Corriere 4.1.19
L’analisi di Musto (Einaudi)
Marx libero dai pregiudizi dei marxismi
di Umberto Curi
Non
accade spesso che la pubblicazione di un libro segni una svolta negli
studi relativi ad un autore. È più frequente il caso di saggi che, nella
migliore delle ipotesi, si limitano ad aggiornare il quadro, o che
sviluppano aspetti settoriali specifici, senza intraprendere una
revisione complessiva. Prevale largamente, insomma, l’attitudine a
lavorare all’interno di un paradigma già consolidato, piuttosto che
proporre un approccio talora arrischiato, ma realmente innovativo.
Questo
orientamento generale è ancora più nettamente riscontrabile negli
scritti riguardanti il pensiero di Karl Marx. Dopo la vera e propria
orgia ideologica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso,
quando i testi del filosofo furono utilizzati per legittimare le
posizioni politiche più diverse e spesso più stravaganti, e dopo il
quasi totale oblio conseguente alla cosiddetta «crisi del marxismo», i
pochi libri dedicati all’autore del Capitale comparsi negli anni più
recenti si sono segnalati per la riproposizione di stereotipi logori,
senza alcun serio tentativo di leggere Marx come sarebbe stato giusto e
doveroso, vale a dire come un grande protagonista della ricerca teorica
contemporanea, degno di appartenere ad un’ideale galleria di pensatori
classici.
Si può anzi rilevare un paradosso rivelatore. Fino a
ieri (anzi, come si vedrà fra breve, letteralmente fino ad oggi) il Marx
del quale si è ricominciato a parlare è il profeta della società
comunista, l’acerrimo denigratore del capitalismo, il fautore di una
filosofia del proletariato denominata «materialismo storico» — vale a
dire un personaggio che, se ci si attiene rigorosamente ai suoi scritti,
anziché avallare improbabili leggende fiorite all’ombra delle ideologie
novecentesche, nulla in realtà ha a che vedere con la reale identità
teorica del pensatore di Treviri. Fra i numerosi esempi che si
potrebbero citare, per dimostrare le vere e proprie deformazioni che la
sua opera ha dovuto subire, basti ricordare l’intransigenza con la quale
egli aveva più volte sottolineato di non aver mai enunciato un «sistema
socialista», ribadendo la sua totale refrattarietà a «prescrivere
ricette per le osterie dell’avvenire».
Il grave e inescusabile
ritardo nell’«essere giusti con Marx» (per parafrasare il titolo
dell’opera nella quale Jacques Derrida fa i conti con Freud) è oggi
finalmente colmato con la pubblicazione del libro di Marcello Musto Karl
Marx. Biografia intellettuale e politica 1857 -1883 (Einaudi, pagine
XI-329, e 30). Il testo è costruito sulla base di un’opzione
metodologica al tempo stesso semplice ed estremamente efficace:
delineare il contributo teorico contenuto negli scritti marxiani redatti
fra il 1857 (l’anno dei Grundrisse, per intendersi) e il 1883 (anno
della morte di Marx), contestualmente alla descrizione dei principali
eventi della sua vita. E con ciò reagendo alla tendenza ancor oggi
persistente a separare la narrazione dell’esistenza di Marx dalla sua
elaborazione teorica.
Ne risulta un’opera in ogni senso magistrale
per l’acribia della documentazione filologica, il rigore della
trattazione, la cristallina chiarezza espositiva, l’originalità
dell’approccio interpretativo. Già autore di altri fondamentali
contributi alla comprensione del pensiero marxiano — fra i quali,
Ripensare Marx e i marxismi (Carocci, 2011) e L’ultimo Marx (Donzelli,
2016) — Musto ci consegna ora un testo che sconvolge il sonnolento
scenario dell’esangue letteratura marxologica, per consegnarci la viva
attualità del pensiero di un grande autore classico.