il manifesto 26.1.19
Ci sarà una Norimberga prima o poi
Salvini e i galoppini a 5 stelle: una sfida alla democrazia
Non
siamo pesci. Si impone, oggi, una mobilitazione eccezionale,
all’altezza della gravità dei tempi. L’appello «Non siamo pesci»
affinché venga immediatamente istituita una Commissione parlamentare
d’inchiesta sulle stragi in mare è un primo passo importante
di Marco Revelli
Un
ministro dell’interno che delinque è un oltraggio per il proprio Paese.
Un segno di vergogna che ci accompagna ovunque andiamo. Un ministro
dell’interno che oltre a delinquere irride la giustizia del proprio
Paese, dichiara di infischiarsene dei giudici e promette di reiterare il
reato, è qualcosa di peggio. È una sfida vivente alla nostra democrazia
e alla Costituzione che la garantisce. Una sfida che deve essere
accettata e vinta, pena la caduta irrimediabile in un limbo della
civiltà senza uscita.
Forse Matteo Salvini fa il gradasso perché
sa che la sua banda lo tutelerà in Parlamento, che con la complicità
della sua maggioranza di governo si salverà dal giudizio del Tribunale
dei ministri. Possibile. Anzi probabile. Ma sappia che prima o poi ci
sarà una Norimberga. Che quei crimini contro l’umanità, consumati o
minacciati, non resteranno ingiudicati e impuniti, quando l’umanità
ritornerà in sé, e il consenso degli accecati non basterà più a far da
scudo agli specialisti del disumano.
Non sono solo i 177 della
Diciotti, sequestrati come fossero un carico di bestiame e segregati
contro la loro volontà e contro ogni principio politico e morale; e
nemmeno i 47 della Sea Watch messi a rischio della vita per un basso
calcolo politico e elettorale. Nel conto ci sono anche i 100 ricacciati
indietro dal «moderato» Conte, il devoto di padre Pio che ha fatto il
miserabile miracolo di spedire nelle piccole Auschwitz libiche chi
dichiarava di preferire morire che ritornare in quell’inferno, e che
pure pretende di aver compiuto un atto di beneficenza.
Né possono
chiamarsi fuori i galoppini 5 Stelle, quelli che gridavano «Onestà
Onestà» e ora nicchiano e tacciono sull’immunità parlamentare per quello
che ha stracciato il diritto positivo e quello naturale, violando
Costituzione e convenzioni internazionali. Per tutto questo i colpevoli
dovranno pagare il proprio prezzo alla giustizia, perché non c’è ragione
politica o Ragion di Stato che tengano: l’argomento di chi sostiene che
tutto ciò rientrava nel campo della discrezionalità di governo è
ridicola, come se si vivesse ancora nell’epoca dell’assolutismo, quando
il sovrano era legibus solutus e non si fosse ancora affermato lo Stato
di diritto, dove un reato – tanto più se penalmente grave come il
sequestro di persona o la messa a rischio della vita di decine di
innocenti – resta un reato, anche se commesso dal titolare del potere.
Il
cerchio perverso dell’abuso di potere va spezzato. Perché se
l’ostentazione plateale della brutalità non viene sanzionata, diventa
virale. Contagiosa come una febbre maligna. Quanto accadde all’origine
del fascismo insegna. Se restasse impunita otterrebbe una legittimazione
che apre al consenso.
Per questo si impone, oggi, una
mobilitazione eccezionale, all’altezza della gravità dei tempi.
L’appello «Non siamo pesci» affinché venga immediatamente istituita una
Commissione parlamentare d’inchiesta sulle stragi in mare è un primo
passo importante. Un’occasione – un dovere – per tutti di schierarsi. E
oltre l’appello la presa di parola, in ogni ambito della società si
operi, dai media alle professioni, dall’università ai tribunali,
dall’associazionismo alle realtà territoriali e di lavoro.