lunedì 28 gennaio 2019

La Stampa 28.1.19
Il pellegrinaggio al cippo di Alto che ricorda il medico eroe Felice Cascione, “U Mégu” che scrisse “Fischia il vento”
di Paola Scola


«Da intorno e sotto aumentarono le insistenze e quello allora intonò: “Fischia il vento, infuria la bufera”». Lo scrive Beppe Fenoglio, ne Il partigiano Johnny. Si riferisce alla prima canzone partigiana, intonata a Curenna di Vendone, nel Natale 1943. In forma ufficiale la si ascoltò la prima volta ad Alto, nel piazzale della chiesa, nell’Epifania ’44. Lì, nei prati del paesino, l’ultimo della provincia di Cuneo, oltre la collina che guarda al mare di Albenga, il 27 gennaio di 75 anni fa i fascisti trucidarono Felice Cascione, capo partigiano medico. «U Mégu» era l’autore del testo di Fischia il vento.
Dove Cascione cadde c’è un cippo. Un basamento di pietra e sopra una colonna sbrecciata. Ieri, tutto il giorno, a Madonna del Lago è continuato il «pellegrinaggio laico» di quanti, come ogni anno, hanno voluto ricordare il sacrificio del «medico eroe», Medaglia d’oro al valor militare e così descritto da Italo Calvino: «Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s’arruolarono sotto la tua bandiera».
«La cerimonia è nata quasi spontaneamente. Non esiste un vero programma - spiega il sindaco, Renato Sicca, fra i primi a recarsi al cippo -, ma le persone salgono da Piemonte e Liguria, dove Cascione era nato. Il viavai è proseguito l’intera giornata. Per la comunità è un momento sentito e importante, ora anche in memoria di Carlo Trucco, il partigiano Girasole, da poco scomparso». Qualcuno ha scritto: «Non ci sarà il sorriso di Girasole ad accompagnare gli altri amici. Ma lui ci sarà lo stesso. E la giornata è dedicata a lui. Ciao Girasole, l’hai incontrato “U Mégu”?». E, sui social, l’associazione intitolata a Cascione: «Sono passati 75 anni dalla tua ultima mattina, Felice. Ma per le persone con la schiena dritta, come te, il tempo non passa e non passerà. Abbiamo bisogno dell’esempio di “U Mégu” e delle scelte quotidiane di chi la pensa come la pensava lui. Ciao, comandante».
Il medico di Imperia entrò nella Resistenza a capo di una brigata, a Diano. Si aggregò un reduce di Russia, dal quale impararono la melodia popolare Katyusha, cui vennero adattati i versi di «Fischia il vento, soffia la bufera/ scarpe rotte eppur ci tocca andar...», composti da Cascione. Il 27 gennaio ’44 Felice fu colpito in uno scontro, ma rifiutò di essere soccorso, per rimanere con i suoi. Mentre un compagno veniva torturato perché rivelasse chi fosse il comandante, «U Mégu» riuscì ad alzarsi e gridare: «Il capo sono io». Cadde, racconta la motivazione della Medaglia d’oro, «crivellato di colpi».
Un bambino di sette anni ucciso a mani nude e a colpi di scopa, la sorellina di otto picchiata e grave in ospedale. Sotto interrogatorio nella notte, da parte del pm e della polizia, il compagno della madre dei due bambini. La tragedia a Cardito, nel Napoletano, vicino ad Acerra, luogo di nascita del 24enne di origine tunisina. A dare l’allarme, ieri pomeriggio, i vicini di casa della coppia che avevano sentito le urla dei bambini. Nell’abitazione anche la figlioletta dell’uomo, 4 anni, illesa.