La Stampa 22.1.19
“Ultimo tango”, la pietra dello scandalo diventa una pedina
nella battaglia degli ascolti tv
di Raffaella Silipo
Chissà
cosa avrebbe detto Bernardo Bertolucci nel sapere che il suo Tango
tragico e maledetto, per anni discusso, censurato, bruciato,
riabilitato, sarebbe un giorno diventato una pedina nella stanca
battaglia di retroguardia sugli ascolti tra Rai e Mediaset, programmato
ieri in prima serata dal direttore di Raidue Carlo Freccero contro
Adrian, la serie animata di Celentano, previsione di share «tra il 4 e
il 5%».
La storia ha uno strano modo di prendersi le sue
rivincite. Ultimo Tango a Parigi costò a Bertolucci la condanna per
offesa al comune senso del pudore e la privazione dei diritti civili per
cinque anni, oggi viene trasmesso in prima serata, in versione
restaurata, integrale e senza censure (tagliato era già passato in tv
spesso, dopo la riabilitazione Anni 80), davanti a una platea distratta,
assuefatta alla cruda realtà di Youporn, alla violenza visiva che
accomuna videogiochi e tg e a quella verbale, piena di rabbia e
sopraffazione, che si sfoga quotidianamente sui social e davanti ai
parcheggi. Quale senso assume, in una società senza più inibizioni, la
danza furiosa e straziante tra la sensualità sciupata di Marlon Brando e
la vitalità ribelle di Maria Schneider, in quell’appartamento deserto
nel cuore dell’Occidente?
Ultimo Tango a Parigi, nelle intenzioni
del suo autore, era un corto circuito di passione e distruzione, «una
storia tutta individuale ma rivoluzionaria in un’epoca di film molto
politici», una variazione sul tema eterno di amore e morte, filtrata
dalla luce enigmatica di Vittorio Storaro e dal sax del jazzista
argentino Gato Barbieri. Uscì in sala nel drammatico inverno del 1972,
che diede il via agli Anni di Piombo: l’anno del massacro degli atleti
israeliani alle Olimpiadi di Monaco, dell’omicidio Calabresi,
dell’inizio del Watergate. Fu bruciato nel 1976, quando il sangue delle
vittime del terrorismo scorreva per le strade italiane. Anni di angoscia
e confusione, condensati nella condanna di un’opera inquietante, che
non offriva risposte ma solo altre domande.
Oggi Ultimo Tango
contro Adrian non punta nemmeno a vincere la battaglia degli ascolti,
dice il suo promoter Freccero, anche se è stato tra i campioni di
incassi italiani, con 15 milioni di biglietti venduti. D’altronde la
vittoria non è mai stata nelle carte - né nelle intenzioni - del dolente
imperatore Bertolucci da poco scomparso, né del selvaggio Marlon Brando
né tantomeno della sfortunata Maria Schneider, morta ancora giovane e
piena di rabbia per quelle scene che fu costretta a girare. Eppure per
un sedicenne del 2019, cresciuto a pane e Facebook, Ultimo tango a
Parigi è solo un film «lento, noiosissimo. Lui comunque alla fine
muore».