La Stampa 29.12.18
il germe dell’antisemitismodivide la marcia delle donne Usa contro Donald Trump
di Christian Rocca
Il
19 gennaio prossimo, due anni dopo la grande marcia delle donne contro
Donald Trump del 21 gennaio 2017, si terrà una seconda Women’s March che
si annuncia ancora più rilevante grazie alla sollevazione popolare di
questi anni contro il presidente repubblicano, sfociata in un numero
record di candidature femminili alle elezioni di metà mandato del
novembre scorso. Ma, questa volta, il fronte delle donne non marcia
unito e in alcuni casi, come a New York, ci saranno due manifestazioni
concorrenti a causa delle accuse di antisemitismo nei confronti delle
organizzatrici della marcia principale. Un’inchiesta di prima pagina del
New York Times, successiva a una dettagliata denuncia del magazine di
cultura ebraica Tablet, ha svelato che le due leader della Women’s
March, una afroamericana e una ispanica, hanno escluso l’ideatrice
originaria della mobilitazione perché in quanto ebrea sarebbe portatrice
di una responsabilità collettiva del popolo ebraico nello sfruttamento
delle persone di colore e, in particolare, nella tratta degli schiavi.
La panzana sul coinvolgimento degli ebrei nello schiavismo è uno dei
pilastri della dottrina politica di Louis Farrakhan, il leader della
Nation of Islam, un gruppo suprematista afroamericano che ha fornito
indirettamente il servizio d’ordine della marcia delle donne del 2017.
Farrakhan è considerato uno dei più grandi pensatori contemporanei da
Tamika Mallory, una delle due leader della Women’s March, nonostante i
suoi scritti siano universalmente riconosciuti come «la Bibbia
dell’antisemitismo».
In questi stessi giorni, ha fatto scalpore
un’altra accusa di antisemitismo, questa volta nei confronti della
scrittrice Alice Walker, premio Pulitzer e autrice del best-seller Il
Colore Viola, la quale ha detto al New York Times che tiene sul comodino
il libro di uno screditato saggista britannico, David Icke, noto perché
sostiene la veridicità dei Protocolli dei Savi di Sion, accusa gli
ebrei di tutti i mali del mondo, svela che dietro l’Olocausto ci
sarebbero proprio gli ebrei e anzi nega che ci sia mai stata la Shoah al
punto che le teorie negazioniste, secondo lui, dovrebbero essere
insegnate a scuola. I lettori del Times hanno tempestato il giornale di
mail e di telefonate, ma Walker ha ribadito che per lei l’autore del
volume antisemita è «coraggioso». Nel frattempo sono riemerse altre
posizioni imbarazzanti della Walker: poesie contro gli ebrei, Israele
paragonato alla Germania nazista, il no alla traduzione in ebraico de Il
Colore viola e applausi vari al pensiero di Farrakhan.
Ovviamente
Walker e le organizzatrici della marcia negano di essere antisemite, ma
è abbastanza evidente che nella sinistra americana sta emergendo una
nuova tendenza, a cominciare dall’elezione al Congresso di due donne,
Ilhan Omar e Rashida Tlaib, note tra le altre cose per chiedere a gran
voce il boicottaggio di Israele. Tutto questo in un contesto che a
ottobre ha assistito a una strage di ebrei in una sinagoga di
Pittsburgh, a una maggiore presenza della destra antisemita nel
dibattito politico, all’ambigua retorica contro il finanziere ebreo
George Soros e, in generale, all’aumento del 60 per cento, secondo
l’Anti Defamation League, di incidenti contro gli ebrei. Ci sono,
insomma, molti elementi per temere che la sinistra radicale americana
possa fagocitare quella liberal fino a farle seguire l’esempio di una
parte della sinistra europea, quella inglese di Jeremyn Corbyn e quella
francese di Jean-Luc Mélenchon, in preda a un preoccupante tic
antisemita, soprattutto tra gli odiatori di Israele. Molto dipenderà
dalla tenuta del leader Bernie Sanders, al momento lontano da queste
posizioni scabrose. Quanto a noi, per una volta, possiamo vantarci della
sinistra italiana, finora immune al virus razzista.