il manifesto 31.1.19
«Leggeremo le carte». I 5 Stelle si preparano a salvare Salvini
Diciotti.
La grillina Lombardi: ci costerà caro. Attesa la memoria di Conte, Di
Maio e Toninelli sulla condivisione delle scelte. Sibilia insiste:
«Voteremo sì». Nugnes: «Se M5S dice no al processo me ne vado». Il
presidente della giunta per le autorizzazioni Gasparri assicura: il voto
entro il 22 febbraio
di Andrea Colombo
Nel
guaio in cui si trovano Salvini e i 5S ci si sono cacciati da soli: il
primo per la tendenza a fare il gradasso, i secondi perché ostaggi della
loro stessa propaganda anticasta, tutti per non aver capito bene i
termini della questione e la posta in gioco. Ieri, nella prima seduta
della giunta per l’immunità del Senato, il presidente Gasparri ha
provato a chiarire la reale natura del voto con cui la giunta e poi
l’aula dovranno esprimersi sulla richiesta di autorizzazione a procedere
contro il ministro degli Interni.
NON SPETTA ALLA GIUNTA, ha
spiegato Gasparri, decidere sull’esistenza o meno di un reato. Non è
questo il compito che la Costituzione assegna al Tribunale dei Ministri e
alla giunta, che invece «è chiamata a valutare se l’inquisito abbia
agito per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente
rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse
pubblico». In concreto la giunta deve dire se Salvini ha impedito dal 20
al 25 agosto lo sbarco dei profughi della Diciotti nell’interesse dello
Stato oppure per soddisfare sentimenti personali. Non si tratta dunque
di un voto sull’immunità e stando così le cose M5S non potrebbe che
votare contro l’autorizzazione. Ma è una sottigliezza costituzionale sin
qui sfuggita ai parlamentari a cinque stelle che devono giustificarsi
di fronte al loro elettorato. Dunque i 5S si trovano ora incartati tra
una propaganda che per anni ha assicurato che mai si sarebbe votato
contro un’autorizzazione a procedere, e che il Pd ora impugna, e una
situazione molto diversa da quelle abituali. Autorizzare il
provvedimento significherebbe infatti affermare che Salvini ha agito per
motivi diversi dall’interesse pubblico: a quel punto l’esito del
processo sarebbe quasi segnato. E’ persino dubbio che la Corte
accetterebbe le testimonianze del premier e degli altri ministri,
essendo già certificato che il ministro degli Interni ha appunto agito
per motivi diversi dall’interesse pubblico e di Stato.
DALL’ALTRO
LATO PERÒ i pentastellati di rigida fede sono irremovibili. «Voteremo
sì», insiste Sibilia. «Salvare Salvini ci costerebbe caro. Prima del
contratto di governo c’è il patto con gli elettori», rincara Roberta
Lombardi. «Se M5S vota contro l’autorizzazione lascio il Movimento»,
minaccia Paola Nugnes. Posizioni che riflettono quelle, anche più
severe, di una parte dell’elettorato.
Ma i 5S iniziano a rendersi
conto di non avere scelta e di dover preparare il terreno per un voto
che sarà inevitabilmente preso per un voltafaccia, tanto più che lo
stesso Salvini ci ha messo del suo con le improvvide dichiarazioni da
“ganassa” sull’intenzione di farsi processare. «Leggeremo le carte poi
decideremo«, annuncia il capogruppo in giunta Mario Giarrusso, chiarendo
così che la scelta a favore del sì, sino al giorno prima certa, è ora
in forse. Anzi molto in forse. «Le carte» in questione sono una memoria
che Conte, Di Maio e il ministro per le Infrastrutture Toninelli si sono
impegnati a consegnare per affermare ufficialmente che quella di
Salvini è stata una decisione condivisa da tutto il governo. Ma Gasparri
ha subito risposto che il solo interlocutore della giunta sarà Salvini,
che potrà tutt’al più aggiungere l’autodenuncia collettiva del governo
alla sua relazione.
SARÀ PROPRIO L’INTERVENTO di autodifesa di
Salvini, scritto o più probabilmente dal vivo, in data non ancora
fissata ma la più accreditata è mercoledì prossimo, il momento clou
della vicenda. Il ministro insisterà sulla linea già esposta nella
lettera al Corriere della Sera, l’aver cioè agito nell’interesse
costituzionalmente rilevante dello Stato. Governo e maggioranza
affermeranno quindi che il voto ha assunto un significato politico
chiaro: approvazione o meno della linea politica del governo
sull’immigrazione. Fiducia o sfiducia. Entro il 22 febbraio Gasparri
promette il voto in giunta, poi in un mese, l’aula. Se M5S voterà per
l’autorizzazione non succederà niente, garantisce Salvini. Meno
rassicurante Fedriga: «In quel caso bisognerà ridiscutere tutto».
Minimizza: in quel caso la maggioranza non ci sarebbe più. Ma l’ipotesi
del sì dei 5S all’autorizzazione si fa di ora in ora più remota.