La Stampa 26.1.19
L’élite dei mediocri
di Mattia Feltri
Domani
è il Giorno della Memoria, data in cui si rievoca lo sterminio degli
ebrei in Europa negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. La
necessità della memoria deriva soprattutto dal motivo che subito dopo la
guerra si preferì dimenticare. I reduci del lager non volevano parlare,
gli altri non volevano sentire. Molto tempo dopo, Raymond Aron
(gigantesco filosofo francese) avrebbe raccontato di una conversazione
con Jean-Paul Sartre, era la fine del 1945, in cui si chiedevano perché
non fosse uscito un solo articolo di giornale a celebrare il ritorno dei
sopravvissuti nella comunità francese. Ma la Francia - con cui ci
randelliamo spesso forse perché ci rassomigliamo molto - era troppo
impegnata a glorificare la sua eroica resistenza, per renderla un fatto
nazionale anziché, com’era, residuale.
Fu proprio Sartre (novembre
1946, Riflessioni sulla questione ebraica) a riarmare la voce: «Esiste
un orgoglio appassionato dei mediocri e l’antisemitismo è un tentativo
di valorizzare la mediocrità in quanto tale, di creare l’élite dei
mediocri». L’antisemitismo, e la conseguente Shoah, non partivano
soltanto da alibi pseudoscientifici, ma soprattutto da pulsioni sociali,
dalla rabbia degli ultimi che cercavano qualcuno da abbassare sotto di
sé, non sapendo elevarsi. Il razzista, proseguì Sartre, è un uomo che ha
paura della sua vita, della sua libertà, della sua responsabilità, del
mondo che cambia, non vuole meritare niente e pensa che tutto gli sia
dovuto per nascita, «e l’ebreo qui è solo un pretesto: altrove ci si
servirà del negro e del giallo». Questo, nel Giorno della Memoria, è
giusto ricordare.