Il Sole Domenica 13.1.19
L’Etica di Baruch Spinoza
Alla ricerca della vera felicità
Steven
Nadler accompagna anche il lettore inesperto in un tour dentro un’opera
ambiziosa, originale e difficile alla ricerca di un senso alle dottrine
esposte
di Franco Giudice
L’Etica di Spinoza è
un’opera che, per originalità e ambizione, ha pochi uguali nella storia
della filosofia. Lo spettro dei temi che vi si trovano affrontati è così
ampio da non escludere quasi nessuna questione di una certa importanza.
Per rendersene conto, è sufficiente elencarli in rapida successione:
l’esistenza e la natura di Dio, il rapporto mente-corpo nell’essere
umano, la libertà e il determinismo, la verità, il finalismo, le leggi
naturali, le passioni, la virtù e la felicità, i fondamenti dell’obbligo
politico, lo statuto del bene e del male, l’identità personale,
l’eternità e l’immortalità. Ma non è tutto. Spinoza intende addirittura
mostrare quale sia il significato autentico della vita. E lo fa con
estrema audacia, non preoccupandosi affatto di riservare critiche
taglienti e sistematiche alle tradizionali concezioni di Dio, dell’uomo e
dell’universo, e alle credenze teologiche e morali che ne discendono.
Non
si può tuttavia negare che l’Etica è è anche un testo di inusuale
difficoltà, in grado di scoraggiare e intimidire il lettore non
specialista. Che si trova subito alle prese con un’intricata e
all’apparenza impenetrabile rete di definizioni, assiomi, proposizioni,
scolii e corollari. A tal punto che si ha quasi l’impressione di essersi
imbattuti in un testo matematico anziché in un capolavoro filosofico,
in qualcosa cioè che, a prima vista almeno, sembra più somigliare ai
Principi matematici della filosofia naturale di Newton che alle
Meditazioni metafisiche di Descartes.
Tutto vero. Lo è altrettanto
però che, una volta superati gli scogli di questa rigorosa architettura
euclidea e di un lessico un po’ arcaico, il lettore ne ricaverà grandi
ricompense. Soprattutto se a guidarlo sarà Steven Nadler che, con la sua
consolidata e profonda conoscenza del pensiero filosofico di Spinoza,
lo aiuterà a dissipare le parti più oscure dell’Etica. E imparerà subito
ad apprezzare che la struttura geometrica dell’opera – già evidente dal
titolo, che recita appunto Ethica, ordine geometrico demonstrata – non è
un semplice rivestimento superficiale, ma intrinseca ai suoi stessi
contenuti. Tale struttura, infatti, con i suoi nessi logici e necessari,
non fa altro che rispecchiare quella dei nessi causali e necessari
dell’universo.
L’Etica racchiude i risultati di un meditato
esercizio intellettuale intrapreso da Spinoza fin dagli anni cinquanta
quando, abbandonata l’attività commerciale ereditata dal padre, aveva
deciso di dedicare la propria vita alla ricerca filosofica, alla
conoscenza e alla vera felicità. La gestazione dell’opera però fu lunga e
travagliata. Vi cominciò a lavorare nella primavera del 1662 e
nell’estate del 1665 era abbastanza soddisfatto di quanto aveva scritto
da farlo circolare tra i suoi amici più fidati. Nell’autunno dello
stesso anno tuttavia accantonò il progetto per scrivere il Trattato
teologico-politico, che pubblicherà anonimo nel 1670, in difesa della
libertà di pensiero e di espressione, sempre più minacciata dal pesante
clima di intolleranza politica e religiosa creato in Olanda dalle forze
reazionarie.
Spinoza riprese dunque in mano il manoscritto
dell’Etica dopo il 1670, e avendolo sottoposto a un’ampia revisione agli
inizi di luglio del 1675 lo considerava completo e pronto per la
pubblicazione. Ma lo scandalo suscitato dalle tesi sostenute nel
Trattato teologico-politico – dove i miracoli, la rivelazione e la
provvidenza divina venivano declassati a meri prodotti
dell’immaginazione – fu così enorme che Spinoza, accusato di essere un
pericoloso ateo, per evitare ulteriori polemiche rinunciò
definitivamente a pubblicare l’Etica. Il testo sarà dato alle stampe lo
stesso anno della sua morte, avvenuta il 21 febbraio 1677, nelle opere
postume curate dagli amici.
Nel suo libro, scritto con la
chiarezza che caratterizza tutti i suoi lavori, Nadler intende offrire
una «guida» a chi si accosta per la prima volta all’Etica,
accompagnandolo passo passo attraverso le dottrine che vi si trovano
esposte e mostrando «come se ne possa ricavare un senso». Insomma, un
vero e proprio tour, che si attiene strettamente al testo e che segue
«le tracce dello stesso progredire di Spinoza dalla metafisica di Dio
fino alle conclusioni sulla felicità umana». Quella felicità cioè che si
può ottenere soltanto con l’esercizio della ragione e della conoscenza
che, liberandoci dalla schiavitù delle passioni, fa emergere la verità
su Dio, sulla natura e su noi stessi, ma anche, di riflesso, sulla
società, sulla religione e sulla vita. E che consiste in una profonda
comprensione della natura e delle sue leggi, e di come ogni cosa si
relazioni a Dio, che non è altro che natura – Deus sive Natura, «Dio o
Natura», secondo la frase ormai celebre dello stesso Spinoza – ovvero
l’infinita, necessariamente esistente eterna e attiva sostanza
dell’universo.
Proprio come aveva ben capito il dottor Fischelson
dello splendido racconto di Isaac B. Singer, Lo Spinoza di via del
Mercato, il quale nel contemplare il cielo trovava un gran conforto nel
pensare che «per quanto egli fosse soltanto un uomo debole e malaticcio,
un aspetto mutevole della Sostanza assoluta e infinita, faceva ciò
nonostante parte del cosmo, era composto della stessa materia dei corpi
celesti; e poiché la Divinità lo comprendeva, non poteva essere
distrutto».
La via alla felicità. L’Etica
di Spinoza nella cultura
del Seicento
Steven Nadler
Traduzione di Emilia Andri, Hoepli, Milano, pagg. 285, € 22,90