il manifesto 29.12.18
Militari, fascisti e neoliberisti. Si insedia l’incubo Bolsonaro
Brasile anno zero. All’evento presente gran parte della destra mondiale. E - incredibile - c’è anche Morales
di Claudia Fanti
L’insediamento
di Jair Bolsonaro alla guida del Paese avrà luogo, il primo gennaio, in
mezzo a una ondata di ottimismo record: secondo un sondaggio di
Datafolha, è addirittura il 65% dei brasiliani a credere che la vita
migliorerà sotto il nuovo governo, quasi il triplo rispetto a cinque
mesi fa (prima, cioè, della vittoria del candidato neofascista).
POCO
IMPORTA SE SIA L’EFFETTO della luna di miele che solitamente accompagna
la nascita di ogni nuova presidenza o il perdurante effetto della
realtà parallela creata dalle reti sociali, già risultata decisiva per
l’esito del voto. Quale che sia la ragione, il dato non potrebbe
apparire più sconcertante, di fronte alle gaffe, agli annunci
puntualmente seguiti da smentite, all’improvvisazione e all’incompetenza
di cui sta dando prova la ribattezzata «armata Bolsoleone».
Sono
soprattutto i passi compiuti finora sul terreno della politica estera a
risultare più disastrosi, rischiando di condurre il paese sulla via
dell’isolamento internazionale: dalle infelici dichiarazioni nei
confronti della Cina, primo socio commerciale del Paese, fino al ritiro
della candidatura del Brasile a ospitare nel 2019 la Cop25 (la
Conferenza Onu sul cambiamento climatico) – con tanto di possibile
rottura dell’Accordo di Parigi -, passando per l’annunciata intenzione
di trasferire l’ambasciata in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme, misura
poi parzialmente smentita, confermata, rismentita.
MA È STATA LA
STESSA SCELTA dei ministri a rendere inspiegabile il sonno della ragione
in cui sembra piombato il popolo brasiliano, a cominciare proprio da
quella del ministro degli Esteri Ernesto Araújo, impegnato a dipingere
Trump come una sorta di messia destinato a salvare la civiltà
occidentale dal «marxismo culturale globalista» e Bolsonaro come il
prescelto da Dio per porre fine al regime «corrotto e ateo» in vigore
nel paese.
È l’intera composizione del governo, del resto, a
riflettere, da una parte, la piena continuità con le misure
ultraneoliberiste dell’impopolarissimo governo Temer (garantita in
particolare dal ministro dell’economia Paulo Guedes e dal capo della
Bndes, la Banca nazionale di sviluppo, Joaquim Levy) e, dall’altra, i
tratti di neofascismo politico e di fondamentalismo religioso tipici
dell’équipe di Bolsonaro.
Tratti espressi, oltre che dalla nutrita
schiera di militari – guidata dal vicepresidente Antônio Mourão, deciso
sostenitore della dittatura -, da personaggi come il ministro
dell’educazione Ricardo Vélez, convinto che il golpe del ‘64 abbia
liberato il paese dal comunismo e che i brasiliani siano «ostaggi» di un
sistema di insegnamento mirato a «imporre alla società un
indottrinamento radicato nell’ideologia marxista».
O, ancora, come
la pastora evangelica Damares Alves, ministra della Donna, della
Famiglia e dei Diritti Umani, la quale, oltre a opporsi all’aborto anche
in caso di violenza sessuale, ha destato grande ilarità annunciando di
aver visto Gesù ai piedi di un albero di goiaba.
UN COCKTAIL
MICIDIALE, insomma, fatto di «autoritarismo, intolleranza,
dilettantismo, ultraneoliberismo, subordinazione agli interessi
imperialisti e, soprattutto, fanatismo», secondo le parole del sociologo
Marcelo Zero.
Neanche si può ricondurre la speranza riposta nel
nuovo esecutivo alla bandiera della lotta alla corruzione: se il numero
di ministri indagati è già piuttosto consistente, è la stessa famiglia
Bolsonaro a essere stata travolta da uno scandalo di indubbia rilevanza.
Quello, cioè, delle transazioni sospette riscontrate sul conto dell’ex
autista di Flávio Bolsonaro (nonché amico di tutta la famiglia
presidenziale) Fabrício Queiroz – per un totale di 1,28 milioni di reais
incompatibili con le sue modeste entrate – tra cui un versamento di
24mila reais a favore della moglie del presidente eletto.
UN CASO
DESTINATO – probabilmente – all’insabbiamento, considerando come
l’organo giudiziario abbia finora permesso a Queiroz di posticipare – a
data da destinarsi – la sua deposizione, a causa di presunti motivi di
salute.
È in questo clima che Bolsonaro si appresta ad assumere la
guida del paese, in una cerimonia a cui saranno presenti solo 12 capi
di Stato e di governo, tra cui, oltre a Netanyahu, illustri
rappresentanti dell’estrema destra come Viktor Orbán, Ivan Duque,
Sebastián Piñera e Juan Orlando Hernández, a cui faranno compagnia
Tabaré Vázquez e – incredibile – Evo Morales.
Assenti il suo idolo
Donald Trump, rappresentato dal segretario di Stato Mike Pompeo, e il
suo nuovo amico Matteo Salvini, che, malgrado le reciproche
dichiarazioni d’amore, ha fatto sapere che lo seguirà «da lontano, per
non essere frainteso dalla stampa italiana».
Scontata l’assenza di
Miguel Diaz-Canel e, soprattutto, di Nicolás Maduro, dal cui governo –
in risposta a un invito prima spedito e poi ritirato – è giunta la
seguente nota: «Si informa il ministero degli Esteri brasiliano che il
Venezuela non assisterà mai all’insediamento di un presidente che è
espressione dell’intolleranza, del fascismo e della sottomissione a
interessi contrari all’integrazione latinoamericana e caraibica».