Il Sole Domenica 20.1.19
Stereotipi da evitare
I confini del fascismo (e antifascismo)
di Angelo Varni
Pare
inevitabile che nel dibattito pubblico del nostro Paese, ad ogni
significativo passaggio delle vicende politiche, torni a presentarsi il
tema del risorgere o meno del fascismo, individuato in una sorta di suo
carsico serpeggiare nelle viscere della nostra società lungo i decenni
successivi alla cupa fine del regime in camicia nera.
Trovarne le
ragioni comporta affrontare la complessità del rapporto ancora irrisolto
con le contraddizioni della storia italiana del ventennio tra i due
conflitti mondiali fatte, ad un tempo, di repressione e di consenso, di
avventurismo bellicoso e di ristrutturazione economica statalista e
corporativa, di pacificazione sociale e di violenza eversiva. Con un
ritorno, in tal modo, fuori contesto a queste diverse prospettive
interpretative, di volta in volta riesumate nelle loro tonalità
divergenti, utilizzate a sostenere strumentalmente le posizioni proposte
dalle varie parti ideologiche e partitiche nelle contingenze del
presente.
A simile modalità non poteva, dunque, sottrarsi
l’odierno tempo di così profondi e, per tanti versi, inediti mutamenti
nei rapporti tra “politica” e cittadini, di tensioni sociali esplose a
seguito di una crisi economica in grado di mutare gli stessi
tradizionali equilibri geopolitici, di una globalizzazione alle cui
implicazioni dirompenti popoli ed individui non erano in alcun modo
preparati, mentre l’“invasione” tecnologica trasforma giorno dopo giorno
condizioni di lavoro, abitudini di vita, relazioni interpersonali.
Intende,
dunque, proporsi per questo confronto sul riemergere, nella attuale
realtà italiana, di comportamenti e di propositi ispirati dal fascismo,
il lavoro di Alberto De Bernardi, dal titolo quanto mai esplicito nella
sua finalità conoscitiva, di Fascismo e antifascismo.
E netta ed
immediata è per l’autore - richiamandosi alla migliore lezione dei
maestri sull’irreversibilità della storia - l’avversione all’utilizzo
della definizione di fascista al di fuori dei suoi propri limiti
temporali, evitando in tal modo di proporlo quale stereotipo
rappresentativo di tutti i movimenti reazionari, oppressivi, illiberali,
cui opporre un ugualmente indistinto antifascismo espressione di tutti
gli aneliti di libertà, di emancipazione, di progresso civile. Così
evitando ugualmente di ricorrere ad un uso evocativo e simbolico della
storia, più scorciatoia politica dall’indubbia forza emotiva che leva di
effettiva comprensione di un presente alla ricerca, invece, di
aggiornati strumenti in grado di battersi con efficacia contro possibili
nuove stagioni di oscurantismi e di autoritarismi.
Nessun dubbio
nell’autore che l’attuale dilagante crisi degli Stati nazionali,
soffocati nei loro tradizionali equilibri democratici e di tutela, ad un
tempo, di libertà e sviluppo sociale dal prepotere dei mercati, ben
poco abbia a che spartire con quanto accadde in Europa al termine della
Prima guerra mondiale. Allora fu proprio lo Stato, reso invasivo dalle
esigenze belliche, ad imporsi come ente totalizzante posto alla guida in
modo organico delle comunità di individui privati di identità,
destinate con la forza a perseguire gli obbiettivi indicati da nuovi
gruppi dirigenti fortemente ideologizzati e politicizzati.
Uno
Stato totale che fu fascismo, da un lato del continente e comunismo
dall’altro, che De Bernardi segue passo passo fino all’oggi nel suo
evolversi dettato dal fluire della storia, proponendo via via
interpretazioni spesso stimolanti, anche se sovente destinate a
suscitare dibattiti e dissensi, sempre però ispirate dal generoso
assunto che occorra tenere fermo l’auspicio del realizzarsi di una
democrazia inclusiva e partecipata, custode delle libertà individuali e
collettive, non meno che attenta allo sviluppo e all’emancipazione
sociali.
Fascismo e antifascismo.
Storia, memoria e culture politiche
Alberto De Bernardi
Donzelli, Roma, pagg. 168, € 17