La Stampa 2.1.19
La ricca Sardegna di 35 secoli fa che ispirò il mito di Atlantide
di Daniela Fuganti
La
Sardegna fu, in epoca nuragica, per quasi tutto il secondo millenio,
una della grandi protagoniste dell’Occidente mediterraneo. Ma rimane
ancora poco studiata e quasi misteriosa. In quei tempi lontanissimi, tra
il XVII e il XIII secolo a.C., ai navigatori che provenivano da Oriente
alla ricerca dello stagno - del quale l’isola era un crocevia - la
Sardegna, così lontana, doveva apparire leggendaria. E l’impatto con
questa magnifica terra, costellata da migliaia di torri megalitiche,
protetta dai temibili Shardana dagli elmi cornuti e dagli scudi tondi
(identici ai bronzetti nuragici), ma popolata anche dai più abili
metallurghi del Mediterraneo, doveva essere sconcertante. Era ricca di
minerali, di acque, foreste e di ogni ben di Dio, il clima era dolce…
Equivoco nato con Eratostene
«La
Sardegna non è Atlantide: è l’isola di Atlante»: è la scritta che si
legge entrando nel nuovo museo di Sorgono, paese situato nel cuore della
Sardegna, là dove negli anni 80 l’allora sindaco Francesco Manca
scopriva una delle più importanti concentrazioni italiane di menhir -
quasi duecento - nella campagna di Biru e’ Concas. Il curatore è il
giornalista e scrittore Sergio Frau. A chi gli chiede di illustrare la
frase, spiega come Atlantide sia nata da un equivoco risalente all’epoca
in cui lo scienziato greco Eratostene, dopo le conquiste di Alessandro
che nel III secolo a.C. avevano dilatato il mondo, traslocò dal Canale
di Sicilia a Gibilterra le Colonne d’Ercole, trasferendo così
nell’Oceano Atlantico di oggi i racconti «occidentali» degli autori
antichi, da Omero a Platone, rendendoli inverosimili. Fu allora che
scomparve davvero l’isola di Atlante. E nacque Atlantide, l’isola delle
mille fantasticherie.
Il primo libro di Frau (Le Colonne d’Ercole,
un’inchiesta, ed. Nur Neon.o), che dimostrava attraverso un solido e
minuzioso studio dei testi antichi come il mare conosciuto e solcato dai
primi Greci, dagli Egizi e dai Fenici dovesse avere le sue Colonne
d’Ercole nel mare di Sicilia, ha ricevuto il plauso dell’Accademia dei
Lincei e di illustri archeologi come Andrea Carandini. La seducente tesi
chiarisce in effetti la portata di numerose fonti antiche. Ma ha anche
un corollario di grande importanza, che coinvolge il famoso mito
platonico dell’Atlantide.
Il filosofo racconta che uscendo dalle
Colonne d’Ercole si arrivava alla grandissima isola di Atlante - terra
del tramonto, sorella della roccia di Prometeo, il Caucaso dell’alba
greca - e che da lì si raggiungevano altre isole, e la terra che tutto
quel mare circonda. Il filosofo narra inoltre che quest’isola era stata
felice, ricca di metalli e di tutto, fino al giorno in cui venne
travolta dai cataclismi marini inviati da Zeus per punire i suoi
abitanti. Ossia - nella tesi di Frau - da un megatsunami, compatibile
secondo i geologi soltanto con la caduta di un grosso meteorite (ipotesi
ancora da dimostrare) nel golfo di Cagliari, che avrebbe sommerso il
Campidano nel XII secolo a.C. spingendo i sardi ad abbandonare l’isola.
Cento nuraghi ancora sepolti
Una
parte di quei profughi li ritroveremmo in seguito, secondo il
giornalista, sulle alture umbre e toscane, agli albori della civiltà
etrusca. Lontanissimi dal mare, incontriamo onde, delfini e bronzetti
sardi nelle loro tombe.
Al museo di Sorgono numerose immagini
fotografate da un drone mostrano più di cento nuraghi ancora sepolti a
Nord del golfo di Cagliari: quasi tutti sotterrati quelli situati nel
Campidano sotto l’altopiano della Giara di Gesturi, generalmente intatti
quelli posizionati più a Nord. Con Omphalos, il suo secondo libro
pubblicato dallo stesso editore, Frau ci racconta ancora della
centralità dell’isola di Atlante, trasfigurata nei miti di civiltà anche
lontane. «Di Atlante al centro del mondo», segnala il giornalista,
«parlano Omero, Euripide, Aristotele, Eschilo, Diodoro…». Insieme alle
attestazioni degli antichi, Frau conta su un testimone eccellente che
proverebbe il primitivo ruolo cosmologico del gigante: è l’Atlante
Farnese, copia romana di un bronzo ellenistico: «Sostiene sulle spalle
una sfera celeste, frutto di millenni di conoscenze, con i segni
zodiacali al posto giusto, intorno a una Terra già sferica chissà da
quanto…».