il manifesto 4.1.19
Spinoza nelle lezioni di Antonio Banfi
di Alberto Olivetti
Il
corso monografico dell’anno accademico 1934-1935 è dedicato da Antonio
Banfi, titolare di Storia della filosofia nell’Università di Milano,
alla figura ed all’opera di Baruch Spinoza. «Il corso su Spinoza. La
vita, le opere, la sua filosofia del 1934-35, ha scritto Livio
Sichirollo, fece epoca. Lo ricordano gli scolari della ‘Statale’ degli
anni Trenta, non tutti necessariamente ‘filosofi’ (è un dato abbastanza
significativo di una ‘scuola’ che andava già delineandosi).
Le
‘dispense’ non ebbero la solita vita effimera: furono ricercate di anno
in anno, passarono di mano in mano, giunsero fino alla generazione
successiva». «Quel corso, continua Sichirollo, inquadrato fra altri
sull’elaborazione filosofica dei principi religiosi ed etici, aveva
scosso per il suo tono alto, per il suo impegno civile, per l’‘ostinato
rigore’ con il quale il presente e i suoi problemi sollecitavano la
storia della filosofia». Il presente del fascismo, così pervasivo e
permeante, in quei mesi che ne segnarono elevati picchi di esteso e
crescente consenso, ed il magistero di un docente che si afferma come un
esempio di quali responsabilità e doveri comporti, dalla cattedra,
l’esercizio pubblico della filosofia. E quel compito che Banfi allora si
assume di restituire puntualmente le vicende della breve ed intensa
vita, accanto all’esame scrupoloso degli scritti, quell’intento, cioè,
di delineare la personalità di Spinoza (1632-1677), «veniva acquistando
rilievo, sottolinea Sichirollo, proprio nel suo smarrirsi come fatto
individuale, nel suo essere calata la personalità nel movimento della
cultura e della storia». Darsi il compito di penetrare il pensiero di
Spinoza non per mostrarne la interna tenuta, ma per saggiarne, diresti,
la gittata, la portanza alla stregua della temperie storica nell’Europa
di quei cruciali anni Trenta. E la passione di Banfi «per il politico,
per le società in crisi, e pertanto in formazione, dice ancora
Sichirollo, trovava (in Spinoza) alimento inesauribile».
Del
resto, in quelle dispense, venendo Banfi a considerare il metodo di
Spinoza, tra l’altro si legge: «le famose pagine con cui si inizia il De
intellectus emendatione per noi non sono una confessione di tipo
agostiniano; quella di Spinoza non è una storia personale, ma è una
specie di fenomenologia della coscienza filosofica la quale dall’interno
dell’esperienza concreta della vita si risveglia». E nemmeno la docenza
spinoziana di Banfi è, a ben vedere, un mero capitolo della sua storia
personale. Questo ragionare di Banfi su concretezza della vita e
coscienza filosofica, su un esperire e un pensare (l’uno all’altro, in
Spinoza, intimamente inerenti), mette infatti capo, nelle lezioni tenute
da Banfi, ad una speciale correlazione che viene profilandosi quasi di
conseguenza: come la vita di Spinoza è sussunta nel suo pensiero, così
l’effettuale vivere di Banfi si invera quale coscienza filosofica nel
suo pensare Spinoza nell’anno 1935.
Di questa latitudine del suo
filosofare Banfi mostra adeguata consapevolezza. Ad esempio quando a
lezione dichiara: «Spinoza ha posto un problema: qual sia l’essenza
strutturale del pensiero che coglie l’intimo della realtà. Egli non ha
risolto tale problema, ma l’ha posto nella sua forma tipica e netta, in
modo da rendere possibili le soluzioni definitive. È difficile poter
dire fin dove arriva Spinoza e dove s’inizia la nostra interpretazione.
Davanti ad una personalità quale la spinoziana ci importa non soltanto
il suo problema filosofico tipico, bensì anche come la sua personalità
lo ha vissuto». Se si tratta, allora, di cogliere l’intimo della realtà
nell’Europa dell’anno 1935 non lo si potrà declinando semplicemente il
nesso vita-filosofia nei termini di un rapporto tra politica e cultura
secondo le modalità dell’impegno, ma elaborando invece una congrua
essenza strutturale del pensiero entro i presupposti di Spinoza. Nel
ribadirli, Banfi dice che «vi è in Spinoza una tale pienezza di vita
oltre che di pensiero, che qualche volta la vita foggia il pensiero
nella sua esigenza stessa».
Tanto che il metodo di Spinoza è
inteso ad una totalizzazione della vita, decantato fino a conseguire una
purificazione dell’intelletto e del vissuto.