La Stampa 4.1.19
Di Maio: “Il reddito di cittadinanza va solo agli italiani”
“La norma sul soggiorno da 5 anni verrà cambiata” Smentito Tridico, asse ancora più forte con la Lega
di Nicola Lillo
La
legge sul reddito di cittadinanza «riguarda coloro che sono cittadini
italiani». A parlare non è un leghista, ma il leader dei Cinque Stelle
Luigi Di Maio che sposa a parole la linea del Carroccio, contrario a
concedere l’aiuto agli stranieri. Nella bozza che circola sulla misura
infatti si prevede che il reddito vada ai cittadini italiani e anche
agli stranieri residenti da almeno cinque anni. Ora Di Maio però fa
mezzo passo indietro e ammette che la norma cambierà, smentendo anche il
suo consigliere economico Pasquale Tridico, il quale aveva spiegato a
La Stampa che la platea dei beneficiari avrebbe incluso anche chi non è
italiano seppur residente da cinque anni.
«La lungo soggiornanza
di cinque anni sarà cambiata e il nostro obiettivo è dare il reddito di
cittadinanza agli italiani e ai lungo soggiornanti che abbiano dato un
grande contributo al nostro Paese», spiega ora Di Maio. Impedire a chi
non è italiano di accedere al reddito però va contro la legislazione
europea. Per questo ora la «volontà politica» sarebbe di alzare
l’asticella e dare il beneficio ai residenti da dieci anni, il tempo
peraltro che serve per ottenere la cittadinanza. È ancora da capire però
se questo limite particolarmente stringente sia conforme alle norme
europee e alla Costituzione.
Il pressing della Lega
Fatto
sta che il vicepremier ha dovuto cedere alle pressioni della Lega. E non
è la prima volta. Il Carroccio ha infatti chiesto sia di limitare la
platea ed escludere gli immigrati, sia di impedire che il reddito
diventi puro assistenzialismo. Nel primo caso hanno imposto di alzare
l’asticella, nel secondo di introdurre sgravi a favore delle aziende che
assumono i beneficiari: in pratica chi fa un contratto a tempo
indeterminato può incassare le mensilità rimanenti, fino a un massimo di
sei. Provvedimenti che ora rendono un poco più digeribile questa
riforma all’ala leghista del governo.
Per il resto la misura - che
dovrebbe esser pronta per la prossima settimana - è in gran parte già
scritta, con l’individuazione della platea (1,4 milioni di nuclei
familiari e 5 milioni di individui, di cui solo un quinto cercherà
attivamente lavoro), aiuti da 780 euro al single fino a 1330 euro per i
nuclei più numerosi (498 euro in media a soggetto) e gli accordi
obbligatori da sottoscrivere nei centri per l’impiego con l’obiettivo di
trovare un’occupazione: il tutto finanziato da 7,1 miliardi già
stanziati.
Il 47% degli aiuti al Nord
L’aiuto dovrebbe
andare per il 53% nelle regioni del Sud e per il 47% al Nord. «La
Lombardia sarà la terza regione per volumi di importo relativi al
reddito - spiega Di Maio - quindi dobbiamo sfatare questo luogo comune
per cui al nord va tutto bene». Le prime due invece sono Campania e
Sicilia. A seguire ci sono Lazio, Puglia e Piemonte.
L’aiuto, che
parte dal primo aprile, andrà a cittadini con Isee inferiore a 9360
euro, ma ci sono anche altri limiti che vanno dal patrimonio mobiliare
al reddito: in questo modo la misura si avvicina molto al Reddito di
inclusione del precedente governo ma con assegni più alti. Per quel che
riguarda le offerte di lavoro, si prevede che possano arrivare fino a
100 km di distanza dalla residenza e, dopo un rifiuto, fino a 250 km. Al
secondo «no» è possibile anche ancor più lontano da casa.