martedì 22 gennaio 2019

La Stampa 22.1.19
Eichmann, sotto il Male niente
di Carlo Freccero


È stato detto del caso Eichmann che esso mostra sia la desolata e disarmante natura del male, sia l’efficacia senza tempo del mezzo televisivo. Seguito dalla stampa di tutto il mondo e trasmesso anche alla radio, il processo al criminale nazista Adolf Eichmann ebbe infatti un’immensa risonanza grazie soprattutto alla ripresa televisiva.
Fu così che mentre i reportage di Hannah Arendt (l’allieva di Heidegger, presente al processo come inviata del New Yorker) provocavano un acceso scontro di opinioni, la tv, senza in apparenza assumere alcuna posizione ideologica, semplicemente riportava il volto incolore di colui che era stato a capo della spietata repressione nazista, e ora appariva come uno di quei personaggi anonimi descritti nei racconti di Saul Bellow e di Bernard Malamud - che fanno dell’inerzia il proprio nascondiglio.
Eichmann, primo responsabile della Soluzione finale voluta da Hitler per sterminare innanzitutto il popolo ebraico e altre comunità etniche indesiderate (rom, sinti, malati di mente, comunisti, omosessuali, Testimoni di Geova e numerose popolazioni slave), attuò il criminale piano per mezzo di un formidabile e spietato meccanismo organizzativo, il cui anello conclusivo furono i campi di concentramento e di sterminio.
Eichmann entrò in clandestinità al momento della disfatta tedesca. Di fatto il suo nome comparve al processo di Norimberga, nel 1946. Ma nel 1950 si imbarcò sotto falso nome per l’Argentina, dove risiedette fino al 1960, quando fu rapito e portato in Israele da agenti del Mossad. Il processo si aprì l’11 aprile 1961 e il 15 dicembre fu pronunciata la sentenza. Eichmann fu giustiziato il 31 maggio 1962.
Il film si concentra sulla preparazione delle riprese e sul rapporto professionale e personale tra il produttore Milton Fruchtman e il regista Leo Hurwitz, che è il personaggio più tormentato della vicenda. Esule in Gran Bretagna per via dell’inserimento nelle liste nere volute dal senatore Joseph McCarthy, egli appare ossessionato dalla personalità di Eichmann, dalla cui espressione non emerge alcun segno di pentimento o di possibile apertura. Hurwitz si affida alla telecamera per sondare l’identità dell’imputato, ma in fondo a questa ricerca non trova nulla con cui confrontarsi.