il manifesto 5.1.19
La scossa tanto attesa, riecco la sinistra palestinese
Palestina.
Cinque partiti hanno annunciato la formazione a Gaza e in Cisgiordania
dell’Unione democratica (Ud), un terzo polo alternativo ai due partiti
maggiori, Fatah e il movimento islamico Hamas. Lotta all'occupazione
israeliana, fine degli Accordi di Oslo e giustizia sociale sono le
parole d'ordine
di Michele Giorgio
E pur si
muove! La celebre frase attribuita a Galileo commenta alla perfezione la
scossa avvenuta nella sinistra palestinese che, come nel resto del
mondo, non se la passa bene. Cinque partiti, alcuni con una radice
marxista come il Fronte popolare (Fplp) e il Fronte democratico (Fdlp),
altri riformisti come Iniziativa Nazionale del parlamentare e attivista
Mustafa Barghouti, il Partito del popolo (Ppp, ex comunisti) e Feda
(socialdemocratici), hanno annunciato due giorni fa la formazione a Gaza
e in Cisgiordania dell’Unione democratica (Ud), una sorta di terzo polo
alternativo ai due partiti maggiori, Fatah del presidente Abu Mazen e
il movimento islamico Hamas. Un passo atteso da tempo che vuole ridare
un punto di riferimento concreto, e un po’ di entusiasmo, ai tanti
palestinesi che non condividono le posizioni dei laici di Fatah che
controllano le città autonome in Cisgiordania e quelle degli islamisti
al potere nella Striscia di Gaza.
«Fatah e Hamas non sono nostri
nemici e con loro percorreremo sempre la via del dialogo, il nostro
nemico è Israele che opprime il popolo palestinese e nega i suoi
diritti. Allo stesso tempo Fatah e Hamas sono due organizzazioni di
destra e portano avanti politiche che noi non condividiamo in gran parte
dei casi» dice al manifesto Mariam Abu Daqqa, storica dirigente del
Fronte popolare e una delle leader delle donne nella Striscia di Gaza.
«Posizioni diverse dalle nostre e in conflitto tra di loro. – aggiunge
Abu Daqqa – La voglia di potere (da parte di Hamas e Fatah) ha
contribuito ad aggravare la condizione dei palestinesi e a fallire
l’obiettivo principale: la liberazione dall’oppressione israeliana»
aggiunge Abu Daqqa. L’Ud, prosegue la dirigente del Fplp, vuole
rappresentare agli occhi della popolazione una alternativa progressista e
democratica nella lotta di liberazione, così come in politica, economia
e società. «E per realizzare questi obiettivi abbiamo bisogno di
maggior progresso e della partecipazione delle donne», conclude Abu
Daqqa.
Da alcuni giorni è al lavoro un comitato che racchiude i
rappresentanti delle cinque formazioni, con l’incarico di definire le
strategie per combattere quelle che l’Unione democratica ritiene le
malattie che stanno uccidendo la causa palestinese. «A cominciare dagli
Accordi di Oslo (con Israele 1993)» ci spiega Iyad Abu Rahme, ex
portavoce del Fplp, «che si sono rivelati una trappola per il nostro
popolo. La loro fine è essenziale per ridare slancio all’idea di un
progetto politico di tutti i palestinesi e per mettere fine allo scontro
tra Fatah e Hamas». Khaled al Khatib, del Feda, teorizza una «strategia
per costruire la giustizia sociale e creare uno Stato palestinese
indipendente con piena sovranità sui Territori palestinesi occupati da
Israele». Strategia che, prevede al Khatib, deve realizzarsi «sotto
l’egida dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp),
l’unico e legittimo rappresentante di tutti i palestinesi».
Se la
fine, graduale, degli Accordi di Oslo e la rinascita dell’Olp
rappresentano un principio condiviso, le cinque formazioni dell’Ud non
si esprimono, o almeno non ancora, sul futuro dell’Autorità nazionale
palestinese nata dalle intese del 1993 tra l’Olp e Israele. Così come
non hanno ancora deciso una posizione comune su una soluzione a Due
Stati (Israele e Palestina) o a Stato unico non sionista sull’intero
territorio storico della Palestina, per ebrei e palestinesi insieme.
Dall’Ud giungono voci di discussioni accese tra i rappresentanti del
Fplp e del Fdlp, più orientati verso lo Stato unico, o almeno
binazionale, e i partiti più moderati, Ppp e Feda, favorevoli ai Due
Stati. Non meno importante sarà capire nelle prossime settimane con
quali politiche ed iniziative pubbliche l’Unione democratica pensa di
strappare a Fatah e soprattutto ad Hamas a Gaza il favore di milioni di
palestinesi. Tenendo conto anche che l’unico dei cinque partiti della
coalizione che gode di un consenso di un certo rilievo è il Fplp mentre
le altre formazioni appaiono più marginali se non residuali all’interno
della società e della politica palestinese.