La Stampa 31.1.19
L’ultima scintilla
di Mattia Feltri
Pare
che Stefania Prestigiacomo l’abbia combinata grossa: siccome è andata
sulla Sea Watch a vedere come stessero i quarantasette migranti, e per
di più andandoci con Riccardo Magi, radicale ed europeista, quindi
decisamente fuori moda, e peggio mi sento, con Nicola Fratoianni, un
reduce post-comunista affine a Laura Boldrini, avrebbe stabilito la fine
di Forza Italia, non più in sintonia con l’umore dell’elettorato. Lo si
è letto in alcuni commenti di giornale, in alcune esegesi
politologiche, nelle esultanze di parlamentari in piena pacchia per la
spanciata di consensi. Può anche essere che le cose stiano così, o forse
Forza Italia è già morta e - come il nigeriano di trentatré anni, il
cui corpo da tre mesi è all’obitorio di Vercelli, insepolto perché
nessuno gli paga il funerale - aspetta soltanto la tumulazione. O
magari, invece, la breve traversata di Prestigiacomo è la scintilla di
una destra non del tutto inabissata nel buio della rabbia e della paura,
la scintilla di una destra liberale che non affronta il dramma
dell’immigrazione muovendo guerra a quarantasette poveracci, di una
destra liberale che combatte le battaglie che ritiene con chi le
condivide, senza preclusioni ideologiche (perché questo è il sangue di
una democrazia sana), di una destra liberale che considera profondamente
giusto e democratico perdere consensi ma non perdere il rispetto di sé,
e che non ha dimenticato quanto fu detto da un grande del Novecento,
sempre immune al ricatto della moltitudine: «Se la libertà vuol dire
ancora qualcosa, è la libertà di dire alle persone ciò che non vogliono
sentire».