venerdì 11 gennaio 2019

La Stampa 11.1.19
“Matera non è solo opere incompiute
È un miracolo tra Neolitico e futuro”
di Emanuela Minucci


L’architetto Stefano Boeri osserva il plastico della Stazione Centrale di Matera che sta per essere inaugurata nel cuore della Capitale europea della Cultura. E per descriverla gli viene spontaneo cominciare dall’origine di tutto, che da piazza della Visitazione dista solo mezzo chilometro, i Sassi: «Vede, questa è una costruzione ipogea, i treni delle Ferrovie Appulo Lucane, scorrono sei metri sotto terra, e mi è venuto spontaneo aprire un dialogo strutturale fra la banchina alta 12 metri e quei binari sotterranei». Pausa: «É un po’ una citazione della magia che si respira perdendosi nel modernissimo neolitico dei Sassi, fra luci e ombre, salite e gradini impervi a collegare quel microcosmo di grotte: un paesaggio che cambia mille volte al giorno, insieme con la luce». Una citazione che ha emozionato non poco l’architetto: «É stato come riprendere un filo sospeso nel tempo, in bilico fra la civiltà primordiale e quella del futuro».
Boeri, l’uomo che nel 2009 progettò il «Bosco Verticale» di Milano, tanto pop da diventare - due giorni fa - una parola del gioco «Taboo», non è la prima archistar a occuparsi di Matera. Per riuscire a trasformare la città dei Sassi da «vergogna nazionale» a Patrimonio dell’Umanità negli anni 50 vennero chiamati urbanisti come Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Luigi Piccinato. E ora la Matera ricostruita nel Dopoguerra acquisisce, grazie ai fondi arrivati per la Capitale della Cultura, di un’opera che non sarà solo una stazione: ma una cerniera fra passato e futuro, una piazza pubblica piena di verde, panchine e giochi per bambini. «L’opposto di un non luogo: un posto che non si esaurisce nel partire o arrivare, ma che si trasformerà in meta, in punto d’incontro».
Architetto, si tratta di una stazione che piace già molto ai suoi abitanti, anche se per ora dal cantiere spunta solo «l’ossatura», e che darà una marcia internazionale al centro di Matera, ma è sicuro che i lavori termineranno nei tempi previsti?
«I treni passeranno dal 19 gennaio, giorno dell’inaugurazione con il presidente Mattarella. Tutto il resto per maggio. E le assicuro è già stato un mezzo miracolo finire tutta l’opera entro la primavera prossima».
Perché?
«La realizzazione del nostro progetto è stato messo a gara dalle Ferrovie Appulo Lucane nel maggio scorso e i lavori sono partiti a luglio, lei immagina bene che per il lavoro che avevamo davanti, otto mesi per far passare i convogli e un anno per concludere tutto è ben poca roba».
La ministra per il Sud Barbara Lezzi, però, nel suo ultimo sopralluogo avvenuto lunedì scorso ha definito vergognoso il fatto che la piazza, nella sua completezza non sia già fruibile dai cittadini».
«Concordo. Ma quella è una partita che gioca il Comune, nostro compito è consegnare la stazione, non le opere collaterali. Se posso dire anzi, noi siamo stati fortunati a lavorare con un’impresa come la Costruzioni Barozzi di Altamura: si stanno dimostrando bravi e velocissimi».
A proposito, per un professionista internazionale come lei, che ha rifatto il piano regolatore di Tirana, il Museo del Mediterraneo di Marsiglia (anche lì per una capitale della Cultura, era il 2013) e sempre due anni fa ha fondato con Yibo Xu la «Stefano Boeri Architetti China, con sede a Shangai, com’è stato lavorare nel Sud Italia?
«Mai lavorato tanto bene. Fondamentale, va detto è stata la capacità del coordinatore designato dal governo Salvo Nastasi, grande professionista, e poi, al contrario di quanto è accaduto per altre opere che sono ancora in ritardo il nostro cantiere è filato molto liscio».

L’architetto Stefano Boeri osserva il plastico della Stazione Centrale di Matera che sta per essere inaugurata nel cuore della Capitale europea della Cultura. E per descriverla gli viene spontaneo cominciare dall’origine di tutto, che da piazza della Visitazione dista solo mezzo chilometro, i Sassi: «Vede, la mia stazione è una costruzione ipogea, i treni delle Ferrovie Appulo Lucane, scorrono sei metri sotto terra. E ci è venuto spontaneo aprire un dialogo strutturale fra la banchina alta 12 metri e quei binari sotterranei».
È un po’ una citazione?
«Sì, della magia che si respira perdendosi nel modernissimo neolitico dei Sassi. Fra luci e ombre, salite e gradini impervi a comporre quel microcosmo di grotte: un paesaggio che cambia mille volte al giorno, insieme con la luce».
Ma com’è stato costruire a Matera?
«Emozionante. Quasi come riprendere un filo sospeso nel tempo, in bilico fra la civiltà primordiale e quella del futuro».
Lei è l’uomo che nel 2009 progettò quel «Bosco Verticale» tanto pop da diventare - giusto due giorni fa - una parola del gioco «Taboo» e anche la prima archistar a occuparsi di Matera...
«Questo non è così vero. Per riuscire a trasformare la Città dei Sassi da “vergogna nazionale» a Patrimonio dell’Umanità, negli Anni 50 vennero chiamati urbanisti come Ludovico Quaroni, Carlo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Luigi Piccinato. Per non parlare della “politica di piano” messa in campo da Adriano Olivetti».
Lei raccoglie la loro eredità?
«Questa è l’intenzione. Creando una cerniera fra passato e contemporaneo, creando l’opposto di un “non luogo”: un posto che non si esaurisce nel partire o arrivare, ma che diventa meta, punto d’incontro».
Ma è sicuro che i lavori finiranno nei tempi previsti?
«I treni passeranno dal 19 gennaio, giorno dell’inaugurazione con il presidente Mattarella. Tutto il resto sarà pronto per maggio. E le assicuro è già stato un miracolo».
Perché?
«La realizzazione del progetto è stata messo a gara nel maggio scorso e i lavori sono partiti a luglio. Per il lavoro che ci ritrovavamo davanti, otto mesi per far passare i convogli e un anno per concludere tutto è tanta roba».
La ministra per il Sud Barbara Lezzi, però, nel suo ultimo sopralluogo, ha definito vergognoso il fatto che la piazza «non sarà subito fruibile».
«Quella non è una nostra partita, nostro compito era di consegnare la stazione, non le opere collaterali. Se posso dire anzi, siamo stati fortunati a lavorare con dirigenti, rappresentanti del governo e maestranze bravi e velocissimi».
Lei ha rifatto il piano regolatore di Tirana, il Museo del Mediterraneo di Marsiglia, altra Capitale della Cultura, e aperto uno studio a Shanghai. Com’è stato lavorare nel Sud Italia?
«Di solito c’è qualche differenza, ma in questo caso abbiamo lavorato molto bene. Infatti, al contrario di quanto accaduto ad altre opere in ritardo il nostro cantiere è filato molto liscio. Fondamentale è stato l’apporto del coordinatore designato dal governo Salvo Nastasi, grande professionista».
Che cosa l’ha spinta ad accettare l’incarico?
«La sfida era appassionante: costruire per Matera, gioiello unico al mondo, costituisce un atto culturale in sé. Visitare la cripta del Peccato originale con quel magnifico ciclo di affreschi datati fra l’VIII e il IX secolo è come entrare nella Cappella Sistina. Esci che sei diverso: e costruire ex novo, confrontarsi con quella realtà per fare scoprire al mondo che cosa sia questa città. Metterci poi del proprio per riscattare il meridione da una certa idea di abbandono è un’operazione che ci ha subito attratto».
É vero che la sua nuova stazione sarà ecosostenibile?
«Abbiamo puntato molto su questo aspetto: ad esempio il tetto sarà rivestito di pannelli fotovoltaici e immagazzinerà così tanta energia da poterne regalare una parte alla città».
A dispetto di tanta efficienza non si può negare che Matera arrivi in ritardo all’appuntamento con trasporti efficienti.
«Sì, questo è innegabile, sia il trasporto su gomma, con l’eterna incompiuta della statale Bari Matera, la situazione di Ferrandina-scalo Matera, e l’assenza dell’Alta velocità, costituiscono una forte penalità che si spera di recuperare».
Che cosa resterà di Matera 2019?
«Spero in una doppia eredità. Da un lato l’attenzione del mondo che sa diventare un volano, non solo turistico: linfa vitale per una nuova generazione di materani impegnati nella ricerca sui nuovi materiali, l’artigianato, la sostenibilità, le biotecnologie, la ricerca archeologica».
Dall’altro?
«Un impegno chiaro a completare anche negli anni successivi le infrastrutture. Da milanese so che cosa significa usare un grande evento come acceleratore di progetti che hanno trasformato in pochi mesi la città dell’Expo in una delle capitali del mondo».