La Stampa 24.1.19
Migranti, Salvini prova a difendersi
“Non c’è nessuna deportazione”
Bufera contro il ministro. Lui: “Mi date del nazista? Fate un torto a chi ne fu vittima”
di Francesco Grignetti
Le
parole sono quelle di sempre. Matteo Salvini al solito non
indietreggia, ma attacca: «Mi date del nazista? Fate un torto a chi ne
fu vittima. Non ci sono deportazioni. In questi giorni si ricorderà
quello che accadde veramente di drammatico in passato; noi stiamo
chiedendo il rispetto delle regole: diritti e doveri».
Eppure per
la prima volta il ministro dell’Interno sembra sulla difensiva. Il blitz
al centro di accoglienza di Castelnuovo di Porto, la redistribuzione in
giro per l’Italia di tanti richiedenti asilo senza una parola di
spiegazione, come anche il disinteresse per centinaia di disperati che
scivoleranno fatalmente nella clandestinità, ha mostrato il volto più
cattivo della sua amministrazione. E perciò Salvini convoca in fretta e
furia i giornalisti per spiegare, precisare, annunciare. In sostanza,
sente la necessità di riempire un vuoto d’informazione. «Mi ero
impegnato a chiudere le megastrutture dell’accoglienza, dove ci sono
sprechi e reati, come a Bagnoli, Castelnuovo di Porto, Mineo. E lo
stiamo facendo».
In effetti era annunciato: oggi si chiude
Castelnuovo di Porto, alle porte di Roma, domani accadrà a Mineo, vicino
Catania. Ciò potrà lasciare senza parole (e senza lavoro) i 120
lavoratori della cooperativa Auxilium che gestiva il sito, ma la logica
dei numeri è impietosa: «A Castelnuovo - dice - c’era il secondo più
grande centro di migranti, era arrivato ad accogliere più di 1.000
persone. Lo Stato pagava 1 milione di affitto all’anno più 5 milioni per
la gestione. Essendosi dimezzati gli immigrati ospiti di quel centro e
liberati altri posti nel Lazio, è giusto chiudere quella struttura,
risparmiare quelle risorse, liberando quella enorme struttura. Tutti gli
ospiti che erano dentro con diritto saranno ospitati in altre
strutture». Sottinteso, quelli che non avevano il diritto, ad esempio
quelli a cui non è stato rinnovato il permesso umanitario, sono fuori. È
l’effetto del suo decreto.
Poi, certo, nonostante la polemica
furibonda da sinistra, con le storie delle famiglie sballottate in giro
per l’Italia, e quelli messi alla porta, Salvini ci mette del suo:
«Abbiamo fatto oggi quello che farebbe qualunque buon padre di
famiglia». E a chi, come Laura Boldrini, denuncia che c’è «la disumanità
al potere», il ministro reagisce da belva ferita: «Leggo tante parole
al vento: deportazioni, nazismo. Si dovrebbero vergognare ad accostare
uno dei più crudeli episodi della storia a una gestione
dell’immigrazione basata sul rispetto».
Con gli occhi del
Viminale, questo gennaio sta prendendo una piega positiva. «È il primo
anno in cui in Italia si registrano più espulsioni che arrivi. A fronte
di 155 arrivi, 221 rimpatri. A cui si possono aggiungere 368
respingimenti alla frontiera». Ossia quelli che non riescono a varcare
la frontiera in uno scalo aereo o marittimo.
La stragrande
maggioranza delle espulsioni restano però lettera morta. «Tornerò in
Africa ai primi di marzo: sul fronte degli accordi di rimpatrio, con
alcuni Paesi siamo in fase avanzata ma non anticipiamo nulla. Qualche
problema in più c’è con Paesi asiatici come Bangladesh e Pakistan».
Si
vanno riducendo anche i numeri dei richiedenti asilo: in un anno si è
passati da 183mila a 133mila ospiti nelle strutture italiane. «Fate il
calcolo, moltiplicando per 30 euro al giorno, di che tipo di risparmio
quotidiano si tratti». Secondo il ministro, buona parte di questi 50.000
sarebbero già all’estero. E anche le domande di asilo «sono state
analizzate con scrupolo e i dinieghi sono passati dal 57% al 78%».
Non
manca infine l’occasione di un ennesimo attacco alle odiate Ong.
«Abbiamo evidenze investigative su contatti telefonici tra esponenti
delle Ong sulle navi e trafficanti a terra. Le passeremo all’autorità
giudiziaria».