il manifesto 4.1.19
Oltre la scomparsa del sacro, quando il culto non è che narrazione
Scaffale.
Il «Catalogo delle religioni nuovissime» di Graziano Graziani per
Quodlibet. Un’indagine su decine di pseudo fedi condotta tra giornalismo
e letteratura
di Gennaro Serio
Il grande
scrittore cattolico G. K. Chesterton non avrebbe apprezzato la visione
di Kurt Vonnegut secondo la quale una religione è una finzione
letteraria. Tuttavia, tra i due, quello che compare come fondatore di
una chiesa è lo scrittore americano: trattasi del Bokononismo, di cui
l’autore parla nel suo romanzo Ghiaccio-nove.
NEL FLORILEGIO di
pseudo-religioni che Graziano Graziani ha raccolto (Catalogo delle
religioni nuovissime, Quodlibet, pp. 396, euro 17,00), sparito il sacro,
del culto non resta che la narrazione, o alla peggio il management
corredato dalle sue policy.
Così da chiese votate a uno spirito
apertamente goliardico affiorano istanze politiche e sociali,
dall’ecologismo tragicomico del Movimento per l’estinzione volontaria,
che chiede ai fedeli di non riprodursi per liberare le altre specie
viventi dall’oppressione dell’uomo, all’ordine queer delle Sorelle della
perpetua indulgenza che venerano tra gli altri Padre Fellatio e Suor
GladAss, passando per il pacifismo paradossale del Prodigioso Spaghetto
Volante adorato dai pastafariani, che invece di chiedere sacrifici umani
in suo nome, «condisce» il suo Verbo con la memorabile massima: «Se
qualcuno non crede in Me, pace, nessun problema». Al capitolo «religioni
pop» compaiono il Jedismo (da Star Wars), e la chiesa Maradoniana (60
mila seguaci), per poi passare agli adoratori di John Coltrane e di
Groucho Marx.
TRA I «CULTI POPOLARI» troviamo coloro che vedono
divinità marittime nelle navi cargo che passano al largo delle loro
isole, in Vanuatu, e i devoti di San Ernesto Che Guevara, «santo ateo»
di un paesino boliviano. Tra le religioni a carattere politico figurano
invece, oltre all’Essere Supremo di Robespierre l’Incorruttibile, la
mistica fascista e un novello culto di Putin.
Graziani aveva già
sperimentato la vertigine della lista con l’Atlante delle micronazioni,
un viaggio nel quale raccontava i più piccoli e strampalati casi di
auto-proclamazione nazionale, scogli isolati nell’oceano e giardini di
casa compresi: una ricerca di identità condotta attraverso la
demarcazione di un territorio e la creazione di un proprio «racconto di
fondazione». Con questo secondo tassello prosegue un’ingegnosa
operazione culturale di reductio ad absurdum, non priva di un soffuso e
flaubertiano cinismo, che sposta l’attenzione dal concetto di Stato a
quello di Chiesa: i grandi centri di potere dell’età moderna.
Un
percorso che sembra configurarsi come un work in progress a cavallo tra
giornalismo e letteratura, e che si proietta verso la contemporaneità da
un’accattivante prospettiva laterale: non a caso il libro si chiude con
una rassegna di riti ufologici e occultistici. Gli echi patafisici da
Alfred Jarry, e quelli letterari da Il pendolo di Foucault, a trent’anni
esatti dalla sua pubblicazione, rimandano a quel cupo mondo in cui,
esaurita la funzione dell’enciclopedia ufficiale e l’influenza delle
antiche chiese, tanti si sono abbandonati all’idea che «tutto c’entra
con tutto», e qualcuno s’è persino persuaso di essere la reincarnazione
del Conte di Saint-Germain.
SCORRENDO L’ELENCO di culti non così
nuovi è facile rendersi conto che tra i più estrosi riti psichedelici e
le grandi religioni monoteiste sussistono differenze troppo sottili. E
se troviamo ridicola la religione che annuncia senza tema di smentita
che il mondo è stato creato giovedì scorso e finirà giovedì prossimo,
non si capisce perché dovremmo trovare meno ridicolo «il dialogo di un
pastore israelita con un roveto ardente».
L’ANNUNCIO DI JARRY, per
bocca di Padre Ubu, risuona da oltre un secolo con rinnovata attualità:
«La patafisica è una scienza che abbiamo inventato e il cui bisogno si
faceva generalmente sentire». Nulla a che vedere con il «religioso» di
cui si trova traccia in quello che forse è il vero culto contemporaneo, e
che compare nel catalogo di Graziani all’ultima pagina, sotto mentite
spoglie: è La chiesa del tempo presente, dalla quale scaturisce tanto
l’immobilismo politico e filosofico dell’Occidente, quanto l’impostura
di fronte all’ansiogeno scenario dell’iper-connessione globale.