il manifesto 29.1.19
Povertà e ancora bombe, Derry non trova pace
Irlanda
del Nord. Nella città con un altissimo tasso di disoccupati e il
primato dei suicidi nel Regno Unito, la tensione torna a salire
di Enrico Terrinoni
Appare
oramai assodato che il terreno più fertile per la propaganda dei
dissidenti repubblicani in Irlanda del Nord sia la città di Derry. Forse
per la sua storia, forse per il Bloody Sunday, o forse perché è lì che
ha messo radici il movimento per i diritti civili.
Quella che
appare come una escalation della situazione, a ridosso delle fratture
previste del Brexit, è dovuta principalmente al fatto che tanti giovani,
nati e vissuti durante il periodo del Peace Process, non sono mai
davvero stati esposti alla pace o alle promesse di una ripresa economica
dopo gli anni del conflitto.
Sono proprio i giovani di una città
con il più alto tasso di disoccupati in tutto il nord e il primato dei
suicidi nel Regno Unito, a prestare maggiormente orecchio al messaggio
dei dissidenti repubblicani, definito astorico e privo di futuro dallo
Sinn Féin.
Sono bollati come dissidenti tutti coloro che non hanno
mai accettato il processo di pace, e che ora di fronte al suo stallo
prolungato si sentono ancora più legittimati a contrastare le politiche
di accordi tra le due comunità, sinergie che non hanno portato a una
vera e propria riconciliazione, ma nel migliore dei casi solo a forme di
infastidita tolleranza reciproca.
Quest’estate si è avuta una
settimana di violenti scontri a ridosso del 12 di luglio, data in cui i
lealisti protestanti ricordano la sconfitta dei cattolici di Giacomo II
nella battaglia del Boyne. E una settimana fa l’ordigno esploso fuori
dal palazzo di giustizia, e a due passi da centri di ritrovo delle logge
massoniche e orangiste, ha di nuovo scosso le mura di Derry.
I
movimenti principali che vengono identificati come spalla politica dei
dissidenti sono Saoradh e l’Irpwa (Associazione per il sostegno dei
prigionieri di guerra repubblicani), formazioni legatissime al punto da
condividere spesso le proprie sedi. A ridosso della bomba esplosa la
settimana passata, sono stati proprio alcuni loro affiliati a essere
fermati e interrogati dalle forze di polizia. Le indagini sono ancora
stranamente in alto mare, nonostante la zona dell’attentato sia
costellata di telecamere. Quest’ultima circostanza fa nascere il
sospetto che l’attacco possa essere una provocazione da parte di
ambienti estranei al repubblicanesimo.
Alle domande di un cronista
del Derry Journal che hanno toccato anche presunti legami con l’Ira o
la New Ira, un non meglio identificato rappresentante di Saoradh si è
limitato a rispondere che il partito non è sotto il controllo di altre
organizzazioni «armate o meno che siano». L’intervistato ha definito
l’attentato del 19 gennaio «rivoluzionario», ma si è guardato bene dal
voler coinvolgere il partito.
Come già capitato per l’Irish
Republican Socialist Party, braccio politico dell’Inla (Irish National
Liberation Army), neanche Saoradh ha condannato l’attacco, ma ci si è
limitati a dire che «finché l’imperialismo rimarrà il potere dominante,
ci saranno sempre donne e uomini intenzionati a portare avanti la lotta
rivoluzionaria armata».
Nonostante le minimizzazioni di questo
nuovo tipo di resistenza ancora scomposta, le autorità e i partiti
mainstream si stanno accorgendo per la prima volta in anni che i gruppi
dei «duri e puri» costituiscono oramai una minaccia e non vanno più
sottovalutati.