La Stampa 22.1.19
Caso Cucchi nelle telefonate le pressioni sul carabiniere
di Francesco Grignetti
Una
nuova intercettazione imbarazza l’Arma. Era il 6 novembre scorso,
quando il colonnello Vincenzo Pascale, comandante dei carabinieri a
Napoli, va in visita in una stazione del Vomero. Qui è in servizio un
sottufficiale che nel 2009 era a Roma-Casilina, la stazione dove il
povero Cucchi passò la notte e dove presumibilmente fu pestato, il
maresciallo Ciro Grimaldi. Ebbene, di lì a qualche giorno il maresciallo
Grimaldi sarebbe stato ascoltato come testimone dai pm di Roma. E il
colonnello Pascale si raccomanda: «Dite al maresciallo che ha fatto
servizio alla stazione, lì dove è successo il fatto di Cucchi, di stare
calmo e tranquillo. Mi stanno “abboffando” le palle, loro e Cucchi...
Dovete avere spirito di corpo, dovete aiutare i colleghi in difficoltà».
In
verità, il maresciallo Grimaldi non è presente. Ma del discorso gli
riferisce immediatamente un suo amico, il vicebrigadiere Mario Iorio,
perchè è ovvio l’interesse di Grimaldi. E la polizia, che indaga sui
depistaggi, da Roma intercetta. Potrebbe essere stato un generico
appello allo solidarietà di corpo, il discorso del colonnello Pascale.
Ma inquieta il riferimento esplicito al «fatto di Cucchi». A questo
punto la procura di Roma sospetta che i depistaggi attorno al caso
Cucchi non siano terminati, anzi. E così questa nuova intercettazione è
finita agli atti del processo Cucchi-bis in corso.
L’inchiesta non
si ferma, insomma. Un altro carabiniere, Davide Antonio Speranza, ha
ammesso di aver scritto una annotazione di servizio «sotto dettatura del
maresciallo Mandolini (imputato)... perché la prima versione, quando la
lesse, disse che non andava bene e che avrei dovuto cestinarla». Ne
venne redatta una seconda annotazione alla presenza anche di Vincenzo
Nicolardi (altro imputato), più edulcorata. «Ripensandoci, a posteriori,
all’epoca peccai di ingenuità», sostiene il carabiniere Speranza.
E
ancora: in una prima fase, quando i carabinieri indagavano su sé
stessi, un importante documento, ossia il registro degli arrestati da
fotosegnalare, non fu portato in originale ai magistrati, ma in
fotocopia. Peccato che così non si notasse più che da una pagina era
stato «sbianchettato» il nome di Cucchi. Intanto uno dei principali
testimoni d’accusa, l'appuntato Riccardo Casamassima, ha denunciato il
comandante generale, Giovanni Nistri, che nello studio del ministro
Trenta, alla presenza di Ilaria Cucchi, lo avrebbe definito «persona non
per bene».