giovedì 3 gennaio 2019

La Stampa 3.1.18
India, due donne “violano” il tempio proibito
Si scatena la violenza degli estremisti indù
5,5 milioni. Sono state le donne che in 14 province indiane si sono tenute per mano, per difendere i diritti di tutte e protestare contro la discriminazione operata da tanti fedeli che impediscono l’accesso ai templi
di Carlo Pizzati


A mezzanotte del 1° gennaio, Bindu Ammini e Kanaka Durga si sono incamminate verso il tempio proibito di Sabarimala, nel cuore induista del Kerala. Erano a digiuno da un mese, come prescrive il rito del Signore Ayappa, figlio di Shiva. Si sono inerpicate per tre ore e mezza lungo la collina sacra. Attorno a loro, camuffati da pellegrini, una ventina di poliziotti. Questa volta non sono entrate dalla via principale. Quando ci hanno provato, nel precedente tentativo il 24 dicembre, una folla di migliaia di persone ha fatto piovere pietre e caricato gli agenti di sicurezza. Questa volta sono entrate dalla cancello degli inservienti.
«Non ci siamo travestite da uomo. Avevamo abiti comodi e il viso coperto, come richiesto dalla polizia. Siamo entrate. Alcuni devoti ci hanno riconosciute, ma non hanno reagito. Il che dimostra che non sono tutti fanatici. Abbiamo pregato e siamo uscite. Non abbiamo fatto nulla di illegale. E adesso che questo cancello è stato aperto, credo che altre donne ci imiteranno».
Sembrerà una sciocchezza, per chi non conosce la profonda spiritualità indiana e quanto sia intrecciata con la politica e le passioni del popolo, ma il fatto che due donne siano riuscite, in ottemperanza alla decisione della Corte Suprema indiana di tre mesi fa, ad entrare in un tempio il cui accesso da molti secoli è severamente proibito alle donne è un evento di importanza storica per le battaglie dell’eguaglianza di genere in India.
Erano mesi che diverse donne, in gruppo, scortate, da sole, nascoste o a viso aperto, tentavano di far rispettare la decisione della Corte, ma venivano sempre bloccate dai manifestanti. Fino a ieri.
I fedeli del dio Ayappa sono convinti che le donne in età mestruale, tra i 15 e i 50 anni, non possano entrare nel tempio del «dio scapolo» perché ne annullerebbero la sacralità. Difatti, i sacerdoti di Sabarimala, appena scoperta la violazione, hanno iniziato riti purificatori durati ore. Solo a mezzogiorno di ieri, le porte si sono riaperte. Ma nel frattempo, lo Stato del Kerala era già nel caos.
Folle fuori controllo hanno attaccato il palazzo del governatore dello stato nella capitale Thiruvananthapuram (o Trivandrum), caricando anche in altre città dello stato con forte presenza cattolica e di ininterrotta partecipazione comunista nel governo dal 1957. Gas lacrimogeni, granate stordenti e idranti anti-sommossa sono stati usati per disperdere i manifestanti. Sono state attaccate dalle sassaiole anche le abitazioni di Bindu e Kanaka Durga, ora sotto la protezione della polizia in una località segreta. Dichiarato per oggi dalle associazioni estremiste indù lo sciopero generale in tutto lo stato.
Un buon inizio d’anno
Il presidente statale del Bjp, partito religioso al potere in India, ha minacciato battaglia: «È un complotto dei governanti atei del Kerala per distruggere i nostri templi. Lotteremo contro la distruzione della fede per mano dei comunisti». Invece, per la militante dei diritti delle donne, Trupti Desai si tratta di una svolta: «È una vittoria per l’eguaglianza. Un buon inizio dell’anno per le donne».
L’evento storico è stato reso possibile da un avvenimento accaduto il giorno prima: una catena umana di 5 milioni e mezzo di donne che si è snodata lungo 620 chilometri per 14 provincie in protesta contro la discriminazione.
La fronda estremista
Alle 16 del 1° dell’anno scrittrici, atlete, attrici, medici, insegnati, avvocati, pensionate, ingegneri, funzionarie governative, casalinghe, transgender e donne con l’hijab si sono allineate lungo strade e autostrade. «Il muro umano della resistenza» l’hanno chiamato: la catena di sole donne più lunga al mondo e nella storia. Naturalmente i militanti del Bjp e della fronda estremista indù degli Rss hanno preso a sassate donne e poliziotti. Ma la catena ha retto.
Minoranze di genere
La conclusione a questi due giorni così importanti per il femminismo indiano, dopo la nascita del Partito nazionale delle Donne il mese scorso, la descrive bene un editoriale del quotidiano Times of India: «Meglio che i politici e le organizzazioni conservatrici capiscano che la società indiana è cambiata e che le minoranze di genere non possono restare ostaggio delle tradizioni». Bindu e Kanaka, e il più lungo muro umano di donne, stanno cambiando la storia.