il manifesto 31.1.19
Amnesty, le agenzie del turismo online legittimano le colonie israeliane
Territori
occupati. Il centro per i diritti umani in un rapporto mette sotto
accusa Airbnb, Booking.com, Expedia e TripAdvisor: promuovono
l'occupazione israeliana a danno dei diritti dei palestinesi. Il governo
Netanyahu pronto a bandire Amnesty dal paese
di Michele Giorgio
GERUSALEMME
«Né la polizia né le forze armate di Israele sono venute a raccogliere
la mia testimonianza sull’uccisione di mio nipote». Faraj Naasan ha
voglia di raccontare, e non solo ai giornalisti, del fine settimana di
sangue in cui Hamdi Naasan, figlio 38enne di suo fratello, è stato
ucciso dalle guardie di sicurezza dell’avamposto coloniale israeliano di
Adei Ad – l’ha detto subito anche l’esercito – entrate nel villaggio
palestinese di al Mughayyir, a qualche chilometro da Ramallah, facendo
fuoco sugli abitanti accorsi per fronteggiarle. Un raid scattato, pare,
dopo il lieve ferimento di una di quelle guardie da parte di un
palestinese. I coloni sostengono di aver «sventato un sequestro». Lunedì
la polizia è andata ad al Mughayyir per fare dei rilievi senza
rivolgere alcuna domanda agli abitanti. E la stampa israeliana riferisce
che gli investigatori devono ancora interrogare i membri della squadra
di sicurezza di Adei Ad.
Emerge ancora una volta il garantismo
compiacente di esercito e polizia di Israele verso i coloni accusati di
violenze contro i palestinesi. Nonostante l’aumento netto di atti
violenti compiuti dai settler registrato dai centri per i diritti umani.
E questa compiacenza non cesserà ora con le elezioni israeliane alle
porte e il controllo di tutta Eretz Israel – la biblica Terra di Israele
“presidiata” proprio dai coloni – tra i temi al centro della campagna
elettorale dei partiti della destra (e non solo).
Lo sdoganamento
dei coloni nei Territori palestinesi occupati non è portato avanti
soltanto dai partiti israeliani e dal governo Netanyahu. A legittimarli,
ad esempio, sono i giganti globali delle prenotazioni turistiche
online. A denunciarlo è uno studio di Amnesty International pubblicato
ieri con il titolo “Destinazione occupazione”. Airbnb, Booking.com,
Expedia e TripAdvisor, scrive il centro per i diritti umani, stanno
speculando su crimini di guerra israeliani. Favoriscono, aggiunge,
l’espansione degli insediamenti coloniali in Cisgiordania che traggono
profitto dallo sfruttamento a fini turistici di terre e risorse
appartenenti ai palestinesi. Sotto i riflettori c’è ancora una volta
Airbnb che pure lo scorso novembre aveva indicato di voler rimuovere
dalle sue destinazioni le colonie in Cisgiordania, ma non da Gerusalemme
Est che è a sua volta un territorio occupato e che compare oltre 100
volte tra le sue destinazioni. Le proteste del governo israeliano e le
minacce di sanzioni, anche americane, sembrano aver congelato
l’intenzione, almeno in apparenza, di Airbnb di non violare la legge
internazionale.
«Negli ultimi anni – rileva Amnesty – il governo
israeliano ha investito molto nello sviluppo dell’industria turistica
negli insediamenti (coloniali). Definisce determinate destinazioni come
luoghi turistici per giustificare la confisca di terre e abitazioni
palestinesi e spesso costruisce intenzionalmente insediamenti nei pressi
dei siti archeologici per porre enfasi sulle connessioni storiche del
popolo ebraico con la regione».
L’attenzione di Amnesty si è
rivolta in particolare alla campagna “Campeggio nel deserto israeliano”
con cui Airbnb, Booking.com ed Expedia promuovono «un’esperienza nella
tranquillità del deserto e un assaggio della calda ospitalità
israeliana» nella Cisgiordania occupata. TripAdvisor propone «un parco
nazionale, un museo, un tour nel deserto e un’attrazione a tema biblico
nei pressi (della colonia) di Kfar Adumim». Seema Joshi, di Amnesty,
ricorda che a causa dell’espansione di Kfar Adumim molti pastori beduini
hanno perso i mezzi di sostentamento e ora dipendono dagli aiuti
umanitari. Senza dimenticare che Kfar Adumim è situato a meno di due
chilometri dal villaggio di Khan al Ahmar, sede della “Scuola di gomme”
costruita dalla ong italiana “Vento di Terra”, che rischia la
demolizione dopo il via libera dato dalla Corte suprema israeliana.
Amnesty
chiede di seguire l’esempio dell’Irlanda, dove il parlamento ha votato
una legge che prevede pesanti sanzioni per chi importa merci prodotte
delle colonie israeliane. Pronta la reazione del governo Netanyahu che
sta ora valutando se bandire totalmente Amnesty da Israele.