lunedì 28 gennaio 2019

Corriere 28.1.19
Gino Bartali, non solo ciclismo: un campione del bene
di Stefano Montefiori


PARIGI In tempi di litigi tra Italia e Francia «il più francese dei giornalisti italiani» Alberto Toscano, che da trent’anni vive a lavora a Parigi, ha dedicato un libro a Gino Bartali: il campione che vinse il Tour de France nel 1948, contribuì a placare la tensione in Italia dopo l’attentato a Togliatti, e venne accolto al traguardo in Francia da una clamorosa ovazione quando ancora era vivo il ricordo dell’aggressione di Mussolini nel 1940.
È uscito in questi giorni Una bici contro il fascismo (Baldini+Castoldi), l’edizione italiana del volume che Toscano ha pubblicato un anno fa a Parigi facendo conoscere ai francesi l’aspetto a loro meno noto di Ginaccio: l’avere contribuito a salvare 800 ebrei dalla persecuzione nazista, partecipando alla rete clandestina che tra Toscana e Umbria creava e distribuiva i documenti falsi indispensabili per sfuggire ai campi di concentramento.
Bartali usò la bicicletta per vincere due Tour de France, tre Giri d’Italia e quattro Milano-Sanremo, e per trasportare tra Firenze e Assisi, nascosti nell’intelaiatura, i documenti che avrebbero salvato centinaia di persone. Il Bartali campione fu popolarissimo, mentre il Bartali eroe è rimasto a lungo segreto, per suo volere. Dopo la morte è stato nominato «Giusto tra le Nazioni» dal Memoriale di Yad Vashem, ma in vita Gino non volle — quasi — mai parlare del suo coraggio.
Tra le pagine più belle del libro ci sono quelle in cui Toscano racconta una confidenza ricevuta dalla figlia di Bartali, Bianca Maria. «Avevo forse otto o dieci anni quando mio padre mi disse all’improvviso, senza che gli avessi fatto alcuna particolare domanda, la frase “Una volta io ho salvato tante persone!”. Solo quella frase, inattesa, che è rimasta impressa nella mia memoria e di cui ho capito solo molto più tardi tutto il significato. Poi mio padre aggiunse altre parole, che invece ripeteva spesso: “Il bene si fa ma non si dice!”. Da allora in poi, non mi ha mai più parlato delle persone che aveva salvato durante la Seconda guerra mondiale».
Una bici contro il fascismo è un’inchiesta giornalistica piena di testimonianze inedite, come quella dell’imprenditore Christian Huyghues Despointes, che ha contattato l’autore dopo avere letto la prima edizione in francese. Un altro pregio del libro è il tono personale usato da Toscano. Dalla dedica «a mia madre Ada, nata lo stesso anno di Bartali, che ha percorso con ottimismo un secolo così difficile», al ricordo del padre Aldo, che un mattino del 1938, a Novara, apprese di avere perduto il lavoro in quanto «non ariano» e nel 1943 fu costretto a partire in bicicletta verso la Svizzera.
Arricchito dalla prefazione di Gianni Mura e dalla postfazione di Marek Halter, Una bici contro il fascismo è un viaggio nella personalità profonda dell’uomo celebre per la semplicità del motto «tutto sbagliato, tutto da rifare». Nei giorni di nuove e finora impensabili tensioni al confine franco-italiano, il libro è anche una dichiarazione di amore verso l’Europa costruita sulle macerie lasciate dal fascismo.