La Stampa 3.1.18
India, due donne “violano” il tempio proibito
Si scatena la violenza degli estremisti indù
5,5
milioni. Sono state le donne che in 14 province indiane si sono tenute
per mano, per difendere i diritti di tutte e protestare contro la
discriminazione operata da tanti fedeli che impediscono l’accesso ai
templi
di Carlo Pizzati
A mezzanotte del 1°
gennaio, Bindu Ammini e Kanaka Durga si sono incamminate verso il tempio
proibito di Sabarimala, nel cuore induista del Kerala. Erano a digiuno
da un mese, come prescrive il rito del Signore Ayappa, figlio di Shiva.
Si sono inerpicate per tre ore e mezza lungo la collina sacra. Attorno a
loro, camuffati da pellegrini, una ventina di poliziotti. Questa volta
non sono entrate dalla via principale. Quando ci hanno provato, nel
precedente tentativo il 24 dicembre, una folla di migliaia di persone ha
fatto piovere pietre e caricato gli agenti di sicurezza. Questa volta
sono entrate dalla cancello degli inservienti.
«Non ci siamo
travestite da uomo. Avevamo abiti comodi e il viso coperto, come
richiesto dalla polizia. Siamo entrate. Alcuni devoti ci hanno
riconosciute, ma non hanno reagito. Il che dimostra che non sono tutti
fanatici. Abbiamo pregato e siamo uscite. Non abbiamo fatto nulla di
illegale. E adesso che questo cancello è stato aperto, credo che altre
donne ci imiteranno».
Sembrerà una sciocchezza, per chi non
conosce la profonda spiritualità indiana e quanto sia intrecciata con la
politica e le passioni del popolo, ma il fatto che due donne siano
riuscite, in ottemperanza alla decisione della Corte Suprema indiana di
tre mesi fa, ad entrare in un tempio il cui accesso da molti secoli è
severamente proibito alle donne è un evento di importanza storica per le
battaglie dell’eguaglianza di genere in India.
Erano mesi che
diverse donne, in gruppo, scortate, da sole, nascoste o a viso aperto,
tentavano di far rispettare la decisione della Corte, ma venivano sempre
bloccate dai manifestanti. Fino a ieri.
I fedeli del dio Ayappa
sono convinti che le donne in età mestruale, tra i 15 e i 50 anni, non
possano entrare nel tempio del «dio scapolo» perché ne annullerebbero la
sacralità. Difatti, i sacerdoti di Sabarimala, appena scoperta la
violazione, hanno iniziato riti purificatori durati ore. Solo a
mezzogiorno di ieri, le porte si sono riaperte. Ma nel frattempo, lo
Stato del Kerala era già nel caos.
Folle fuori controllo hanno
attaccato il palazzo del governatore dello stato nella capitale
Thiruvananthapuram (o Trivandrum), caricando anche in altre città dello
stato con forte presenza cattolica e di ininterrotta partecipazione
comunista nel governo dal 1957. Gas lacrimogeni, granate stordenti e
idranti anti-sommossa sono stati usati per disperdere i manifestanti.
Sono state attaccate dalle sassaiole anche le abitazioni di Bindu e
Kanaka Durga, ora sotto la protezione della polizia in una località
segreta. Dichiarato per oggi dalle associazioni estremiste indù lo
sciopero generale in tutto lo stato.
Un buon inizio d’anno
Il
presidente statale del Bjp, partito religioso al potere in India, ha
minacciato battaglia: «È un complotto dei governanti atei del Kerala per
distruggere i nostri templi. Lotteremo contro la distruzione della fede
per mano dei comunisti». Invece, per la militante dei diritti delle
donne, Trupti Desai si tratta di una svolta: «È una vittoria per
l’eguaglianza. Un buon inizio dell’anno per le donne».
L’evento
storico è stato reso possibile da un avvenimento accaduto il giorno
prima: una catena umana di 5 milioni e mezzo di donne che si è snodata
lungo 620 chilometri per 14 provincie in protesta contro la
discriminazione.
La fronda estremista
Alle 16 del 1°
dell’anno scrittrici, atlete, attrici, medici, insegnati, avvocati,
pensionate, ingegneri, funzionarie governative, casalinghe, transgender e
donne con l’hijab si sono allineate lungo strade e autostrade. «Il muro
umano della resistenza» l’hanno chiamato: la catena di sole donne più
lunga al mondo e nella storia. Naturalmente i militanti del Bjp e della
fronda estremista indù degli Rss hanno preso a sassate donne e
poliziotti. Ma la catena ha retto.
Minoranze di genere
La
conclusione a questi due giorni così importanti per il femminismo
indiano, dopo la nascita del Partito nazionale delle Donne il mese
scorso, la descrive bene un editoriale del quotidiano Times of India:
«Meglio che i politici e le organizzazioni conservatrici capiscano che
la società indiana è cambiata e che le minoranze di genere non possono
restare ostaggio delle tradizioni». Bindu e Kanaka, e il più lungo muro
umano di donne, stanno cambiando la storia.