giovedì 31 gennaio 2019

La Stampa 31.1.19
M5S a pezzi sul caso Salvini
L’area Fico: sì al processo
Lombardi: “Con un no tradiremmo noi stessi”. Ma Di Maio frena tutti
di Federico Capurso


Matteo Salvini chiede di essere salvato dal processo. E lo chiede al partito che nel terreno del giustizialismo piantò il suo seme. Così, le prime convulsioni grilline scuotono la maggioranza. Chi minaccia di andarsene, chi di votare contro il leader della Lega qualunque decisione prenda il partito. Il corpaccione parlamentare del Movimento 5 stelle, d’altronde, è privo di una linea politica chiara. E nella confusione, nella paura, nella rabbia che ne derivano, inizia a squagliarsi.
La Giunta per le immunità del Senato si è riunita ieri per la prima volta con l’obiettivo di iniziare a studiare le carte, tra una settimana accoglierà la memoria di Salvini ed entro il 22 febbraio dovrà emettere un verdetto. «Dobbiamo studiare», dicono in coro i sette senatori M5S che siedono in giunta. Tradotto: «Dobbiamo prendere tempo», come indicato dal leader Di Maio la sera prima. Intanto, però, se la strada per il “Sì” alla richiesta di autorizzazione a procedere è già pronta, il Movimento inizia anche a preparare il terreno ad un possibile “No”. «Togliamo dal tavolo la questione dell’immunità», dice la senatrice M5S Agnese Gallicchio, membro della Giunta. «Quello che dobbiamo fare - spiega - è decidere se Salvini ha agito nel superiore interesse nazionale. Nient’altro». E secondo il collega Francesco Urraro «sarebbe la prima volta in cui viene presa questa decisione su un ministro. È una cosa nuova. Stiamo facendo giurisprudenza». Insomma, lo slogan “basta immunità” sul quale sono nati i grillini, «non c’entra niente», sostengono.
Ma è ancora troppo poco, per calmare le anime grilline “ortodosse”, guidate dal presidente della Camera Roberto Fico. Lui non può prendere una posizione, perché il ruolo che ricopre glielo impedisce, ma “vorrebbe, fortissimamente vorrebbe”. Tanto che gli uomini a lui più fedeli assicurano: «Chi si sta schierando per mandare a processo Salvini, è cosciente dell’appoggio ideale di Roberto». E tanto basta. Roberta Lombardi, ex deputata di peso, da sempre considerata vicina a Beppe Grillo (e di conseguenza a Fico), interviene sull’Huffington Post e tuona: «A uscirne perdente sarà il Movimento, se voterà contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, abdicando così ai suoi valori identitari». Il M5S, prosegue, apparirebbe «come quello che ha immolato se stesso sull’altare del governo, mentre Salvini come colui che, duro e puro fino alla fine, si è immolato sull’altare della Patria contro l’invasione scafista. E alla fine a dettare la linea, quando ormai sarà troppo tardi, saranno i nostri elettori». Anche il sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, che non si può certo definire un dimaiano di ferro, è netto: «Va fatta una riflessione tecnica all’interno della Giunta, ma se il caso andrà in aula, noi voteremo assolutamente sì, perché il M5S non ha mai negato il processo a un politico». La più dura, però, è la senatrice Paola Nugnes, da tempo in rotta di collisione con la nuova gestione del partito targata Di Maio, ora «pronta a lasciare il Movimento, se verrà salvato Salvini». E non è l’unica ortodossa in Senato a essere tentata da un addio. In tutto, «potrebbero essere in tre», sostengono dai piani alti del Movimento. Capaci, dunque, di avvicinare pericolosamente questa maggioranza alla soglia dei 161 senatori, oltre la quale c’è il baratro. Per questo Di Maio chiede di prendere tempo, mentre cerca una “exit strategy” che salvi la compattezza del partito e scongiuri l’ipotesi di nuove maggioranze, magari con l’ingresso di Fratelli d’Italia. In caso di strappo con l’ala ortodossa, comunque, il voto in Aula sull’immunità di Salvini non sarà il vero banco di prova della maggioranza: l’appoggio esterno, infatti, arriverà da alcuni membri del gruppo Misto e dal centrodestra. Ma navigare a vista, certo, è una prospettiva poco rassicurante.