Il Sole Domenica 20.1.19
Tommaso Campanella. La religione cristiana è come una legge naturale
Un papa che governi il disordine del mondo
di Michele Ciliberto
Negli
ultimi decenni c’è stato un notevole fiorire di scritti intorno a
Tommaso Campanella, ai quali si è accompagnata la scoperta di testi
fondamentali come l’autografo volgare dell’Atheismus triumphatus, ad
opera di Germana Ernst che, nel 2004, lo ritrovò nella Biblioteca
Apostolica Vaticana. E proprio la Ernst è stata la studiosa che ha dato i
maggiori contributi a una nuova interpretazione di Campanella, sia con
essenziali saggi critici sia con l’edizione di molte opere di Campanella
– come ad esempio, per citare un solo caso, l’Ethica, pubblicata in
collaborazione con Olivia Catanorchi.
Mancava però una monografia
che facesse il punto sulla figura e sull’opera di Campanella alla luce
di questo spettro amplissimo di edizioni e di saggi critici. Da poco è
uscito un libro di Luca Addante, ma si concentra in primo luogo
sull’ampia e variegata storiografia su un autore così complesso, pur
proponendo una propria interpretazione della figura e dell’opera dello
Stilese: un libertino, un eretico, uso a ricorrere alle armi della
dissimulazione per evitare di far trapelare il proprio pensiero
autentico, sostiene Addante riprendendo il filo delle proposte critiche
di Rosario Villari sul significato e la funzione della dissimulazione
nella cultura italiana tra la fine del Cinquecento e i primi decenni del
Seicento.
Saverio Ricci colma questa lacuna con un libro che è
destinato a diventare un punto ineludibile di riferimento per gli
studiosi della cultura rinascimentale, affiancandosi agli altri lavori
da lui dedicati a questo periodo della nostra storia, in modo
particolare agli studi sulla fortuna di Giordano Bruno.
Alla base
della lunga riflessione di Campanella c’è, secondo Ricci, un problema
che l’attraversa dall’inizio alla fine, e al quale cerca di dare una
risposta: la crisi del suo tempo storico, la decadenza, anzi il
disordine del mondo, «percepito come intreccio di falsità filosofica,
sperequazione, spreco, carestia, malattia, conflitto ...».
È, per
molti aspetti, lo stesso problema di Giordano Bruno, che si interroga,
anche lui, sulla decadenza filosofica, scientifica, civile che travolge
l’Europa, scuotendone le stesse fondamenta. Ma se il problema è per
molti aspetti comune, la proposta per affrontare e risolvere la crisi è
profondamente differente. Per Campanella la chiave per uscire dalla
decadenza è un nuovo governo universale con un ruolo centrale del papa e
della Chiesa cattolica – l’opposto di quello che pensa Bruno, il quale
pure distingue fra cattolicesimo e Riforma, individuando nei riformati
gli angeli del male che stanno distruggendo l’Europa e l’umanità.
Distante
dalle interpretazioni di Campanella in chiave libertina, Ricci snoda
questo filo lungo tutto il libro, criticando le interpretazioni che
insistono sulla ambiguità dello Stilese, sulla mancanza di continuità
della sua riflessione, sulle incoerenze che la segnerebbero. Ricci vuole
presentare invece una immagine unitaria, coerente, della filosofia di
Campanella, pur mettendone a fuoco la pluralità delle linee – e delle
prospettive strategiche che la connotano – ma nel quadro di una
posizione che al fondo è coerente e resta sempre fedele alle sue ragioni
originarie.
Il Campanella di Ricci individua infatti fin dalla
giovinezza il suo “problema” fondamentale, cui cerca di dare una
risposta muovendosi – e in questa indicazione è uno degli elementi di
maggiore originalità del libro – nella prospettiva della globalizzazione
cinque-seicentesca, oltre i confini dell’Europa. In questo senso
Campanella va oltre l’orizzonte politico di Machiavelli con cui peraltro
intrattiene un dialogo critico costante – e su ciò il libro esibisce
pagine importanti –, ma in un tempo che ormai non è più storicamente e
geograficamente quello del Segretario fiorentino.
Secondo Ricci,
in Campanella la religione cristiana e il Cristo «prima sapienza» non
sono però altro «che la legge naturale pienamente dispiegata, alla cui
applicazione ordinamenti e leggi positive devono essere portati da una
nuova prassi politica». È su questa base che egli propone «in un
linguaggio presentato come accettabile dalla Chiesa, e creduto propizio
anche alla sua personale riabilitazione, una trasfigurazione del
cristianesimo e della Chiesa nei principali soggetti della radicale
trasformazione della politica umana in senso filosofico,
universalistico, comunistico».
Di conseguenza «il papa di cui
Campanella invoca la monarchia mondiale non è il papa medievale, signore
del mondo, o il moderno principe o sovrano, direttamente o
indirettamente temporale, ma il nuovo legislatore, che, seguendo la
legge naturale, dovrebbe riformare le istituzioni umane». Il ruolo
storico-universale della monarchia di Spagna prima, della monarchia di
Francia poi, si inserisce in questo disegno, trapassando in seguito
nella monarchia dei cristiani e sfociando infine in una repubblica dei
«perfetti», nella quale avranno una funzione decisiva i profeti.
Questa
prospettiva consente a Ricci di presentare una visione dell’itinerario
critico di Campanella, che, pur riallacciandosi alle posizioni critiche
di due grandi studiosi come Luigi Firpo e Germana Ernst, offre notevoli
elementi di originalità. A cominciare, per fare un solo caso, dalla
Città del sole, di cui – avanzando una ipotesi «suggestiva» – sono messi
in evidenza i nessi storici, politici ed anche teorici con la Monarchia
di Spagna. Ma è solo un esempio della insistenza di Ricci sulla unità e
sulla continuità della figura di Campanella – schizzata, ed anche
questo è un tratto interessante, anche nei suoi tratti personali, fisici
– alla luce di una interpretazione politica della sua opera: un Cristo
politico è quello di Campanella, e politico è il ruolo del papa, unico
erede della monarchia di Cristo, ed unico, effettivo, detentore dello
scettro finale.
Ma proprio questa insistenza sul ruolo del papa
consente di mostrare la grande differenza fra Campanella e Bruno, il cui
nome si è richiamato sopra. Nati a venti anni di distanza nell’Italia
meridionale, entrambi homines novi, entrambi domenicani, entrambi
impegnati a risolvere la crisi del mondo di cui hanno piena, e tragica
coscienza, individuano strategie opposte per risolverla. E qui basta
citare i versi con cui nel De immenso Bruno delinea la figura in cui si
intravedono i tratti del papa romano: con lui, invece della sapienza,
«sopraggiunge la follia dal volto suadente, con le tempie incoronate,
adorne di tiara e di mitra e cinge di gemme l’asinino dito; ricopre il
rozzo busto con una tunica talare a cui stanno intorno la lodata fede
dei padri, le bolle ed i sigilli...».
Campanella. Apocalisse e governo universale
Saverio Ricci
Salerno editrice, Roma,
pagg. 601, € 32