giovedì 24 gennaio 2019

La Stampa 24.1.19
La Cgil di Landini: più unitaria più progressista e più anti-governo
di Fabio Martini


Alla Fiera del Levante di Bari si è appena conclusa una lunga notte di trattative e di psicodrammi, l’accordo è stato raggiunto - Maurizio Landini farà il segretario della Cgil e Vincenzo Colla sarà il suo vice - e in un corridoio si incontrano casualmente i due ex operai emiliani che dovevano scontrarsi e che hanno fatto la pace in zona Cesarini. Landini - che è di Reggio e ha un anno in più del piacentino Colla - si rivolge al suo futuro vice, gli dice «grazie per aver cercato un’intesa» e lo abbraccia. In quel momento non c’è nessuno a scattare la foto della famiglia ritrovata e oggi il patto tra il nuovo segretario e il suo vice sarà suggellato da un abbraccio in pubblico, in occasione dell’intervento al congresso di Colla.
Un happy-end che sta dentro le corde di un sindacato, la Cgil, che per oltre un secolo è stata la casa comune della sinistra italiana e che ha sempre vissuto la divisione interna come un male assoluto. Ma ora che la sinistra politica è al minimo storico, frammentata come mai, il segnale più potente che arriva da Bari al Pd e agli altri segmenti è proprio questo: la Cgil resta un modello di unità.
Che Cgil sarà? Lo comincerà a dire questa mattina Maurizio Landini nell’intervento nel quale annuncerà ai delegati di essere l’unico candidato alla segreteria. Un discorso attesissimo, anzitutto perché negli ultimi mesi l’ex leader dei metalmeccanici si è letteralmente inabissato: negli ultimi mesi ha rilasciato due sole interviste, una strategia del silenzio, volta a stemperare il ricordo del Landini movimentista e che si è rivelata vincente.
Per anni capo della opposizione e di sinistra a Susanna Camusso (non l’aveva neppure votata come segretaria), dopo aver caldeggiato una «coalizione sociale» coagulo di tutti i segmenti a sinistra del Pd, da due anni - con l’appossimarsi del congresso Cgil - Landini si è via via «normalizzato», a cominciare dalla firma nel 2016 del contratto dei metalmeccanici, assieme a Fim-Cisl e Uilm-Uil, evento che non accadeva da sei anni. Non ha più indossato la felpa della Fiom, ha diradato le presenze nei talk show. Ma non devono essersi esaurite le caratteristiche che gli avevano fatto scalare le classifiche della popolarità: la grinta, la spontaneità popolare del suo eloquio e un carisma speciale nel raccogliere e canalizzare il dissenso
E in queste ore, al congresso di Bari, tra i suoi sostenitori meno movimentisti, circola una speranza; che anche Landini possa essere attraversato da quella «grazia di Stato» che ha letteralmente trasformato alcuni dei più grandi leader della Cgil. Quei milioni di lavoratori alle spalle hanno spinto il comunista Giuseppe Di Vittorio (pur isolato dal Pci) a condannare l’invasione sovietica dell’Ungheria, un altro comunista come Bruno Trentin a firmare per senso di responsabilità le dure intese del 1992 e il «destro» Sergio Cofferati a promuovere la più grande manifestazione di sinistra del Dopoguerra.
La Cgil di Landini si preannuncia più «progressista» (tra i grandi elettori dell’ultima ora del nuovo leader ci sono i pensionati, la categoria politicamente più tradizionalista): si annuncia più unitaria con Cisl e Uil (lo ha preannunciato Camusso) e più anti-governativa di quella degli ultimi mesi. Lo ha detto Landini stesso in una intervista di pochi giorni fa e anche su questo l’apripista è stato lo sfidante Colla. Ma con una riserva mentale. Subito dopo le elezioni del 4 marzo 2018, la Cgil si era posta in stand-by rispetto al governo anche sulla scorta di una ricerca tra gli iscritti: tra i tesserati il Pd è ancora il primo partito (lo ha votato il 35%), a LeU è andato il 10%, Cinque Stelle (33%) e Lega (10%) sommano una percentuale del 43%..