sabato 26 gennaio 2019

La Stampa 26.1.19
Immigrazione, le toghe avvisano il governo
“L’Italia rischia di arretrare nei diritti umani”
Allarme anche per “la gravità e la frequenza degli episodi disciplinari che hanno coinvolto i magistrati”
di Edoardo Izzo


L’Italia rischia di regredire nell’applicazione dei diritti umani. A preoccuparsene, all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario, è il primo presidente della Cassazione, Giovanni Mammone. In presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e delle più alte cariche dello Stato, l’alto magistrato ha reso omaggio alla Dichiarazione dei diritti dell’Uomo per la quale «tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti». A 70 anni da quell’impegno assunto dall’intera Comunità internazionale, dobbiamo, ha detto Mammone, «evitare ogni regressione». Questo, ha scandito, «è un compito che si è data la comunità internazionale che ha trovato esplicita formulazione nel recente G20 di Buenos Aires».
Mammone ha considerato dunque suo dovere richiamare «soggetti pubblici e privati» al rispetto di questi principi. «Con l’adesione ai trattati comunitari l’Italia - ha chiarito - è entrata a far parte di un ordinamento più ampio, di natura sopranazionale, cedendo parte della sua sovranità anche in riferimento al potere legislativo». Ecco dunque riaffermata nella solenne cerimonia «l’intangibilità dei diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione». E tra questi il primo presidente della Cassazione ha inserito quello della «dignità» di ogni individuo, contenuto nella Costituzione come nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che nella Penisola è ugualmente vigente. «Principi alla cui osservanza - ha ribadito - lo Stato italiano è tenuto». Mammone ha denunciato anche la ricaduta negativa che la politica migratoria restrittiva ha sui tribunali, compreso il Palazzaccio che si è visto sommergere «in maniera inattesa dai ricorsi civili in Cassazione (+21,7%) sulle richieste d’asilo». Per il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, invece «suscita allarme la gravità e la frequenza degli episodi disciplinari che di recente hanno visto coinvolti diversi magistrati: l’aumento è del 22,2%». «Il numero totale delle notizie di interesse disciplinare pervenute nel 2018 è stato di 1.637, cifra che reca un significativo incremento rispetto a quelle pervenute nel 2017: pari a 1.340», ha spiegato il pg Fuzio. E ciò determina «un indebolimento della fiducia dei cittadini nell’indipendenza ed imparzialità della funzione giurisdizionale, ma il sistema disciplinare sa e deve essere severo, al pari di quello penale, perché deve tutelare direttamente un interesse essenziale per lo stato di diritto».
«Dal mio punto di vista, oggi ci troviamo ad inaugurare un anno giudiziario che deve necessariamente e improrogabilmente rappresentare una svolta per la Giustizia italiana, sia per quanto concerne alcuni interventi immediati e urgenti, sia per quanto attiene alla realizzazione delle fondamenta per un armonico piano di miglioramento strutturale di tutto il sistema-giustizia», ha dichiarato da parte sua il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede aggiungendo che è necessario «restituire centralità alle istanze e ai diritti dei cittadini, nei confronti dei quali la giustizia deve recuperare la sua credibilità». «La giustizia, finalmente, rappresenta una priorità di questo Paese: si consideri che il bilancio di previsione per il 2019 nell’area giustizia prevede un aumento rispetto all’anno precedente di oltre 324 milioni», ha rivendicato infine il guardasigilli.