possibile sottoporre a referendum le due proposte, incentivando l’appello al popolo contro il parlamento, la ricerca della sua delegittimazione. È possibile sottoporre a referendum proposte che implichino nuove spese, se vengono indicate le coperture. Diventerebbe così possibile intervenire sulle linee di politica economica di un governo. Dietro, la grande illusione della partecipazione. Ma in realtà si sta costruendo uno strumento di mobilitazione al servizio di piccoli e grandi demagoghi, non uno strumento che possa integrare la democrazia rappresentativa senza alterarla. Il Partito democratico e Forza Italia lavorano a emendamenti per arginare questa deriva. Poiché è la stessa concezione della democrazia che è in gioco, una visione tanto utopica quanto pericolosa, la battaglia non può limitarsi ad essere circoscritta agli addetti ai lavori. L’opposizione può trovare qui l’occasione per manifestare il senso della propria esistenza, uscendo dalle sue piccole e incomprensibili lotte interne. Saprà uscire con questa battaglia dalle aule parlamentari e parlare agli italiani?