La Stampa 26.1.19
Antisemitismo, nessuno come Svezia e Francia
di Linda Laura Sabbadini
Proprio
mentre la giornata della memoria si avvicina, un allarme forte e
inquietante viene dal 50% dei cittadini europei che segnalano la
presenza dell’antisemitismo nel proprio Paese, come ci dice un’indagine
condotta da Eurobarometro. Al primo posto - sembrerà strano - la Svezia
(81%) dove una comunità ebraica di appena 18000 persone, in parte
discendente dei rari sopravvissuti polacchi alla Shoah, è bersaglio
continuo di violenze di matrice integralista. Segue la Francia (72%), ma
è alta la preoccupazione anche in Germania (66%). Anche da noi il
problema esiste per il 58% degli italiani. Tanti episodi lo confermano:
le magliette con la foto di Anna Frank esposte dagli ultrà razzisti, i
frequenti insulti antisemiti in rete, l’indecente post sui Savi di Sion
del senatore Lannutti, che lo pongono fuori dal consesso democratico e
lo rendono di fatto estraneo al nostro Parlamento.
La crisi, lunga
e difficile, non è affatto terminata, è gioco facile andare a caccia di
capri espiatori, e sugli ebrei grava una stratificazione di pregiudizi e
calunnie antica migliaia di anni, che oggi rigermina usando vecchie e
nuove sembianze, tutte maquillage dell’antisemitismo: gli ebrei che
controllano la finanza mondiale, che si sono inventati la Shoah, cui si
nega il diritto a un proprio Stato, Israele, e che negano il diritto ad
uno Stato per altri.
L’avvelenamento dell’aria per soffocare le
minoranze è sempre stato il preludio di catastrofi immani per tutti.
«L’antisemitismo non si esaurisce mai nella sofferenza degli ebrei e
basta. La storia ha dimostrato che l’antisemitismo nel mondo ha sempre
annunciato sciagure per tutti. Si incomincia col tormentare gli ebrei e
si finisce con il tormentare chiunque», disse la prima ministra
israeliana Golda Meir.
Le parole d’odio scavano la pietra,
lasciarle scorrere senza contrastarle a ogni costo e con ogni mezzo può
portare solo al peggio. Da troppo tempo l’odio dilaga sui social, in
televisione, nella vita quotidiana, e viene tollerato, non adeguatamente
combattuto. Se lo si legittima de facto, chiunque può essere la
prossima vittima. L’odio è una fiera sempre affamata. Oggi si scaglia
sull’ebreo o sull’immigrato, oppure contro l’omosessuale e la donna,
vittima di misoginia. Domani divorerà chiunque altro.
Bisogna
ritrovare la forza del reagire con un nuovo slancio vitale,
nell’affermazione dei valori e dei sentimenti migliori di tolleranza,
empatia e solidarietà. Dobbiamo agire ora, subito, insieme all’Europa,
cambiandola e rendendola più giusta, pienamente casa di tutti, anche dei
più poveri ed emarginati, sempre più Europa dei diritti.
Il
ricordo della Shoah, infamia inaudita della storia, è un monito: questo è
il suo significato. Piangiamo i morti, malediciamo gli aguzzini, ma
soprattutto parliamo ai vivi, gridiamo contro l’indifferenza. La storia
ha insegnato che chi in passato si è voltato dall’altra parte ha
contribuito alla vittoria della barbarie. Gridiamo contro la
rassegnazione. Reagiamo.
Siamo tanti a voler far vivere la nostra
meravigliosa Costituzione nella sua essenza più profonda, racchiusa
nell’articolo 3, quello che ci vuole uguali, arricchiti dalle nostre
diversità e liberi, là dove si dice che la Repubblica rimuove gli
ostacoli «al pieno sviluppo della persona umana», mettendo in primo
piano la «pari dignità sociale dei cittadini». Renderlo vero non è
aspirazione astratta, dipende da ciascuno di noi. Eli Wiesel, premio
Nobel per la Pace, diceva: «Ogni persona è dotata di strani poteri. Ogni
uomo, ogni donna, ogni bambino può modificare il cammino della storia».
Crediamoci. Dichiariamo «tolleranza zero» contro razzisti e antisemiti,
contro gli omofobi e i misogini, non già contro le donne, gli uomini e i
loro bambini disperati, alla ricerca di un futuro negato.