il manifesto 27.1.19
La crisi aperta della memoria
Antisemitismo.
Questo è il paese della rimozione materiale, come dimostrano gli
innumerevoli episodi di cronaca e un «sentito» trasversale che comprende
le curve degli stadi, le affermazioni sui Savi di Sion e l'asporto
delle pietre d'inciampo. È indispensabile la pratica e l’esercizio reale
dei diritti
di Davide Conti
La Giornata della
Memoria al tempo della crisi si rivela uno specchio che proietta
un’immagine impietosa sulla dimensione del nostro presente e la distonia
intercorrente tra la retorica celebrativa-istituzionale e «l’impatto
del reale» rappresenta in modo quasi implacabile una verifica storica
della condotta delle generazioni contemporanee rispetto all’eredità del
passato.
LA RIEMERSIONE manifesta e rivendicata
dell’antisemitismo, segnalata dagli innumerevoli episodi di cronaca e da
un «sentito» trasversale che comprende le curve degli stadi e le
affermazioni di senatori sui Savi di Sion, ha trovato una pubblica e
diretta riconnessione con la Shoah nella vicenda simbolica delle pietre
d’inciampo divelte dalle strade della capitale d’Italia.
Una rimozione valoriale espressa attraverso una rimozione materiale.
Nel
Paese, poi, pare normale che gruppi neofascisti aggrediscano e
minaccino giornalisti «rei» di documentare non solo le loro «imprese» ma
anche quella intrinseca contraddizione già espressa in modo chiaro da
Giorgio Almirante in un congresso del Msi del 1956: «l’equivoco, cari
camerati – ebbe a dire l’ex segretario di redazione de La Difesa della
Razza – è uno e si chiama essere fascisti in democrazia». A lui il
consiglio comunale di Roma, città appena insignita della medaglia d’oro
al valor militare per la Resistenza dal presidente della Repubblica
Sergio Matteralla, ha rischiato di dedicare una strada appena pochi mesi
addietro.
NEL ROVESCIAMENTO del senso della storia e del suo
significato si colloca una mozione della Commissione cultura della
Camera, presentata dall’estrema destra parlamentare e approvata
all’unanimità il 22 gennaio scorso, con cui si vorrebbe vietare
all’Associazione Partigiani d’Italia di tenere incontri nelle scuole,
nell’ambito di un progetto formativo del Comune di Roma, sul tema delle
foibe e dei rapporti tra Italia e Jugoslavia nella seconda guerra
mondiale.
Il Parlamento che i partigiani hanno riaperto nel nostro
paese con la lotta di Liberazione dopo vent’anni di dittatura sostiene
che questi non possono parlare.
Il giorno dopo, forti dell’input
istituzionale, gruppi neofascisti hanno affisso, davanti ad alcune
scuole, manifesti e striscioni di attacchi e insulti all’Anpi
minacciando di impedire ai partigiani di intervenire nelle scuole
pubbliche.
LA DIVARICAZIONE tra retorica della memoria e indirizzi
governativi si ripropone con ancora più evidenza sulla questione dei
popoli migranti, attorno alla quale non solo ci si trova di fronte a
misure di sgombero e «trasferimento» di esseri umani (come a Castelnuovo
di Porto) ma alla costruzione di leggi e normative ad hoc, che normano
pratiche in evidente conflitto non solo con i diritti umani ma con il
portato vincolante della Costituzione repubblicana e della legalità
antifascista. Una legalità non formale ma sostanziale, come il tratto
stesso della nostra Carta prevede in tema di accoglienza, di diritto di
asilo e di esercizio del potere da parte dei rappresentanti del popolo.
La
Giornata della Memoria in Italia, i cui eventi in programma erano stati
presentati ufficialmente dal sottosegretario leghista Giorgetti, cade
in un contesto storico in cui da un lato il Tribunale dei ministri di
Catania chiede l’autorizzazione a procedere contro il ministro
dell’Interno per sequestro di persona e abuso di potere in relazione al
caso della nave «Diciotti» e dall’altro, lo stesso responsabile del
Viminale afferma di non aver minima intenzione di «cambiare di un
centimetro» la sua posizione.
IN QUESTO QUADRO, a poco o nulla
servono le retoriche enunciative del «mai più». È invece indispensabile
la pratica e l’esercizio reale dei diritti dentro quelle piaghe aperte,
dalla crisi del modello liberista, nella società e nelle sue classi
sociali più deboli ed esposte.
È responsabilità di tutti fare
della Giornata della Memoria un elemento fondamentale di promozione
dell’idea antifascista dello Stato, della società e dei rapporti
sociali. Dell’idea antifascista come tratto storico dell’identità
europea in un momento in cui la discriminazione ed il razzismo
riemergono come tratti d’insieme delle destre estreme continentali.