lunedì 28 gennaio 2019

La Stampa 28.1.19
Un libro di Franzinelli
Mussolini anno zero
I Fasci di Combattimento un movimento multiforme che all’inizio sedusse molti futuri oppositori del Duce
di Mirella Serri


In un’illustrazione d’epoca di Vittorio Pisani, un seguace della prima ora di Benito Mussolini affigge un manifesto per pubblicizzare l’adunata milanese del 23 marzo 1919 in cui vennero ufficialmente fondati i Fasci di Combattimento: l’invito era rivolto a ex interventisti, futuristi, Arditi, repubblicani, dannunziani. In un primo tempo il raduno era previsto al Teatro Dal Verme, ma poi si ripiegò sul più modesto Circolo dell’Alleanza Industriale, in piazza San Sepolcro. Qui sotto Mussolini e gli altri più noti partecipanti all’adunata in un disegno del ’19. A destra, un manifesto commemorativo dell’evento fondativo del fascsismo realizzato in stile post-futurista negli Anni Trenta.

«Sarà creato l’anti-partito, sorgeranno cioè i fasci di combattimento… sarà fissato un programma di pochi punti ma precisi e radicali»: l’annuncio del convegno che sanciva l’esordio dei Fasci di Combattimento campeggiava da giorni in bella vista sul Popolo d’Italia di Benito Mussolini. Il futuro Duce si aspettava una gran massa di aderenti al nuovo movimento, un ribollente calderone di rivendicazioni dei reduci della Prima guerra mondiale, degli ex interventisti, dei futuristi, degli Arditi, dei repubblicani e dei dannunziani. Per la mattinata del 23 marzo 1919, data del raduno, era stato prenotato il teatro milanese Dal Verme. Più realisticamente ci si era poi trasferiti al circolo dell’Alleanza Industriale, in piazza San Sepolcro.
Quel meeting fondativo del «fascismo primigenio» fu determinante nella storia d’Italia e costituì anche una svolta esistenziale e politica nella vita del dittatore. Adesso, a ripercorrere in dettaglio e con dovizia di documenti inediti la nascita dei Fasci di Combattimento è lo storico Mimmo Franzinelli nel saggio Fascismo. Anno zero (Mondadori, pp. 300, € 22). In 200 schede propone i profili mai pubblicati di coloro che sottoscrissero il debutto del fascismo. E illustra la multiforme natura del movimento.
Con la riunione al circolo di piazza San Sepolcro, dove si presentarono circa duecento persone, Mussolini diede il via a una nuova strategia: era pronto ad attaccare, non più solo a parole ma versandone il sangue, i socialisti, i «pussisti» (i socialisti riformisti del Psu) e gli esponenti del «Pipì» (il Partito popolare italiano fondato da Luigi Sturzo). A distanza di pochi giorni dall’adunata, il 15 aprile, il gruppo degli squadristi, capeggiato dall’Ardito Ferruccio Vecchi e da Filippo Tommaso Marinetti, distrusse la sede dell’Avanti!, negli scontri morirono due socialisti e vi furono anche vittime tra i passanti. L’impresa fu giustificata come una reazione alle prepotenze dei rossi e il ministro della Guerra, Enrico Caviglia, soddisfatto ricevette a Milano Marinetti e Vecchi, elogiandoli per l’azione contro i «sovversivi». L’assalto costituì un gran successo per Mussolini, perché diede grande visibilità ai Fasci. Notevole eco mediatica ebbe anche l’eccidio di Lodi con sessanta fascisti giunti sui camion che uccisero tre giovani.
Chi furono i seguaci dell’anti-partito che voleva scavalcare a sinistra i socialisti predicando giustizia sociale e Assemblea costituente dei combattenti? Alla riunione di marzo diedero il loro apporto coloro che diventeranno gli esponenti più in vista del regime, dal ferroviere Roberto Farinacci poi segretario del Pnf, all’avvocato torinese Cesare Maria De Vecchi, a Manlio Morgagni, futuro direttore dell’Agenzia Stefani. Ma il movimento creato da Mussolini aveva connotati molto ambivalenti, non era solo nazionalista e guerrafondaio, ma anche massimalista, radicale, antiborghese (seguendo l’input del Futurismo), si muoveva contro la corruzione, l’affarismo, il «pescecanismo» degli industriali e le discriminazioni salariali.
Tratti equivoci
Con questi tratti così equivoci e ambigui annoverò tra i suoi seguaci personalità destinate a diventare i punti di riferimento del mondo di sinistra. Molti dei primi adepti infatti si allontanarono e durante il Ventennio nero scontarono pure anni di esilio o di galera.
Ecco dunque Ernesto Rossi, che sarà il fondatore del Partito radicale, pronto a scrivere al maestro di Predappio, a nome di un gruppo di giovani reduci fiorentini, «Dolenti di non poter partecipare… ti mandiamo la nostra entusiastica adesione… Solo i giovani potranno rispondere all’appello del Popolo d’Italia… contro la voce ormai rauca dei nostri vecchi cristallizzati nella loro inutile saggezza». Fu Gaetano Salvemini, avrebbe rivelato con la consueta sincerità Ernesto Rossi, ad aprirgli gli occhi sulla vera natura della banda mussoliniana.
Sotto la dittatura, Rossi condividerà la cella con Augusto Monti, professore di grande levatura antifascista al liceo classico Massimo D’Azeglio di Torino, che era stato anche lui sedotto dalla sirena dell’anti-partito. Il giurista Silvio Trentin, che nel 1943 organizzerà le formazioni partigiane in Veneto, si era candidato alle elezioni per il Fascio veneziano e il 4 aprile ossequiava Benito: «Nello strazio senza requie in cui viviamo tutti noi, in quest’ora grigia di compromessi e di mercantilismo soffocante e di ciniche profanazioni, guardammo e guardiamo a Lei come l’artefice sicuro della rinascita». Applaudiva «con tutta l’anima, e con ogni entusiasmo, alla Sua miracolosa attività esaltatrice e rinnovatrice».
Una pioniera del femminismo
Il poeta Giuseppe Ungaretti spiegava al capo dei Fasci che la diserzione dall’accolita milanese era giustificata da motivi di lavoro. Pietro Nenni, repubblicano e successivamente segretario del Partito socialista, fu il cofondatore del Fascio bolognese. La scrittrice futurista Eva Kühn Amendola, madre del leader comunista Giorgio e moglie del ministro liberale Giovanni Amendola (assassinato dagli scherani del Duce), fu molto legata ai Fasci e personalmente al poeta Marinetti.
Tra i fanatici del movimento erano Ernesta Bittanti e Luigi Battisti (vedova e figlio di Cesare Battisti); il filosofo Giuseppe Rensi che poi firmerà il Manifesto degli intellettuali antifascisti; lo storico Corrado Barbagallo; il professor Piero Jacchia che combatterà a fianco di Carlo Rosselli in Spagna; il letterato milanese Luigi Rusca e il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris (dirigente dell’Unione Italiana del Lavoro).
La pioniera del femminismo Regina Terruzzi nel 1929 cercherà la raccomandazione dell’amante di Benito, Margherita Sarfatti, per avere il brevetto di sansepolcrista. Il celebre maestro Arturo Toscanini, anche lui noto per la resistenza a oltranza al regime, fu sostenitore dei Fasci e si presentò, senza essere eletto, alle elezioni-flop a fianco di Marinetti e di Mussolini. Dopo il fallimento dell’esperienza elettorale nell’autunno del 1919 il direttore del Popolo d’Italia convogliò l’anti-partito che guardava a sinistra nel partito di destra sostenuto da mazze ferrate e olio di ricino. Il progetto però si era delineato fin dal primo vagito: durante lo storico incontro Marinetti attivò una colletta per acquistare «indispensabili pistole». Siglava così, al primo apparire, la vera vocazione del potere fascista.