il manifesto 31.1.19
Lucano: «Una buona notizia in un periodo di amarezza»
Nobel
per la pace. Raccolte oltre 90mila firme per candidare Riace. L'ex
sindaco: «Chi ci governa è come Pinochet, passa con autorità sulla pelle
degli esseri umani»
di Giansandro Merli
ROMA
Gli applausi durante una conferenza stampa non capitano spesso, ma
attorno alla figura di Domenico Lucano si addensano più eccezioni che
consuetudini. Compresa questa. Quando arriva all’iniziativa «Riace Nobel
per la pace 2019» alcuni dei presenti si alzano in piedi, chi sta
parlando cede il microfono, tutti battono le mani. Ha mezz’ora di
ritardo e fuori piove.
Attraversa la sala incerto, stringe qualche
mano e prende posto. Si ritrova un microfono davanti e gli occhi della
platea addosso. Abbassa lo sguardo, respira profondamente, farfuglia un
saluto e qualche ringraziamento. Poi dice: «Questa raccolta di firme per
candidare Riace al Nobel – sono oltre 90mila, tra cui 2.750 docenti e
1.250 associazioni – è una buona notizia in un periodo in cui prevale
l’amarezza. Vorrei condividere questa iniziativa con tutti i rifugiati
del mondo e con chi desidera una società più giusta e umana. La mia
situazione personale è una cosa insignificante rispetto a quello che sta
succedendo».
Mentre Lucano parla il pubblico è in silenzio,
rapito da concetti semplici ma profondi pronunciati a voce bassa. Di
sottofondo resta solo il rumore degli scatti delle macchine
fotografiche. Tutti gli obiettivi sono puntati su di lui. «Sono
diventato un personaggio improvvisamente, senza volerlo, senza alcun
merito» dirà.
IN ALCUNI PASSAGGI del suo racconto la realtà assume
le tinte del realismo magico. Come quando ricorda: «Non c’è alcuna
premeditazione in quello che abbiamo fatto. Tutto nasce da uno sbarco
avvenuto per caso. È stato il vento che un giorno di 20 anni fa ha
portato un veliero pieno di curdi sulle coste di Riace. Questa storia
inizia così».
La faccia del sindaco riflette i sentimenti che lo
agitano, inquietudine ma anche determinazione. Sorride fissando un punto
indefinito mentre parla delle case vuote degli emigranti riacesi
riempite dai rifugiati. Si incupisce quando cita la situazione attuale
del borgo, svuotato dai cittadini stranieri e nuovamente spopolato.
Stringe le sopracciglia immaginando ciò che può ancora accadere. «Riace
tornerà a vivere, sono convinto che ce la faremo. Quest’onda nera
passerà» afferma.
LO SPETTRO DI MATTEO SALVINI aleggia tutto
intorno. Quando viene nominato, sul volto di Lucano si disegna un
sorriso di pietà o compassione. «Il ministro vuole ripopolare le aree
interne del sud con gli italiani invece che con i migranti. Ma dove li
prende? Lui non le conosce quelle zone, io sì». O una smorfia di rabbia:
«Chi ci governa è come Pinochet, passa con autorità sulla pelle degli
esseri umani, ci fa diventare ogni giorno più tristi. Guardate
Siracusa». Poi afferma con un orgoglio poco comune: «Io rifarei tutto
quello di cui sono accusato e per cui sto pagando. Loro quando
pagheranno per i crimini contro l’umanità che continuano a commettere?».
Le
frasi a volte saltano da un pensiero all’altro, ma i messaggi sono
forti e chiari. Lucano è così, non ha bisogno di posare accanto a piatti
di pasta posticci per sembrare genuino. «È tutto paradossale – continua
– compreso il gesto dei parlamentari Pd. Non voglio fare polemica, ma
sono gli stessi che hanno votato il decreto Minniti-Orlando. Per loro
non è questione di sensibilità ma di interessi politici. Invece noi, che
siamo persone semplici, soffriamo a Riace, a Siracusa».
DOMANI LE
FIRME voleranno verso Oslo e saranno consegnate al comitato del Nobel
dalla rete di comuni, municipi, associazioni e giornali che ha sostenuto
l’esperienza di Riace come un simbolo che da locale può diventare
globale. Poi le iniziative continueranno, «perché la candidatura è un
atto politico». Il 2 marzo a Milano con l’adesione al corteo «People,
prima le persone» e il 25 aprile nel borgo calabrese con una
mobilitazione che si vorrebbe nazionale e sostenuta dall’Anpi. Intanto
il 26 febbraio la Cassazione si pronuncerà sul divieto di dimora, con la
speranza che sia finalmente revocato. «Ogni volta bisogna avere la
forza per ricominciare. Senza recriminare, nonostante le difficoltà. Non
abbiamo altro» conclude Lucano provando a scavalcare con le parole
l’ennesimo applauso.