lunedì 14 gennaio 2019

Il Sole Domenica 13.1.19
L’Etica di Baruch Spinoza
Alla ricerca della vera felicità
Steven Nadler accompagna anche il lettore inesperto in un tour dentro un’opera ambiziosa, originale e difficile alla ricerca di un senso alle dottrine esposte
di Franco Giudice


L’Etica di Spinoza è un’opera che, per originalità e ambizione, ha pochi uguali nella storia della filosofia. Lo spettro dei temi che vi si trovano affrontati è così ampio da non escludere quasi nessuna questione di una certa importanza. Per rendersene conto, è sufficiente elencarli in rapida successione: l’esistenza e la natura di Dio, il rapporto mente-corpo nell’essere umano, la libertà e il determinismo, la verità, il finalismo, le leggi naturali, le passioni, la virtù e la felicità, i fondamenti dell’obbligo politico, lo statuto del bene e del male, l’identità personale, l’eternità e l’immortalità. Ma non è tutto. Spinoza intende addirittura mostrare quale sia il significato autentico della vita. E lo fa con estrema audacia, non preoccupandosi affatto di riservare critiche taglienti e sistematiche alle tradizionali concezioni di Dio, dell’uomo e dell’universo, e alle credenze teologiche e morali che ne discendono.
Non si può tuttavia negare che l’Etica è è anche un testo di inusuale difficoltà, in grado di scoraggiare e intimidire il lettore non specialista. Che si trova subito alle prese con un’intricata e all’apparenza impenetrabile rete di definizioni, assiomi, proposizioni, scolii e corollari. A tal punto che si ha quasi l’impressione di essersi imbattuti in un testo matematico anziché in un capolavoro filosofico, in qualcosa cioè che, a prima vista almeno, sembra più somigliare ai Principi matematici della filosofia naturale di Newton che alle Meditazioni metafisiche di Descartes.
Tutto vero. Lo è altrettanto però che, una volta superati gli scogli di questa rigorosa architettura euclidea e di un lessico un po’ arcaico, il lettore ne ricaverà grandi ricompense. Soprattutto se a guidarlo sarà Steven Nadler che, con la sua consolidata e profonda conoscenza del pensiero filosofico di Spinoza, lo aiuterà a dissipare le parti più oscure dell’Etica. E imparerà subito ad apprezzare che la struttura geometrica dell’opera – già evidente dal titolo, che recita appunto Ethica, ordine geometrico demonstrata – non è un semplice rivestimento superficiale, ma intrinseca ai suoi stessi contenuti. Tale struttura, infatti, con i suoi nessi logici e necessari, non fa altro che rispecchiare quella dei nessi causali e necessari dell’universo.
L’Etica racchiude i risultati di un meditato esercizio intellettuale intrapreso da Spinoza fin dagli anni cinquanta quando, abbandonata l’attività commerciale ereditata dal padre, aveva deciso di dedicare la propria vita alla ricerca filosofica, alla conoscenza e alla vera felicità. La gestazione dell’opera però fu lunga e travagliata. Vi cominciò a lavorare nella primavera del 1662 e nell’estate del 1665 era abbastanza soddisfatto di quanto aveva scritto da farlo circolare tra i suoi amici più fidati. Nell’autunno dello stesso anno tuttavia accantonò il progetto per scrivere il Trattato teologico-politico, che pubblicherà anonimo nel 1670, in difesa della libertà di pensiero e di espressione, sempre più minacciata dal pesante clima di intolleranza politica e religiosa creato in Olanda dalle forze reazionarie.
Spinoza riprese dunque in mano il manoscritto dell’Etica dopo il 1670, e avendolo sottoposto a un’ampia revisione agli inizi di luglio del 1675 lo considerava completo e pronto per la pubblicazione. Ma lo scandalo suscitato dalle tesi sostenute nel Trattato teologico-politico – dove i miracoli, la rivelazione e la provvidenza divina venivano declassati a meri prodotti dell’immaginazione – fu così enorme che Spinoza, accusato di essere un pericoloso ateo, per evitare ulteriori polemiche rinunciò definitivamente a pubblicare l’Etica. Il testo sarà dato alle stampe lo stesso anno della sua morte, avvenuta il 21 febbraio 1677, nelle opere postume curate dagli amici.
Nel suo libro, scritto con la chiarezza che caratterizza tutti i suoi lavori, Nadler intende offrire una «guida» a chi si accosta per la prima volta all’Etica, accompagnandolo passo passo attraverso le dottrine che vi si trovano esposte e mostrando «come se ne possa ricavare un senso». Insomma, un vero e proprio tour, che si attiene strettamente al testo e che segue «le tracce dello stesso progredire di Spinoza dalla metafisica di Dio fino alle conclusioni sulla felicità umana». Quella felicità cioè che si può ottenere soltanto con l’esercizio della ragione e della conoscenza che, liberandoci dalla schiavitù delle passioni, fa emergere la verità su Dio, sulla natura e su noi stessi, ma anche, di riflesso, sulla società, sulla religione e sulla vita. E che consiste in una profonda comprensione della natura e delle sue leggi, e di come ogni cosa si relazioni a Dio, che non è altro che natura – Deus sive Natura, «Dio o Natura», secondo la frase ormai celebre dello stesso Spinoza – ovvero l’infinita, necessariamente esistente eterna e attiva sostanza dell’universo.
Proprio come aveva ben capito il dottor Fischelson dello splendido racconto di Isaac B. Singer, Lo Spinoza di via del Mercato, il quale nel contemplare il cielo trovava un gran conforto nel pensare che «per quanto egli fosse soltanto un uomo debole e malaticcio, un aspetto mutevole della Sostanza assoluta e infinita, faceva ciò nonostante parte del cosmo, era composto della stessa materia dei corpi celesti; e poiché la Divinità lo comprendeva, non poteva essere distrutto».
La via alla felicità. L’Etica
di Spinoza nella cultura
del Seicento
Steven Nadler
Traduzione di Emilia Andri, Hoepli, Milano, pagg. 285, € 22,90