lunedì 28 gennaio 2019

La Stampa 28.1.19
Risarcimento alla Russia per l’assedio di Leningrado
La Germania ha donato ieri 12 milioni di euro alla Russia, come «gesto umanitario» in occasione del 75esimo anniversario della fine dell’Assedio di Leningrado
di Letizia Tortello


Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria delle vittime dell’Olocausto, una ricorrenza fissata a livello internazionale, nella data in cui le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, nel 1945. Esattamente un anno prima, il giorno 27 è stata la fine di un altro genocidio, sempre compiuto dal Terzo Reich: dopo 900 giorni, nel 1944 finiva il più lungo assedio della Seconda guerra mondiale. La Wehrmacht tedesca voleva annientare la città russa di Leningrado, oggi San Pietroburgo: l’assalto durò dall’8 settembre del ’41 al 27 gennaio ’44. Causò più di un milione di vittime civili, morte per fame e disperazione, compresi centinaia di migliaia di bambini. Fu una delle più cocenti sconfitte della «Blitzkriege» di Adolf Hitler contro la Russia sovietica, che oppose un’inattesa resistenza alle forze armate tedesche.
Per ristrutturare un ospedale
La città di Leningrado era uno dei tre obiettivi principali dell’Operazione Barbarossa contro i bolscevichi, annunciata nel Mein Kampf. Nel giorno del 75° anniversario dalla fine dell’assedio, ieri, il governo tedesco ha annunciato lo stanziamento di 12 milioni in favore di Mosca, per contribuire al riammodernamento di un ospedale che ancora oggi cura reduci di guerra. I fondi verranno anche utilizzati per la creazione di un centro per le relazioni russo-tedesche, come hanno annunciato i ministeri degli Esteri di Mosca e Berlino in una dichiarazione congiunta.
A San Pietroburgo le celebrazioni del ricordo dell’assedio si sono trasformate in una parata trionfale: la città è tornata simbolicamente al 1944, durante l’assedio, con tanto di annunci radiofonici dei raid aerei. Il presidente russo Vladimir Putin ha assistito alla sfilata con oltre 2500 soldati in uniformi moderne e d’epoca, e carri armati. Susanne Schattenberg, storica e direttrice del Centro di ricerca dell’Est Europa dell’Università di Brema, ha spiegato ai giornali tedeschi in che situazione disperata e disumana si trovava la gente di Leningrado in quei 900 giorni: «C’era chi mangiava l’erba, chi uccideva i cani e gatti, il cannibalismo era una pratica diffusa per sopravvivenza. Nel milione di morti e più, molti si spegnevano per fame e con sofferenze indicibili». Si moriva nei letti, straziati da spasmi e dolori muscolari. «E allora si mangiava la carne di chi non era sopravvissuto», conclude la ricercatrice.