il manifesto 8.1.19
Regioni in campo contro il ‘decreto sicurezza’
Diritti
negati. La Toscana ufficializza il ricorso alla Consulta. Piemonte,
Umbria ed Emilia Romagna faranno altrettanto, anche Basilicata, Lazio e
Sardegna sul punto di muoversi. Impugnati davanti alla Corte
Costituzionale l'articolo 1 e l'articolo 13 del "decreto Salvini",
quelli che cancellano la protezione umanitaria e l'iscrizione
anagrafica. Porte aperte ai sindaci "disobbedienti", per la decisione
della Corte Costituzionale necessario circa un anno di tempo.
di Riccardo Chiari
FIRENZE
Un fiume in piena. Al ricorso alla Consulta contro il ‘decreto
sicurezza’ da parte della Toscana, ufficializzato con una delibera ad
hoc, si sono aggiunte prese di posizione analoghe da parte di Umbria,
Piemonte ed Emilia Romagna. Mentre Calabria, Lazio, Basilicata e
Sardegna sono sul punto di muoversi. “Ci coordineremo con le Regioni e i
Comuni che ci hanno chiesto di capire cosa stiamo facendo – tira le
somme il presidente toscano Enrico Rossi – siamo già in contatto. Si sta
creando un movimento davvero ampio. E nella delibera abbiamo
puntualizzato che vogliamo rivolgerci ai Comuni: siamo a disposizione
per consentire anche a loro il ricorso alla Consulta, perché possono
farlo attraverso le Regioni, è stabilito per legge. Il ricorso sarà
redatto dalla nostra avvocatura, quindi non spenderemo fuori niente, e
inviato entro un mese. Poi sarà la Corte Costituzionale che si
pronuncerà”. Fra circa un anno, osservano in proposito gli addetti ai
lavori.
Sono tre i passaggi del testo del “decreto Salvini”
impugnati dalla Toscana. “L’oggetto del ricorso è principalmente
l’articolo 1 – spiega Rossi – quello cioè che elimina la protezione
umanitaria. Pensiamo infatti che questo sia un modo per aumentare il
numero degli irregolari, non consentendo quindi di svolgere fino in
fondo il nostro ruolo, previsto anche dalla Costituzione, di assistere
in maniera universalistica le persone sul profilo delle cure,
dell’assistenza sociale essenziale ed elementare, penso a un tetto o un
piatto di minestra calda, e dell’istruzione come diritto fondamentale”.
Questo, secondo la delibera, va contro agli articoli 2, 3, 10 e 117
della Costituzione.
Altro articolo contestato del decreto è il
numero 13: “Eliminando l’iscrizione anagrafica – osserva sul punto il
presidente toscano – l’articolo rende invisibili queste persone.
Spariscono, non sappiamo dove cercarle e come poterle assistere. Un
medico mi faceva presente che i ragazzi, i bambini, non essendo iscritti
all’anagrafe non si possono neppure vaccinare. La Costituzione però ci
dice che la salute è un diritto fondamentale, che non appartiene al
cittadino ma alla persona, ed è allo stesso tempo interesse della
collettività, come già specificato dalla Consulta”.
Dalla
Sardegna, l’assessore regionale Filippo Spanu anticipa un’altra mossa
politica: “Ci stiamo muovendo in coordinamento con le altre Regioni per
richiedere un confronto politico al governo in sede di Conferenza delle
Regioni, nello specifico con la commissione delle migrazioni”. Mentre il
presidente laziale Nicola Zingaretti annuncia: “Nella legge regionale
di bilancio abbiamo stanziato 1,2 milioni di euro per non far chiudere
gli Sprar”, i centri di accoglienza diffusi sul territorio.
Nella
scia di Leoluca Orlando e Luigi De Magistris si stanno muovendo infine
anche molti sindaci, nell’attesa del direttivo Anci di giovedì. Sul
punto il vicepresidente dell’associazione Roberto Pella, forzista,
invita “a rispettare sempre la legge”. Sembra rispondergli Enrico Rossi,
quando puntualizza: “I sindaci non sono dei ‘pierini’, ma persone
elette che consapevolmente si assumono la responsabilità di sottoporsi a
un procedimento penale”. A ruota un’ultima osservazione: “Da parte
nostra non stiamo facendo disobbedienza civile, stiamo esercitando un
diritto-dovere. La nostra è una democrazia complessa, e bisogna che si
abitui anche Salvini a vivere dentro una democrazia complessa, in cui ci
sono istituzioni e bilanciamenti di poteri. Aggiungo solo che apprezzo
molto i sindaci per le posizioni che hanno preso. Anche quelli che
dicono che non si può non applicare la legge, ma si dichiarano
apertamente contrari al decreto”.