lunedì 14 gennaio 2019

Il Sole Domenica 13.1.19
Profili
Il volto riformatore di Togliatti
di Giuseppe Vacca


Nei tre volumi della Cambridge History of Communism, apparsi nel 2017, il capitolo dedicato al “comunismo riformatore” costituisce una significativa novità. Sopiti gli “astratti furori” che avevano accompagnato la fine del comunismo sovietico, la storiografia internazionale procede a ricostruire la storia della prima rete politica globale del XX secolo restituendoci i contesti che l'avevano generata e i modi in cui essa li aveva a sua volta rimodellati. La storia del comunismo viene quindi ripercorsa nella sua complessità e nelle sue differenziazioni e inquadrata nella storia mondiale del Novecento.
Alla categoria del “comunismo riformatore” si riallaccia Gianluca Fiocco nella sua recente biografia di Palmiro Togliatti in cui ha potuto mettere “a frutto le prospettive storiografiche emerse nell'ultimo quarto di secolo”. Grazie a una approfondita conoscenza di fonti documentarie inedite, arriva a gettare nuova luce sulla figura del dirigente comunista, collocando la sua politica nello scenario del Novecento.
La principale novità del suo libro sta nell'ampiezza e nella cura con cui ricostruisce il pensiero togliattiano, facendo della relazione con Gramsci il filo conduttore della sua opera politica e intellettuale.
Negli anni Venti, Togliatti si distinse per la percezione della rilevanza internazionale del fascismo che, fino all'avvento al potere di Hitler, veniva considerato nel Comintern un fenomeno circoscritto e marginale. Ne ricavò ben presto una visione della situazione internazionale che metteva al primo posto la difesa della pace, sfidando il dogma bolscevico della “guerra inevitabile”.
Non a caso, dunque, quando Stalin, nel '34, abbracciò la politica di sicurezza collettiva, affidò a lui, per sancire la svolta, la relazione sulla lotta contro i pericoli di guerra al VII congresso del Comintern. Nascevano così il suo prestigio e il suo eminente ruolo internazionale nella lotta al fascismo.
Al rientro in Italia, com'è noto, egli divenne un protagonista della guerra di liberazione nazionale e della nascita della Repubblica. L'opera svolta in quel triennio costituisce il suo maggior contributo alla storia d'Italia: è il Togliatti statista, “padre della Repubblica”, che puntava lucidamente alla stabilizzazione centrista della nascente democrazia italiana favorendo l'ascesa di De Gasperi. Quindi, chiarisce Fiocco, la sconfitta del Fronte popolare nel 1948 non lo disorientò poiché comunque garantiva la stabilizzazione del paese tanto nella politica interna quanto nella collocazione internazionale.
Nella “guerra di posizione” che seguì Togliatti manovrò con lungimiranza: assicurò lo sbocco parlamentare della protesta sociale, la legittimazione costituzionale del Pci e, con l'edizione degli scritti gramsciani, avviò il radicamento del partito nella cultura italiana.
Ai primi segni di “disgelo” seguiti alla morte di Stalin, diede nuovo impulso all'inserimento del movimento operaio nell'Italia cattolica promuovendo il dialogo con la Chiesa sui problemi della pace. Fiocco dedica particolare attenzione a questo tema seguendone gli sviluppi dalla costituzionalizzazione dei Patti Lateranensi alla proposta di revisione del marxismo sui rapporti tra religione e modernità avanzata nel 1963.
In una ricostruzione storica di così ampio respiro, il passaggio aspro e controverso del 1956 si libera delle ricorrenti schermaglie sulle occasioni mancate e sui pentimenti successivi di alcuni suoi eredi per aver schierato il Pci a sostegno della repressione sovietica dell'insurrezione ungherese. Infatti, nota Fiocco, il XX congresso del Pcus fornì a Togliatti l'occasione per lanciare la sua visione policentrica del mondo che andava emergendo dopo la Seconda guerra mondiale. Il sostegno all'Urss si accompagnava quindi a innovazioni strategiche significative fondate sulla percezione dell'interdipendenza internazionale. Il rilancio della “via italiana” in chiave europea, la marcia di avvicinamento alla CEE, il nuovo cantiere gramsciano volto a valorizzare la dimensione internazionale del suo pensiero avviarono una stagione di crescente influenza del Pci di cui si sarebbe giovata per un ventennio la politica dei suoi eredi. Inoltre, cominciò la proiezione internazionale del comunismo italiano nei cinque continenti attraverso la costruzione di una rete sempre più fitta di relazioni anche con forze e movimenti non comunisti. I rapporti di forza a scala mondiale non giustificavano la visione dell'Urss come potenza assediata né un internazionalismo fondato sulle priorità della sua sicurezza. L'Europa divenne quindi il teatro della battaglia di Togliatti contro la stabilizzazione bipolare e la visione della coesistenza come condominio mondiale delle maggiori potenze. Non sorprende che quando Chruš?ëv nel 1960 provocò una grave rottura con la Cina di Mao, Togliatti cominciasse a essere molto pessimista sulle sorti del movimento comunista. Opponendosi alla convocazione di una conferenza internazionale che nei piani di Mosca doveva escludere la Cina dal proprio campo, egli mise in gioco tutta la sua influenza per impedirlo e al tempo stesso assunse su di sé la critica più penetrante delle posizioni cinesi contrarie alla coesistenza. Ma non si limitò a questo. Riprendendo e attualizzando la critica gramsciana del 1926 contro l'etnocentrismo sovietico, avanzò un progetto di riforma del “socialismo reale” e della politica internazionale dell'Urss che individuava nell'Europa il luogo strategico di una coesistenza cooperativa volta a superare la “logica dei blocchi”.
Concepiva la lotta al capitalismo come una sfida per l'egemonia, costruita sull'unità nella diversità di tutte le forze interessate a porre fine all'equilibrio del terrore, a rimuovere gradualmente le strutture della guerra fredda, a mutare i rapporti tra il Nord e il Sud del mondo, anticipando di un quindicennio il rapporto Brandt.
La pubblicazione del Promemoria di Yalta portò a conoscenza dell'opinione pubblica mondiale una sintesi lucida e drammatica della sua riflessione sulla crisi del comunismo, di cui Fiocco ricostruisce puntualmente le scansioni nel capitolo conclusivo del suo libro. Questa bella biografia consente quindi di cogliere l'unitarietà della figura di Togliatti attraverso le fratture e i drammi del Novecento che ne segnarono la vita ed egli emerge come un politico di grande statura intellettuale che oltrepassa i confini dello stesso “comunismo riformatore” assumendo i tratti caratteristici di un riformatore italiano.
Togliatti, il realismo
della politica.
Gianluca Fiocco,
Roma Carocci editore 2018