il manifesto 6.1.19
Scisma ortodosso, l’Ucraina si fa una chiesa «in casa»
Geopolitica
della fede. Con una cerimonia a Istanbul dichiarato ufficialmente
«autocefalo» il patriarcato di Kiev. Già tra il 1917 e il 1922, con il
sostegno delle forze bianche e antibolsceviche, si assistette a un primo
tentativo di staccare il capitolo ucraino da quello di Mosca
di Yurii Colombo
MOSCA
La scissione nella Chiesa Ortodossa, già preannunciata da qualche mese,
è da ieri ufficiale. Con una cerimonia a Istanbul a cui hanno
partecipato il patriarca ecumenico Bartolomeo e il presidente ucraino
Petr Poroshenko è stato firmato il «tomos» (decreto) con cui viene
dichiarato «autocefalo» il patriarcato ucraino. L’indipendenza della
chiesa di Kiev da quella di Mosca, sin dalla data, ha un evidente
significato simbolico visto che proprio oggi in ossequio al calendario
giuliano, si celebrerà il Natale in tutto il mondo ortodosso. La disputa
teologica e religiosa che ha condotto alla decisione di Istanbul
affonda in un passato lungo oltre 300 anni ma le sue ricadute politiche
hanno già iniziato a manifestarsi e aprono un nuovo capitolo nello
scontro che oppone i due paesi slavi da ormai 5 anni.
GIÀ TRA IL
1917 E IL 1922, durante la rivoluzione russa, con il sostegno delle
forze bianche e antibolsceviche, si assistette a un primo tentativo di
staccare il capitolo ucraino dal patriarcato di Mosca. In seguito, nel
1991, con l’indipendenza dell’Ucraina dall’Urss, il primo presidente
ucraino Leonid Kuchma si adoperò per giungere alla formazione di una
chiesa ucraina indipendente, ma solo il tentativo dell’attuale
presidente, intrapreso nella primavera di quest’anno è riuscito
nell’impresa.
L’11 ottobre scorso, il Sinodo della chiesa di
Costantinopoli dichiarò la cancellazione della decisione del 1686 di
trasferire la metropoli di Kiev alla giurisdizione della Chiesa russa e
annunciò anche la rimozione dell’anatema precedentemente imposto al
patriarcato di Kiev. Poroshenko, che ha definito la decisione di
Istambul «storica per il nostro popolo e per tutta la cristianità», ora
cercherà di capitalizzare questo suo successo nella battaglia elettorale
delle presidenziali, indette per il 31 marzo. I sondaggi però lo danno
staccato di ben 8 punti dalla favorita Yulia Timoshenko ma soprattutto
solo al quinto posto nelle preferenze tra i candidati in corsa.
Il
«tomos» ha inevitabilmente suscitato l’ira del patriarca di Mosca
Kirill. Il patriarca ha definito non solo «avventurista e illegale la
decisione» ma anche un tentativo per «peggiorare i rapporti tra ucraini e
russi preparando le condizioni per la guerra».
NELLE SCORSE
SETTIMANE alcuni segnali ci sono già stati in questo senso. Il governo
ucraino ha fatto sequestrare alla frontiera la tiratura degli opuscoli
ai fedeli per il Natale di Kirill e ha dato lo sfratto ai seguaci di
Mosca dal monastero di Pecerska Lavra di Kiev, il più celebre e antico
di tutta la Russia. Decisioni che hanno provocato un netta condanna del
Ministero degi Esteri russo che ha accusato Poroshenko di «voler
accendere il fuoco della guerra civile».
Al Cremlino si resta
convinti che tutta la vicenda sia stata montata ad arte prima che a
Istanbul o a Kiev, a Washington, dove secondo Sergey Lavrov «si è
tramato a lungo perché andasse a buon fine». Ora la chiesa di rito
moscovita si appresta a contendere a quella «autocefala» fedele dopo
fedele e parrocchia dopo parrocchia ricordando che ogni credente «ora
deve decidere da che parte stare». Ma guarda anche avanti. La decisione
di Istanbul decreta di fatto anche lo scisma all’interno
dell’ortodossia, visto che la chiesa russa, quella con maggiori fedeli a
livello internazionale, ha già rotto da mesi i rapporti con
Costantinopoli. «Il patriarca Bartolomeo oggi si è definitivamente
separato dall’ortodossia mondiale unendosi allo scisma». ha dichiarato
padre Georgy, portavoce di Kirill.
«ORA PER NOI si apre il mondo
anche in termini di proselitismo su scala mondiale», ha concluso Georgy,
ricordando che le chiese nazionali ortodosse sono quasi tutte
indipendenti, e il Patriarca Bartolomeo è sempre stato solo considerato
solo un primus inter pares, un titolo che avrebbe però definitivamente
perso dopo questa vigilia di Natale che gli ortodossi sicuramente
ricorderanno a lungo.