martedì 22 gennaio 2019

La Stampa 22.11.19
La sfida di Kamala Harris
l’erede di Obama in corsa per le presidenziali Usa
di Francesco Semprini


Fioccano le candidature al femminile tra le fila democratiche per le presidenziali 2020.
Questa volta a darne annuncio è stata Kamala Harris, battagliera senatrice della California, nel corso di un intervento alla trasmissione Abc «Good Morning America». Annuncio che è arrivato nella giornata dedicata a Martin Luther King, una scelta non casuale per Harris, di madre indiana e padre giamaicano, paladina dei diritti per le minoranze.
«Corro per la presidenza degli Stati Uniti e ne sono molto emozionata», ha detto la 54enne senatrice che ha stabilito i suoi quartier generali a Baltimora e Oakland, sua città natale. È stata già procuratore generale della California e procuratore distrettuale di San Francisco, e, come l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, scende in campo per le presidenziali soltanto due anni dopo la sua elezione al Senato.
Per le sue caratteristiche viene del resto definita la «Obama donna», anche se l’ex presidente fu costretto a scuse nei suoi confronti perché durante una serata di raccolta fondi per le Midterm del 2014, nel tessere le lodi della collega andò un po’ oltre definendola «la più bella procuratrice generale del Paese». Parole fuori luogo, specie perché altre volte l’atmosfera che si respirava nella Casa Bianca di Obama - ricorda il «Washington Post» - era stata definita da «un club per uomini».
Il nome di Harris si affianca a quello di altri aspiranti democratici alla nomination per le presidenziali. Rispetto a loro è però considerata un «ponte» fra la generazione dei 70enni come l’ex vicepresidente Joe Biden (potenziale candidato), il senatore Bernie Sanders e la candidata liberal Elizabeth Warren, e la nuova generazione dei vari Beto O’Rourke e Cory Booker.
La senatrice è però prima di tutto anti-trumpiana di ferro. «Guardiamo al momento che stiamo vivendo: la gente merita una persona che metta i loro interessi davanti ai propri», tuona in quello che è il suo primo affondo contro Donald Trump da candidata a Usa 2020. E si dice «assolutamente certa» che gli Stati Uniti sono pronti per un presidente donna e di origini asiatiche e afroamericane: «Le persone in un leader guardano più al senso di comunanza, alle caratteristiche comuni che non al genere o alla razza».
A ventilare l’ipotesi di una discesa in campo - ma come indipendente - è anche l’ex ceo di Starbucks Howard Schultz. Schultz, 65 anni, è un anti-trumpiano tanto da aver accusato il presidente di dividere il Paese con i suoi toni «al vetriolo» parlando anche di «mancanza di rispetto e di dignità» all’interno della Casa Bianca. Durissime anche le polemiche per le politiche sull’immigrazione e quelle commerciali portate avanti dall’attuale amministrazione. Al contempo è un profondo critico dei democratici, e avrebbe già messo in piedi un suo team per le pubbliche relazioni guidato da Steve Schmidt, l’uomo che gestì la campagna del senatore repubblicano John McCain, persa nel 2008 nello scontro finale con Obama.