Corriere 8.1.19
«Decreto sicurezza incostituzionale»
I ricorsi delle Regioni di centrosinistra
Le scelte dal Piemonte all’Umbria. Sea Watch, alcuni migranti in sciopero della fame
di Fabrizio Caccia
ROMA
Si allarga il fronte delle Regioni «rosse» mobilitate contro il decreto
sicurezza. La Toscana di Enrico Rossi, l’Umbria di Catiuscia Marini e
l’Emilia-Romagna di Stefano Bonaccini ieri hanno deliberato
ufficialmente il loro ricorso alla Consulta. Ma anche il Piemonte di
Sergio Chiamparino, dopo averlo da giorni annunciato, ha concluso che
esistono «le condizioni giuridiche» per presentarsi davanti alla Corte
Costituzionale. Il decreto, secondo i governatori, impedendo il rinnovo
del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avrà ripercussioni sulla
gestione dei servizi sanitari e assistenziali che sono di competenza
delle Regioni. Così, sono ormai prossime al passo formale anche la
Sardegna di Francesco Pigliaru, la Calabria di Mario Oliverio e la
Basilicata della vicepresidente reggente Franca Franconi. E farà lo
stesso pure il Lazio di Nicola Zingaretti, il governatore candidato alle
primarie del Pd: «Il decreto è vergognoso, rende i migranti fantasmi —
ha detto ieri Zingaretti —. Abbiamo già stanziato 1,2 milioni di euro
per non far chiudere gli Sprar».
«Questo decreto porterà più
insicurezza — è anche la tesi del governatore della Toscana, Enrico
Rossi —. Lascerà persone senza diritti, accrescerà il numero di
irregolari». Ma, avverte Rossi, questo non significa sposare la linea
dei sindaci dissidenti, da Orlando a de Magistris: «Non abbiamo
intenzione di compiere atti di disobbedienza civile», chiarisce il
governatore. A tutti loro, ieri, ha replicato il ministro dell’Interno,
Matteo Salvini: «Sono sconvolto. Toscana, Piemonte e Umbria contro il
decreto sicurezza? Mi sto facendo mandare il numero dei cittadini delle
tre regioni che aspettano una casa popolare: mi fa specie che ci siano
sindaci e governatori che invece di fare il loro lavoro si preoccupano
di cose del governo. Mi fa specie l’ignoranza di alcuni governatori,
penso a quello del Lazio, che parlano di diritto alla salute violato: se
oggi un immigrato fa ricorso al pronto soccorso, gli vengono concesse
tutte le cure necessarie».
Ma il titolare del Viminale, in queste
ore, è alle prese anche col caso migranti. Non solo Papa Francesco.
Ieri, per la prima volta, anche la Comunità ebraica di Roma ha fatto
sentire la sua voce sul caso dei 49 profughi ancora a bordo delle due
navi delle Ong Sea Watch e Sea Eye: «La vita umana è sacra e deve essere
anteposta a qualsiasi considerazione politica». Salvini, però, va
avanti per la sua strada: «Possono farmi tutti gli appelli che vogliono,
io non cambio idea. Aspettiamo novità da Malta, Berlino o
Amsterdam...». I porti dell’Italia restano chiusi, insomma, anche se il
commissario Ue per l’immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha chiamato i
vari leader europei per assicurare uno sbarco già nelle prossime ore dei
49 migranti da giorni al largo di Malta. Secondo fonti diplomatiche,
una decina di Paesi tra cui l’Italia stessa, eppoi Germania, Francia,
Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Romania si sarebbero offerti per
accoglierli appena La Valletta si deciderà a dare l’ok allo sbarco. Ma è
proprio questo il nodo: il governo maltese chiede che oltre ai 49 siano
ridistribuiti nell’Ue anche gli altri 249 profughi da loro salvati di
recente. Così, in attesa di sviluppi, la situazione a bordo delle due
navi si fa difficile: l’acqua ormai è razionata e alcuni dei profughi
hanno deciso di cominciare lo sciopero della fame. Si temono gesti di
autolesionismo. Salvini, però, ieri ha ribadito la chiusura totale
all’arrivo in Italia persino delle donne, dei bambini e dei loro
familiari a bordo, 15 persone in tutto, a cui invece avevano aperto uno
spiraglio il premier Conte e il vicepremier Di Maio. «Uno, 15, 150. No,
non arriveranno. Sarebbe un segnale di cedimento. Farebbe dire agli
scafisti “continuiamo ad andare a prenderli perché tanto prima o poi in
Italia ci arrivano”. E invece io dico basta».