Il Sole Domenica 13.1.19
Profili
Il volto riformatore di Togliatti
di Giuseppe Vacca
Nei
tre volumi della Cambridge History of Communism, apparsi nel 2017, il
capitolo dedicato al “comunismo riformatore” costituisce una
significativa novità. Sopiti gli “astratti furori” che avevano
accompagnato la fine del comunismo sovietico, la storiografia
internazionale procede a ricostruire la storia della prima rete politica
globale del XX secolo restituendoci i contesti che l'avevano generata e
i modi in cui essa li aveva a sua volta rimodellati. La storia del
comunismo viene quindi ripercorsa nella sua complessità e nelle sue
differenziazioni e inquadrata nella storia mondiale del Novecento.
Alla
categoria del “comunismo riformatore” si riallaccia Gianluca Fiocco
nella sua recente biografia di Palmiro Togliatti in cui ha potuto
mettere “a frutto le prospettive storiografiche emerse nell'ultimo
quarto di secolo”. Grazie a una approfondita conoscenza di fonti
documentarie inedite, arriva a gettare nuova luce sulla figura del
dirigente comunista, collocando la sua politica nello scenario del
Novecento.
La principale novità del suo libro sta nell'ampiezza e
nella cura con cui ricostruisce il pensiero togliattiano, facendo della
relazione con Gramsci il filo conduttore della sua opera politica e
intellettuale.
Negli anni Venti, Togliatti si distinse per la
percezione della rilevanza internazionale del fascismo che, fino
all'avvento al potere di Hitler, veniva considerato nel Comintern un
fenomeno circoscritto e marginale. Ne ricavò ben presto una visione
della situazione internazionale che metteva al primo posto la difesa
della pace, sfidando il dogma bolscevico della “guerra inevitabile”.
Non
a caso, dunque, quando Stalin, nel '34, abbracciò la politica di
sicurezza collettiva, affidò a lui, per sancire la svolta, la relazione
sulla lotta contro i pericoli di guerra al VII congresso del Comintern.
Nascevano così il suo prestigio e il suo eminente ruolo internazionale
nella lotta al fascismo.
Al rientro in Italia, com'è noto, egli
divenne un protagonista della guerra di liberazione nazionale e della
nascita della Repubblica. L'opera svolta in quel triennio costituisce il
suo maggior contributo alla storia d'Italia: è il Togliatti statista,
“padre della Repubblica”, che puntava lucidamente alla stabilizzazione
centrista della nascente democrazia italiana favorendo l'ascesa di De
Gasperi. Quindi, chiarisce Fiocco, la sconfitta del Fronte popolare nel
1948 non lo disorientò poiché comunque garantiva la stabilizzazione del
paese tanto nella politica interna quanto nella collocazione
internazionale.
Nella “guerra di posizione” che seguì Togliatti
manovrò con lungimiranza: assicurò lo sbocco parlamentare della protesta
sociale, la legittimazione costituzionale del Pci e, con l'edizione
degli scritti gramsciani, avviò il radicamento del partito nella cultura
italiana.
Ai primi segni di “disgelo” seguiti alla morte di
Stalin, diede nuovo impulso all'inserimento del movimento operaio
nell'Italia cattolica promuovendo il dialogo con la Chiesa sui problemi
della pace. Fiocco dedica particolare attenzione a questo tema
seguendone gli sviluppi dalla costituzionalizzazione dei Patti
Lateranensi alla proposta di revisione del marxismo sui rapporti tra
religione e modernità avanzata nel 1963.
In una ricostruzione
storica di così ampio respiro, il passaggio aspro e controverso del 1956
si libera delle ricorrenti schermaglie sulle occasioni mancate e sui
pentimenti successivi di alcuni suoi eredi per aver schierato il Pci a
sostegno della repressione sovietica dell'insurrezione ungherese.
Infatti, nota Fiocco, il XX congresso del Pcus fornì a Togliatti
l'occasione per lanciare la sua visione policentrica del mondo che
andava emergendo dopo la Seconda guerra mondiale. Il sostegno all'Urss
si accompagnava quindi a innovazioni strategiche significative fondate
sulla percezione dell'interdipendenza internazionale. Il rilancio della
“via italiana” in chiave europea, la marcia di avvicinamento alla CEE,
il nuovo cantiere gramsciano volto a valorizzare la dimensione
internazionale del suo pensiero avviarono una stagione di crescente
influenza del Pci di cui si sarebbe giovata per un ventennio la politica
dei suoi eredi. Inoltre, cominciò la proiezione internazionale del
comunismo italiano nei cinque continenti attraverso la costruzione di
una rete sempre più fitta di relazioni anche con forze e movimenti non
comunisti. I rapporti di forza a scala mondiale non giustificavano la
visione dell'Urss come potenza assediata né un internazionalismo fondato
sulle priorità della sua sicurezza. L'Europa divenne quindi il teatro
della battaglia di Togliatti contro la stabilizzazione bipolare e la
visione della coesistenza come condominio mondiale delle maggiori
potenze. Non sorprende che quando Chruš?ëv nel 1960 provocò una grave
rottura con la Cina di Mao, Togliatti cominciasse a essere molto
pessimista sulle sorti del movimento comunista. Opponendosi alla
convocazione di una conferenza internazionale che nei piani di Mosca
doveva escludere la Cina dal proprio campo, egli mise in gioco tutta la
sua influenza per impedirlo e al tempo stesso assunse su di sé la
critica più penetrante delle posizioni cinesi contrarie alla
coesistenza. Ma non si limitò a questo. Riprendendo e attualizzando la
critica gramsciana del 1926 contro l'etnocentrismo sovietico, avanzò un
progetto di riforma del “socialismo reale” e della politica
internazionale dell'Urss che individuava nell'Europa il luogo strategico
di una coesistenza cooperativa volta a superare la “logica dei
blocchi”.
Concepiva la lotta al capitalismo come una sfida per
l'egemonia, costruita sull'unità nella diversità di tutte le forze
interessate a porre fine all'equilibrio del terrore, a rimuovere
gradualmente le strutture della guerra fredda, a mutare i rapporti tra
il Nord e il Sud del mondo, anticipando di un quindicennio il rapporto
Brandt.
La pubblicazione del Promemoria di Yalta portò a
conoscenza dell'opinione pubblica mondiale una sintesi lucida e
drammatica della sua riflessione sulla crisi del comunismo, di cui
Fiocco ricostruisce puntualmente le scansioni nel capitolo conclusivo
del suo libro. Questa bella biografia consente quindi di cogliere
l'unitarietà della figura di Togliatti attraverso le fratture e i drammi
del Novecento che ne segnarono la vita ed egli emerge come un politico
di grande statura intellettuale che oltrepassa i confini dello stesso
“comunismo riformatore” assumendo i tratti caratteristici di un
riformatore italiano.
Togliatti, il realismo
della politica.
Gianluca Fiocco,
Roma Carocci editore 2018