il manifesto 9.1.19
Antirazzismo in campo, il Napoli contro Salvini
La linea «ultrà» del ministro, contraria a fermare gli incontri, bocciata anche da Aic e Uefa
di Adriana Pollice
NAPOLI
Il Calcio Napoli boccia la linea del ministro dell’Interno, Matteo
Salvini, e sui cori razzisti non arretra: in caso di «buuu» dagli
spalti, se l’incontro non dovesse essere sospeso, la squadra è pronta a
lasciare il campo. Il club è «perplesso» per le dichiarazioni del leader
leghista di lunedì alla riunione dell’Osservatorio sulle manifestazioni
sportive, convocata dopo gli incidenti di Inter-Napoli, quando gli
ultras nerazzurri assaltarono i supporter partenopei (quattro i feriti).
Scontri terminati con la morte di Daniele Belardinelli.
Salvini,
con un passato nella Curva A del Milan rivendicato ancora a metà
dicembre, ha ribadito: «No alla chiusura degli stadi, alla sospensione
delle partite in caso di cori offensivi e al divieto di trasferta». Il
presidente partenopeo, Aurelio De Laurentiis, ieri ha confermato il suo
appoggio al ct azzurro Carlo Ancelotti che, già nel dopo partita al
Meazza, aveva spiegato: «Abbiamo chiesto tre volte alla Procura federale
la sospensione per gli ululati contro Kalidou Koulibaly. Ci sono stati
tre annunci ma hanno continuato. La prossima volta ci fermiamo noi,
magari ci danno partita persa a tavolino».
Con Ancelotti si sono
poi schierati molti allenatori di Serie A come Luciano Spalletti, Rino
Gattuso, Eusebio Di Francesco, Filippo Inzaghi e Stefano Pioli. Ieri il
presidente dell’Associazione italiana calciatori, Damiano Tommasi, ha
confermato: «Siamo tutti sulla stessa posizione, non vogliamo vivere in
un clima simile». Ma Salvini non ne vuole sapere: «Il 99% dei 12 milioni
di tifosi è sano e va tutelato», ha insistito lunedì. Niente da fare
neppure per gli striscioni offensivi: «Lo stadio deve essere colorato e
colorito». E sullo stop alle partite: «È difficile trovare criteri
oggettivi. Chi sbaglia paghi ma no a sanzioni collettive». E ieri via
social: «Chiudere le curve e sospendere le partite è la sconfitta del
calcio. Dedicherò tutto me stesso per sradicare la violenza dentro e
fuori gli stadi».
Lunedì il presidente della Figc, Gabriele
Gravina, aveva invece ribadito la necessità di semplificare la procedura
per sospendere le partite causa cori: un primo richiamo a gioco fermo a
centrocampo, il successivo negli spogliatoi; la decisione dovrà
spettare al delegato della sicurezza e non agli arbitri, risolvendo così
un’ambiguità che ha reso intermittente l’utilizzo della sanzione. Per
la linea ferma, del resto, si era già espresso il capo della procura
Figc, Giuseppe Pecoraro: «La partita andava sospesa».
Si è
schierata con il Napoli anche l’Uefa: «La Federazione internazionale dei
calciatori professionisti e la Uefa sono molto preoccupate per questo
inaccettabile incidente razzista e da ciò che sembra come un mancato
rispetto del protocollo antirazzismo ampiamente condiviso». Ieri la Uefa
è tornata a ribadire: «La posizione espressa sul caso di Koulibaly
riflette il pensiero della nostra organizzazione contro il razzismo e la
discriminazione nel calcio», prendendo quindi le distanze dal leader
leghista.
L’ostinazione di Salvini, per un veterano della politica
come Fabrizio Cicchitto, ha una spiegazione semplice: «Vuole i voti
degli ultras». Dalle curve sono arrivati i complimenti al Viminale. Il
capo dei Boys dell’Inter, Franco Caravita, ha commentato: «Sono
d’accordo con Salvini che ha parlato di un maggiore coinvolgimento dei
tifosi. La repressione ha fallito. Nelle curve non c’è razzismo ma solo
campanilismo». E il laziale Fabrizio Piscitelli, al secolo Diabolik: «Se
non si cambia questo metodo repressivo le cose peggioreranno. Ci vuole
un’amnistia per chi ha avuto il daspo».
L’Inter, intanto, ha
deciso di non fare ricorso contro la chiusura per due turni dello stadio
(più un terzo senza curva Nord). Il club ha chiesto alla Figc e alla
Lega Serie A di poter aprire il primo anello ai bambini delle scuole
calcio e a ragazzi del Centro sportivo italiano «per dare un segnale
contro discriminazione e violenza».