La Stampa 4.1.18
Per le saudite conquiste e contraddizioni
di Giordano Stabile
Le
riforme di Mohammed bin Salman cominciano ad avere i primi effetti,
soprattutto nelle relazioni sociali, ma la condizione delle donne in
Arabia Saudita resta difficile, con contraddizioni stridenti. Le saudite
ora possono guidare, praticare sport, assistere a concerti ed eventi.
Molte attiviste, però, restano in carcere per essersi battute a favore
di questi diritti.
Le riforme volute da Mbs si scontrano con due
cardini dell’islam wahhabita. Sono il «wali», il guardiano di famiglia, e
il concetto di «khalwa», la promiscuità illecita fra uomini e donne:
anche per questo allo stadio le donne hanno settori riservati. Il
principe e Re Salman non possono abolirli in blocco, vista l’opposizione
degli ulema, i religiosi che vegliano sull’ortodossia del Regno. Li
hanno però indeboliti con una serie di decreti. I più importanti sono
quello del settembre 2017, che ha autorizzato le donne a guidare, e
dell’aprile del 2017, che ha abolito l’obbligo del consenso da parte del
«guardiano» nelle decisioni che riguardano la vita della donna, a meno
che non ci sia una «norma di legge esplicita» a imporlo.
L’interpretazione
dei decreti è stata ampia, come confermano fonti diplomatiche
occidentali: «Oggi le saudite escono da sole, vanno al cinema, possono
arruolarsi nell’esercito, sono state nominate a posti importanti nel
governo. E hanno di fatto la possibilità di ottenere un passaporto e
viaggiare all’estero senza il consenso del guardiano», prima
impensabile. «Alla gara di Formula E di metà dicembre si è vista una
partecipazione femminile massiccia – continua la fonte -. Questi eventi
incoraggiano le aperture e in questo senso anche la partita di Gedda è
un fatto positivo, come in fondo i Mondiali in Russia».
La strada è
però ancora lunga. Nell’indice 2017 delle pari opportunità del World
economic forum l’Arabia Saudita è 138esima su 144 Paesi considerati.
Human Rights Watch denuncia forti discriminazioni sul lavoro, perché il
consenso del guardiano è decisivo per ottenere posti retribuiti, e
nell’educazione, dove vige ancora la separazioni fra sessi, anche
all’Università. Mentre Amnesty International sottolinea come siano in
carcere molte attiviste, a partire dalla 29enne Loujain al-Hathloul,
protagoniste delle battaglie per il diritto alla guida e contro
l’obbligo del «guardiano».