martedì 29 gennaio 2019

La Stampa 29.1.19
“Metodo Torino” per il Cairo
Rinasce il museo di piazza Tahrir L’Egizio sarà il capofila del progetto
Una sala del Museo Egizio di piazza Tahrir, al Cairo, fondato nel 1902: quando sarà ultimato il Grand Egyptian Museum di Giza, rinascerà a nuova vita grazie alla sua capacità di fare ricerca e far girare le idee. In alto uno dei suoi pezzi più pregiati, il sarcofago d’oro di Tutankhamon
di Emanuela Minucci


Ci sono il Louvre, il British Museum, l’Ägyptisches Museum di Berlino. Ma soprattutto il Museo Egizio di Torino, che sarà il capofila di tutto il progetto. L’unione dei più prestigiosi siti museali europei che custodiscono la storia della civiltà egizia produrrà la forza per dare nuova linfa al museo di piazza Tahrir, al Cairo, nel momento in cui all’ombra della piramide di Cheope sta crescendo il Grand Egyptian Museum, che sarà il più grande museo archeologico del mondo.
Sbaglia chi pensa che l’antica sede museale fondata nel 1902 sia alla ricerca di un’identità perduta con l’emigrazione dei suoi pezzi nel nuovo edificio a Giza. Gli egittologi sono tutti d’accordo: in piazza Tahir sono custoditi tanti e importanti reperti da poterci allestire almeno altri dieci musei. La mission del progetto «Transforming the Egyptian Museum of Cairo», identificata dall’Unione Europea che ha stanziato 3,1 milioni di euro, è quella di restituire al museo un nuovo slancio e soprattutto un linguaggio globale e contemporaneo. «Perché la grandezza di un museo oggi», spiega il direttore dell’Egizio di Torino Christian Greco, «non è il risultato della sommatoria dei tesori che contiene, ma sta nella sua capacità di fare ricerca, non restare immobile nell’auto-contemplazione, promuovere mostre, far girare le idee».
L'importanza della ricerca
È questo il «metodo Torino» che ha fatto breccia nell’Unione Europea al punto da trasformare il museo piemontese nel capofila di questo progetto che ha l’obiettivo di trasformare quello di piazza Tahir in Patrimonio dell’Unesco. E come si raggiunge questa nuova identità? Anche attraverso modifiche progettuali concrete come la rivisitazione delle gallerie d’ingresso e delle sale destinate al corredo delle tombe reali di Tanis.
È molto orgoglioso dell’impresa il direttore Christian Greco, che tra l’altro ieri ne ha parlato, insieme con la presidente del Museo Egizio Evelina Christillin, con un altrettanto soddisfatto Giovanni Panebianco, segretario generale del Mibac in visita a Torino: «Si tratta di un progetto di alto valore scientifico e culturale, che offre alle principali collezioni egittologiche europee l’opportunità non soltanto di operare in collaborazione ma, soprattutto, di intervenire sul campo fianco a fianco con i colleghi egiziani, in un processo reciproco di accrescimento che porterà grandi benefici alla nostra attività».
«Avventura emozionante»
Greco spiega che verrà sviluppato un masterplan capace di ripensare nella sua globalità il vecchio museo di piazza Tahrir. Una rivoluzione in grado di reinterpretarne il ruolo. I visitatori che vi entreranno potranno godere - nell’intento del progetto - anche di un nuovo dialogo che si instaurerà fra monumenti e territorio, di una biblioteca e di8 percorsi digitali e archivi nuovi e potenziati.
«Non bisogna dimenticare nulla», continua Greco, «in primis la strategia delle mostre itineranti, ma poi anche il nuovo bookshop, il sistema di retail, l’allargamento dell’audience e l’interscambio tra museo e abitanti del territorio». Se il nuovo, ciclopico «Grand Egyptian Museum» di Giza aprirà i battenti nel 2020 - e si estenderà per 850 mila metri quadri fra aree interne ed esterne diventando un’attrazione culturale senza precedenti, che accoglierà i visitatori con gli undici metri della statua di Ramesse II -, entro l’anno seguente il museo storico, quello di piazza Tahrir, mirerà altissimo valorizzando le proprie radici proiettandosi nel futuro. «Quest’avventura è molto emozionante, già solo per il fatto che è riuscita a far sedere a un solo tavolo i responsabili di tutti i maggiori musei d’Europa che si occupano di antico Egitto, ed è un’esperienza che produrrà tanti benefici per tutti: la comune discussione è già un fine in sé».