La Stampa 3.1.18
Il modello New York Times
Servizi subito online, l’edizione di carta come una playlist degli articoli migliori
di Christian Rocca
L’articolo
del New York Times sul degrado di Roma che tanto ha fatto discutere in
Italia, con annesse e inevitabili polemiche politiche, è uscito sulle
piattaforme digitali del quotidiano newyorchese lunedì 24 dicembre. Sul
giornale di carta è comparso la domenica successiva, il 30 dicembre, sei
giorni dopo. Un interessante editoriale sulla necessità di procedere
all’impeachment nei confronti del presidente Trump, scritto da una
veterana dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni di Richard Nixon,
è stato twittato mercoledì 26 dicembre, ma i lettori del quotidiano
cartaceo per leggerlo hanno dovuto aspettare sabato 29, quando
presumibilmente l’articolo era stato già letto da oltre un milione di
persone.
Questi sono soltanto due esempi, ma se ne potrebbero fare
decine, della totale abolizione del confine tra carta e digitale in
vigore nel più importante quotidiano del mondo che, qualche settimana
fa, ha presentato i dati di diffusione del terzo trimestre del 2018:
quattro milioni di abbonati a prezzo pieno (minimo 15 dollari al mese),
di cui tre milioni all’edizione digitale e un milione al giornale di
carta.
Credibilità del brand
Nei primi nove mesi del 2018,
il New York Times ha fatto ricavi per oltre un miliardo e duecento
milioni di dollari, di cui quasi 800 milioni dagli abbonamenti e il
resto prevalentemente dalla pubblicità: «Stiamo realizzando la nostra
strategia subscription first», ha commentato Mark Thompson, presidente e
amministratore delegato del gruppo. «Nel terzo trimestre del 2018, i
ricavi da abbonamenti sono quasi i due terzi dei ricavi totali».
In
un panorama di crisi profonda dell’industria editoriale globale, i dati
in crescita del Times sono in controtendenza grazie agli investimenti
sulla qualità dell’informazione, alla credibilità riconosciuta del
brand, alla raffinata strategia sugli abbonamenti e, certamente, anche a
causa dell’economia di scala garantita dalla lingua inglese, della
contingenza Trump e, riguardo il milione di abbonamenti cartacei, anche
di un servizio di distribuzione postale porta a porta che funziona.
Ma
è l’aspetto editoriale quello più interessante: il New York Times ha
fatto saltare l’obsoleta tutela della «print edition», superando però
anche l’approccio «digital first» che implicava che l’edizione di carta
fosse soltanto un succedaneo, quando invece è semplicemente un altro
mezzo di informazione, e dimostrando come una media company
contemporanea possa essere capace di sfruttare le piattaforme analogiche
e digitali ciascuna per le sue caratteristiche, senza mischiarle,
sapendo che si rivolgono a lettori, consumi e abitudini diversi.
La
prima cosa notevole del modello New York Times è di non somigliare a
quello fondato sulla prevalenza della carta e su un digitale che da una
parte replica l’esperienza dello sfoglio del giornale, con le app per
tablet, e dall’altra tende a fare due cose: dare gratuitamente le
breaking news per aumentare le visite sul sito a fini pubblicitari e
fornire a pagamento alcuni articoli del quotidiano cartaceo per
aumentare i ricavi digitali.
Parola d'ordine: presto
Al
Times, queste barriere non ci sono più: c’è un’unica digital edition del
giornale, ottimizzata per i vari device e indistinguibile tra app e
sito web, e poi c’è il quotidiano di carta che è un prodotto
complementare diverso rispetto all’edizione digitale. Cercando bene, sul
web si trova anche uno sfogliatore, chiamato Replica, come nell’offerta
italiana, ma è un servizio aggiuntivo, dal sapore vintage, accessibile
solo dal desktop e non dagli smartphone (perché un prodotto progettato
graficamente per essere letto su un grande foglio di carta non può
funzionare altrettanto bene sullo schermo piccolo di un telefono).
Nel
grattacielo progettato da Renzo Piano, sull’Ottava Avenue di Manhattan,
i capi redattori delle singole sezioni del quotidiano, ciascuna delle
quali ha la dignità di un dorso separato nell’edizione cartacea, sono
responsabili dei contenuti e della distribuzione e decidono se e quando
pubblicarli sul sito e sulla carta.
La parola d’ordine in
redazione è «early», gli articoli vanno messi online «presto», in
particolare la mattina presto, perché le statistiche confermano che si
legge prevalentemente al mattino quando ci si alza dal letto e si prende
in mano il telefono (recenti studi dimostrano che le notifiche degli
articoli sugli smartphone sono una fonte crescente di traffico online
per i giornali). Fino a pochi anni fa le notizie si leggevano
prevalentemente sul desktop, in ufficio, durante le ore di lavoro, ora
invece in redazione c’è paura del «pomeriggio», considerato sinonimo di
basso traffico. «Early» per i giornalisti del Times vuol dire anche nei
«primi giorni della settimana» (pare che, per ragioni ignote, il
mercoledì sia il giorno di maggiore lettura online), anche se gli
articoli sono destinati alla corposa edizione cartacea della domenica,
ricca di inserti, magazine e sezioni speciali.
In un rapporto interno sul futuro del giornale, The Report of 2020 Group
,
si legge che il business del giornale è quello degli abbonamenti, non
quello di massimizzare il numero di pagine viste, tanto che alcuni
articoli letti meno assiduamente di altri che diventano virali possono
risultare più importanti perché fanno capire all’abbonato che sul Times
può leggere reportage, approfondimenti e analisi che non si trovano
altrove. Tanto che al giornale usano metriche più sofisticate rispetto a
quelle del numero di pagine viste, come per esempio capire se un
articolo attrae nuovi abbonati o mantiene gli attuali, per valutare
l’efficacia di un articolo.
I contenuti speciali
Al Times
opera anche un Beta Group che, nonostante il nome minaccioso, fa
collaborare marketing, designer, sviluppatori e giornalisti per lanciare
nuove iniziative digitali, app o verticali, tipo Well sul benessere,
Real Estate sul mercato immobiliare, Watching su film e serie tv, Wire
Cutter che stila classifiche dei migliori prodotti in circolazione,
oltre ai tradizionali Crossword per i leggendari cruciverba e Cooking
sul cibo (se si vuole vedere il futuro del Times, dicono al giornale,
bisogna guardare che succede nel food, il settore giornalistico di
maggiore innovazione e sperimentazione digitale).
Il modello del
New York Times è Netflix o Spotify, ovvero investire nel core business,
cioè nell’informazione di qualità, ma aumentando continuamente l’offerta
di servizi online, in modo che l’abbonamento al giornale venga
percepito come indispensabile da chi è già un sottoscrittore e attraente
da chi ancora non lo è.
La prevalenza dell’online ha trasformato
l’edizione di carta in una specie di playlist molto ben curata con il
meglio del lavoro prodotto dai giornalisti, confezionata con dedizione
dalla redazione per offrire un’esperienza di lettura consona al prodotto
fisico, a cominciare dalla rivista settimanale, il New York Times
Magazine, che non ha rivali quanto a qualità e inventiva grafica e
tipografica. L’idea di base, dicono al Times, è che non importa che
l’articolo sia già uscito online parecchi giorni prima, perché rivederlo
su carta anche a giorni di distanza è come se lo stesso articolo fosse
pronto a rivivere una seconda vita, anche più stimolante della
precedente perché implica una lettura più consapevole e in un formato
più grande, con fotografie e apparati più accattivanti.
L’altra
regola, si legge nel rapporto 2020, è quella di limitare al massimo,
soprattutto sulla carta, gli articoli «incremental», ovvero quelli che
aggiungono poco alle storie già pubblicate nei giorni precedenti, perché
questi articoli di servizio «non superano l’asticella del giornalismo
che vale la pena di pagare e perché versioni simili si trovano
gratuitamente altrove».
Il Times di carta, infine, spesso è
arricchito di contenuti speciali come, per citare gli allegati più
recenti, l’inserto per i bambini «Kids section», l’approfondimento sul
riscaldamento globale e «In case You Missed» con i migliori articoli del
2018 e un formidabile elenco di tutte le persone insultate da Trump lo
scorso anno su Twitter.