il manifesto 20.1.19
Affonda gommone, è strage di migranti: 117 le vittime
Quota
117. Tra i dispersi anche dieci donne e due bambini. Tre i superstiti
SeaWatch salva 47 persone. E ricomincia l’attesa di un porto
di Leo Lancari
Vittime
della cosiddetta «area Sar» libica, il tratto di mare nel quale le
autorità di Tripoli dovrebbero intervenire per soccorrere i barconi di
migranti in difficoltà ma che in realtà o non rispondono, come
denunciato anche ieri dalla ong tedesca SeaWatch, oppure intervengono
inviando una motovedetta che quando non riporta i migranti nei centri di
detenzione dai quali sono fuggiti, si guasta – è successo venerdì – e
torna indietro. Comunque sia il risultato non cambia: a meno che non ci
sia la nave di qualche ong pronta a soccorrerli in acque internazionali,
ai migranti in genere restano solo due scelte: essere riportati in
Libia oppure naufragare. Questa volta le vittime sono 117, stando a
quanto denunciato dall’Oim, l’Organizzazione internazionale per le
migrazioni, tra le quali dieci donne, una incinta, e due bambini, uno
dei quali di appena due mesi.
È il bilancio, pesantissimo,
dell’ultimo naufragio nel Mediterraneo, il primo del 2019 nel quale
ancora una volta il coordinamento dei soccorsi era affidato alla Guardia
costiera libica. E sempre ieri SeaWatch ha reso noto di aver tratto in
salvo altri 47 migranti. «Ora sono tutti al sicuro», ha comunicato in
serata la ong. «Abbiamo informato tutte le autorità competenti:
quantomeno ci abbiamo provato, non siamo riusciti a raggiungere la
cosiddetta Guardia costiera libica. Siamo ora in attesa di istruzioni».
Il
gommone naufragato venerdì era partito la sera del giorno prima da
Garabulli, una località costiera della Libia considerata uno dei punti
di partenza dei barconi. Dopo circa undici ore di viaggio, però, il
mezzo ha cominciato a imbarcare acqua e a sgonfiarsi lentamente facendo
cadere in mare molte delle persone che si trovavano a bordo. Stando a
quanto affermano i libici, verso le 11,30 di venerdì mattina la sala
controllo di Tripoli invia in soccorso del gommone una motovedetta che
però sarebbe tornata indietro a causa di un guasto. A quel punto sempre
Tripoli contatta un mercantile che si trova in zona, il Cardula Jacob
che batte bandiera liberiana, indirizzandolo verso il gommone. Una volta
sul posto, però, il mercantile non ha trovato nessuno.
Verso le
13,30 un aereo dell’Aeronautica militare di base a Sigonella segnala la
presenza del gommone, «in fase di affondamento», sul quale si trovano,
stando a quanto riferito dalla Marina militare e dalla Guardia costiera
italiana, una ventina di migranti più alcune persone in acqua alle quali
l’equipaggio lancia due zattere di salvataggio.
Le comunicazioni
dell’evento Sar in corso vengono intercettate dall’aereo Moonbird di
SeaWatch. La ong si offre di intervenire in soccorso dei migranti. «Mrcc
(la sala di controllo di Roma che coordina i soccorsi) ha rifiutato di
fornire informazioni su questo caso, affermando che la responsabilità
era di Mrcc Tripoli che, a sua volta, non era disposto e in grado di
comunicare», accusa la ong. Che su Twitter punta il dito contro le
autorità di Tripoli: «La comunicazione con gli ufficiali libici risulta
impossibile in nessuna delle seguenti lingue: inglese, francese,
italiana e arabo».
Nel frattempo il gommone viene raggiunto da un
elicottero decollato dal cacciatorpediniere Caio Duilio che riesce a
salvare le uniche tre persone ancora vive: si tratta di tre uomini, due
sudanesi e un gambiano, in stato di ipotermia che vengono trasportati a
Lampedusa e ricoverati. Ed è a questo punto che i funzionari dell’Oim
scoprono che la tragedia ha dimensioni superiori a quelle sospettate
fino a quel momento. «Dalle loro testimonianze abbiamo appreso che a
bordo del gommone si trovavano 120 persone, tra le quali anche due
bambini e dieci donne», spiega il portavoce dell’Organizzazione, Flavio
Di Giacomo. «I racconti combaciano, tutti affermano che hanno imbarcato
acqua e hanno cominciato ad affondare».
Su quanto accaduto sono
state aperte due inchieste, una della procura militare di Roma e di
quella ordinaria di Agrigento, che dovranno accertare eventuali
responsabilità.