il manifesto 3.1.19
Reddito di sudditanza, parte la gara a chi è più razzista e controllore della vita dei poveri
Workfare
all'italiana. Destre scatenate contro l'estensione potenziale del
sussidio di povertà detto impropriamente "reddito di cittadinanza" a una
platea di 200 mila famiglie straniere residenti in Italia da più di 5
anni. Dalla maggioranza rispondono che contro i "furbetti" sono previsti
sei anni di carcere
di Roberto Ciccarelli
Senza
aspettare la pubblicazione del decreto sul sussidio di sudditanza (il
«reddito di cittadinanza» che regalerà 5-6 mesi di sgravi alle imprese)
tra i Cinque Stelle, Forza Italia o Fratelli d’Italia è partita la gara a
chi è più razzista, attento a promettere più anni di galera ai «poveri»
che disobbediranno allo Stato-etico controllore. Ieri, le destre hanno
dato vita a una serie agghiacciante di dichiarazioni sull’estensione del
sussidio a quasi 200 mila famiglie stimate (su una platea di 1.375.000)
straniere residenti da più di 5 anni in Italia che hanno lavorato, e
oggi risultano «povere assolute». I Cinque Stelle, invece, ricordano che
per i «furbetti» italiani ci sono sei anni di galera se lavoreranno in
nero mentre percepiscono il sussidio. Sempre che accettino di
assoggettarsi al sistema punitivo che sarà adottato, in linea di
continuità con il «workfare» adottato in tutta Europa. Le destre
sembrano volere attribuire le funzioni di controllo agli ispettori del
lavoro. Compito che, in realtà, non dovrebbe spettargli. Avranno anche
«abolito la povertà», ma hanno trasformato i poveri in potenziali
criminali a cui sarà contestato il «reato di cittadinanza». Il dibattito
è questo.
L’estensione agli stranieri è, per i populisti, un
problema. Inizialmente avevano previsto di riconoscere il loro sussidio
solo ai residenti da 10 anni. L’ipotesi aveva sollevato obiezioni di
incostituzionalità. Elemento presente anche nell’opzione a 5 anni. Nel
clima «sovranista» il problema sembra un altro: l’ipotesi di lesa
«cittadinanza» in nome del «prima gli italiani». Nessuno ricorda che
tale estensione era già prevista dal «reddito di inclusione» (ReI),
proprio quello del Pd. Prima erano 2 anni di residenza, ora sono cinque
quelli richiesti per presentare domanda. L’impresa gialloverde è il
potenziamento, con ben altre risorse, del «ReI». Il nuovo sussidio sarà
compatibile con quello di disoccupazione «Naspi», mentre il «ReI» non lo
era, purché non superi la soglia del reddito annuo, 6 mila euro
incrementati di caso in caso. Tra ieri e oggi ci sono differenze
nell’aspirazione autoritaria al controllo della vita dei poveri. A
ciascuno il suo: chi più, chi meno.