Il Fatto 23.1.19
Grandeur sulla pelle degli altri: il vetero-colonialismo di Parigi
I danni di Parigi - Africa - I modelli occidentali hanno scardinato le società tradizionali: l’emigrazione parte da qui
di Massimo Fini
Possibile
che in Italia si abbia così poco spirito nazionale dall’interpretare
ogni azione del nostro governo come propaganda senza badare ai fatti?
Nell’attuale scontro fra Italia e Francia il governo italiano ha
perfettamente ragione. Quando Luigi Di Maio afferma “alcuni Paesi
europei con in testa la Francia non hanno mai smesso di colonizzare
decine di Stati africani, se la Francia non avesse le colonie africane,
che sta impoverendo, sarebbe la 15ª forza economica internazionale e
invece è tra le prime per quello che sta combinando in Africa, l’Ue
dovrebbe sanzionare queste nazioni come la Francia che stanno
impoverendo questi posti, è necessario affrontare il problema anche
all’Onu”, dice una pura verità.
La Francia è l’ultimo Paese
europeo ad aver conservato una mentalità vetero-coloniale. Se prendiamo
Le Monde, che pur è un giornale di sinistra, troviamo pagine e pagine
dedicate ai Paesi africani e tutte orientate, come faceva il vecchio
colonialismo, a vedere la Francia come benefattore e non come oppressore
quale effettivamente è. Del resto, per restare alle cose più recenti, è
stata la Francia, prima ancora degli Usa, ed è tutto dire, ad aggredire
la Libia di Muammar Gheddafi per la sola ragione che voleva rafforzare
la sua posizione economica in Libia ai danni dell’Italia che purtroppo
si accodò a quella sciagurata operazione di cui il nostro presidente del
Consiglio di allora, Silvio Berlusconi, non era affatto convinto ma
ebbe la debolezza di subirla.
La Francia ha in Africa forze
militari un po’ ovunque, senza che, in quasi tutti i casi, la presenza
di queste truppe sia stata autorizzata dall’Onu e nemmeno dalla Nato.
Prendiamo un esempio fra i tanti, che abbiamo già fatto ma che è bene
riprendere (Mali: la balla del terrorismo, 20.1.2013; Mali, l’Occidente
ha reso globale una guerra locale, 22.11.2015; La spocchia di Parigi è
un problema europeo, 17.6.2018, pubblicati tutti sul Fatto). Nel Mali
del sud, con capitale Bamako, la Francia aveva pieno controllo
attraverso il solito presidente fantoccio Ibrahim Boubacar Keita. Ma non
gli bastava. Così pochi anni fa aggredì il Mali del nord abitato da
pacifici e laici Tuareg (fra i Tuareg quando una coppia si separa è il
marito a dover abbandonare la tenda coniugale e tornare in quella dei
genitori) che praticavano, come han sempre fatto, il nomadismo senza
peraltro debordare in quello del Sud. Il risultato di questa brillante
operazione è che i Tuareg, in ovvia inferiorità militare, per difendersi
si sono alleati alle componenti islamiche radicali dell’area e così è
nata una guerra e, con essa, un’emigrazione maliana che non c’era mai
stata.
Ma il Mali è solo un esempio dell’oppressiva presenza
francese in Africa Nera. Naturalmente – e qui ha ancora ragione Di Maio
quando parla di “alcuni Paesi europei” – la questione riguarda anche
altri Stati del Vecchio continente che sono presenti nell’Africa
subsahariana pur senza manifestare la mentalità vetero-coloniale dei
francesi (Di Maio ha solo torto quando attribuisce grande importanza al
franco Cfa, che ha corso legale in 14 Paesi: questione marginale che
sottolinea solo la mentalità vetero-coloniale dei francesi).
La
questione dello straordinario impoverimento dei Paesi dell’Africa Nera
ha radici ben più profonde e sono quelle indicate da Thomas Sankara,
allora presidente del Burkina Faso, in un discorso del 1987
all’assemblea dei Paesi non allineati’, Oua: “Il debito è la nuova forma
di colonialismo. I vecchi colonizzatori si sono trasformati in tecnici
dell’aiuto umanitario, ma sarebbe meglio chiamarli tecnici
dell’assassinio. Sono stati loro a proporci i canali di finanziamento, i
finanziatori, dicendoci che erano le cose giuste da fare per far
decollare lo sviluppo del nostro Paese, la crescita del nostro popolo e
il suo benessere… Hanno fatto in modo che l’Africa, il suo sviluppo e la
sua crescita obbediscano a delle norme, a degli interessi che le sono
totalmente estranei”.
In estrema sintesi: il violento ingresso del
modello occidentale ha scardinato le economie (economie di sussistenza:
autoproduzione e autoconsumo) su cui quelle popolazioni avevano vissuto
e a volte anche prosperato per secoli e millenni causando la miseria
che oggi porta a quelle migrazioni da cui siamo tanto spaventati quanto
responsabili, Italia compresa. E anche di questa situazione avevo dato
conto, con largo anticipo, in un libro di notevole successo, Il Vizio
oscuro dell’Occidente, che è del 2002, in cui si dimostra, dati alla
mano, che l’Africa Nera era stata alimentarmente autosufficiente fino al
1960, quando non era ancora un mercato ritenuto interessante dagli
occidentali (adesso ci si è messa di mezzo, in modo un po’ più
intelligente e soft, anche la Cina). Poiché gli abitanti dell’Africa
Nera sono 720 milioni (escludendo il Sudafrica che fa parte a sé) è
chiaro che il loro passaggio da poveri a miserabili, ridotti alla fame,
resi estranei alla propria cultura, porterà a migrazioni di cui quelle a
cui assistiamo oggi sono solo un pallido fantasma. Possiamo fermarli
sulle coste libiche, ma li costringiamo a vivere in un inferno da noi
stessi causato con l’aggressione a Gheddafi che teneva sotto controllo
la situazione. Possiamo cercare di fermarli – è l’ipotesi prima di
Minniti e ora di Salvini – ai confini del Niger o di altri Paesi, ma
così li recludiamo in un altro inferno che è quello della loro miseria
(cosa sociologicamente diversa dalla povertà) e della loro fame.
Ricordiamoci
che l’80% delle migrazioni provengono dall’Africa subsahariana e solo
il 20% da guerre che prima o poi potrebbero anche finire. E quindi se un
giorno saremo sommersi dalle popolazioni nere, come pare inevitabile,
si potrà solo dire “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Ma per
tornare all’attuale conflitto diplomatico, cerchiamo di ritrovare un
poco di quello spirito nazionale che c’è rimasto e rimandiamo al
mittente, ancora attaccato a una grandeur ridicola quanto storicamente
inesistente, le sue arroganti affermazioni e le sue mosse
(“irresponsabili”, convocazione dell’ambasciatrice italiana a Parigi).
Di Maio ha detto una verità, anche se solo parziale.