il manifesto 8.1.19
Ucraina, «insurrezione dei minatori»: sciopero della fame in quattro stabilimenti
I
sindacati ucraini sono intervenuti più volte con collette per aiutare
queste famiglie, ma anche alla solidarietà c’è un limite, perché questa
situazione ormai si protrae dall’inizio della guerra civile
di Yurii Colombo
Da Ugledar è partita più di un mese fa quella che adesso i giornali ucraini chiamano «l’insurrezione dei minatori».
Ugledar
(letteralmente «Dono del carbone») è un centro di 14mila anime nella
zona del Donbass controllata dal governo ucraino. Il paese sorse nel
1964 quando nella zona vennero scoperti dei giacimenti di carbone. Da
allora il carbone è stata la principale risorsa di sostentamento per la
popolazione. Ancora oggi sono 7mila le persone che lavorano nelle due
miniere di proprietà statale: la Yuzhnodonbasskaya e la Surgay.
Qui,
a inizio dicembre, i minatori sono entrati in sciopero della fame a
rotazione, per ottenere il pagamento dei salari arretrati che li
costringono da mesi alla fame e ora, con l’arrivo dell’inverno, al
freddo.
«Ogni giorno il carbone viene spedito con i tir, in soli 2
mesi sono state estratte 40 tonnellate di carbone solo in una delle due
miniere, ma non ci sono soldi per i nostri stipendi» dichiara Sergey al
giornale Strana. I lavoratori sono ricorsi allo sciopero della fame
quando qualche mese fa, durante un meeting di protesta i servizi segreti
ucraini erano piombati in città minacciando l’arresto dei dimostranti e
condanne fino a 8 anni. «Nella nostra miniera è stato pagato l’ultimo
stipendio il 17 dicembre, ma si trattava dell’arretrato di ottobre. Lo
stipendio di mio marito è 6mila grivne al mese (circa 180 euro N.d.r).
Abbiamo 3 figli e il nostro frigorifero è vuoto. Ci hanno tagliato anche
il riscaldamento ora» racconta Anna.
I sindacati ucraini sono
intervenuti più volte con collette per aiutare queste famiglie, ma anche
alla solidarietà c’è un limite, perché questa situazione ormai si
protrae dall’inizio della guerra civile
Sull’esempio di Ugledar in
altre 4 miniere compresa quella di Yuzhnodonbasskaya sono iniziati gli
scioperi della fame, sostiene il capo del sindacato dei minatori Mikhail
Volynets.
Ma in tutte le 33 miniere del paese i minatori sono sul
piede di guerra. «Sono in rivolta tutte le regioni carbonifere del
paese da Lviv a Volyn, dal Donbass a Kryvbas utilizzando però metodi più
tradizionali di lotta come il rifiuto di abbandonare i pozzi o i
blocchi stradali» dichiara ancora Volynets.
La linea difensiva del
governo è nota. I pozzi lavorano in perdita e i costi di gestione sono
il doppio dei ricavi. E i collaboratori del presidente Poroshenko
ricordano di aver stanziato in estate 50 milioni di euro a sostegno
dell’industria carbonifera. Una miseria che ha permesso appena di tenere
aperti i pozzi, mentre il governo incassava da Ue e Fmi 5 miliardi di
euro. In realtà, secondo i sindacati, si vuole mandare in fallimento le
miniere non per chiuderle definitivamente ma per imbastirci un ultimo
sporco gioco sulle spalle dei minatori. L’oligarca Vitaly Kropachev
sarebbe pronto ad acquistare per pochi spiccioli le miniere in
fallimento dallo Stato, garantendosi al contempo che quest’ultimo poi le
sussidierà con generosità giocando sui timori di un’esplosione sociale
incontrollata.