La Stampa 23.1.19
Primo colpo giudiziario al decreto Salvini
“Non sia retroattivo”
di Giuseppe Salvaggiulo
Arriva
dalla Procura generale della Cassazione il primo colpo giudiziario al
decreto sicurezza, fiore all’occhiello del ministro dell’Interno Matteo
Salvini. Secondo i magistrati le nuove e restrittive regole sulla
concessione dei permessi umanitari ai migranti non sono applicabili alle
domande presentate prima dell’entrata in vigore del decreto e non
ancora decise con sentenze definitive. Questo orientamento emerge da una
requisitoria appena depositata, di cui «La Stampa» è in grado di
rivelare il contenuto. Se consolidato, ridurrebbe la portata del decreto
Salvini ai migranti arrivati non prima della fine del 2018. E quindi ai
359 sbarcati nel dicembre 2018 ma non ai 2327 del dicembre 2017 e agli
8428 del dicembre 2016. Insomma a una minoranza di casi, dato il crollo
di sbarchi registrato l’anno scorso.
Il caso riguarda il migrante
R. M, arrivato dal Bangladesh. Dice che il suo Paese, come certificato
da un rapporto di Amnesty International del 2013, «è altamente insicuro»
e «non sono garantiti i diritti fondamentali dell’individuo», per cui
se rimpatriato «si troverebbe in condizioni di particolare
vulnerabilità». La Corte di Appello di Firenze gli concede il permesso
di soggiorno per motivi umanitari, valorizzando il fatto che R. M. ha
trovato un lavoro durante il processo e pertanto «è inserito nel
contesto sociale». Il ministero dell’Interno fa ricorso contestando la
motivazione.
La Procura generale ricostruisce la materia alla luce
del decreto Salvini, che «ha eliminato la clausola generale contenente i
presupposti per il rilascio della protezione umanitaria» riducendola a
casi tassativi e limitati: sfruttamento sul lavoro, motivi sanitari
particolarmente gravi, eccezionali calamità, atti di speciale valore
civile. Dunque la questione è se al migrante R. M. - e a tutti quelli
nelle sue condizioni, arrivati in Italia prima del decreto Salvini - si
applichino le vecchie o le nuove regole. Secondo la Procura generale, il
diritto alla protezione umanitaria ha una base costituzionale
nell’articolo 10 terzo comma, che lo colloca tra i «diritti umani
inviolabili»: preesiste alla legge, che può solo riconoscerlo in capo a
una persona, ma non crearlo o distruggerlo.
Questa ricostruzione
porta la Procura generale a concludere per la «non applicabilità della
nuova disciplina alle vicende umane sorte nel vigore della legge
antecedente» e ancora pendenti. In quei casi, il migrante «può e deve
contare sul corredo normativo esistente al momento della presentazione
della domanda». Nel senso della irretroattività del decreto Salvini
militano anche diverse sentenze della Corte dei diritti dell’uomo di
Strasburgo e della Corte costituzionale. Tanto più, scrive la Procura
generale, di fronte a «dolorose vicende umane». Diversamente
argomentando, si discriminerebbero i migranti in base alla lungaggine e
all’imprevedibilità della giustizia italiana, un fattore «puramente
casuale e legato a fattori imponderabili». Il che contrasterebbe con la
Costituzione.
Il documento della Procura generale si muove nella
direzione di confermare una posizione decisamente garantista sul diritto
d’asilo, maturata dalla Suprema Corte negli ultimi anni. Ma la
questione è controversa, anche tra i magistrati. Finora i tribunali si
sono divisi: una maggioranza per l’irretroattività del decreto Salvini;
alcuni (Firenze, Campobasso) per la generalizzata applicabilità, che
comporta anche il diniego del beneficio del gratuito patrocinio legale.
Oltre
alle intrinseche ragioni giuridiche, vanno considerate le inevitabili
conseguenze politiche della decisione. L’arrivo di Salvini al Viminale
ha già comportato una svolta nell’orientamento delle commissioni
amministrative che a livello provinciale decidono sulle domande dei
migranti, grazie a una direttiva del 4 luglio 2018 che ha anticipato il
decreto sicurezza. L’effetto è stato un crollo dei permessi concessi:
dal 42% al 18%. In particolare quelli per ragioni umanitarie, su cui si
deve pronunciare ora la Cassazione, sono calati dal 25% al 3%. Se la
prima sezione della Suprema Corte condividerà la tesi della Procura
generale, oltre a R. M. restituirà la possibilità di ottenere un
permesso umanitario ad almeno 150 mila migranti secondo una stima
dell’Asgi, l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.