il manifesto 22.1.19
Cgil, oggi a Bari inizia il XVIII congresso, il governo non c’è
Il
sindacato sceglie il nuovo segretario generale. Susanna Camusso ha
indicato Maurizio Landini, partita aperta con Vincenzo Colla. In piazza
contro la manovra il nove febbraio, le critiche al decreto Reddito-Quota
100
di Massimo Franchi
BARI Dicono di voler
evitare «la conta» e «la spaccatura», nei fatti è un esito molto più
probabile. La Cgil arriva al congresso che si apre questa mattina alla
Fiera del Levante di Bari con un candidato formale proposto da Susanna
Camusso – che questa mattina terrà la sua relazione d’addio – e un altro
che ha da qualche settimana «espresso la sua disponibilità a
candidarsi».
FINO A GIOVEDÌ, giorno in cui è prevista l’elezione,
però Maurizio Landini sarà formalmente l’unico candidato alla
segreteria, mentre Vincenzo Colla un «segretario confederale uscente».
Lo statuto della confederazione – modificato al congresso di quattro
anni fa con ratifica alla conferenza di organizzazione di tre anni fa –
prevede infatti un meccanismo complicato: gli 868 delegati del congresso
eleggeranno l’assemblea generale che a sua volta eleggerà il
segretario. Dunque da qui a giovedì è possibile che si arrivi alla
auspicata sintesi per evitare la doppia candidatura. Annusando l’aria
che si respirava ieri, le possibilità di un esito di questo tipo sono
contenute. Anche sul treno che portava a Bari buona parte dei delegati e
degli ospiti al congresso tutti danno per scontato la spaccatura e
ognuna delle due parti si ritiene in vantaggio. Alla consapevolezza
interna dei due fronti fa da contraltare la difficoltà a spiegare
all’esterno una situazione che ha del paradossale da tre mesi. La Cgil
si presenta a Bari unita come mai: il documento congressuale «Il lavoro
è» è stato votato dall’intera segreteria – sia da Landini che da Colla
che hanno entrambi dato il loro contributo di ideazione e scrittura del
testo – e dal 98 per cento degli iscritti votanti. Anche con la
divisione in atto, tutti i congressi – tranne quello della federazione
dei somministrati e dei precari del Nidil – si sono chiusi in modo
unitario con un solo candidato eletto con percentuali bulgare, o quasi.
PER
MOTIVARE LA SCELTA di un candidato alternativo a Landini l’area
riformista – pensionati dello Spi, edili della Fillea, lavoratori dei
trasporti e logistica della Filt, delle comunicazioni Slc – ha dovuto
introdurre le categorie dell’ «interpretazione del documento» e delle
«diverse sensibilità». L’area riformista è unita dalla preoccupazione
che Landini trasformi in senso «movimentista» la Cgil, visto che la
supposta vicinanza con il M5s è un arma spuntata stanti le forti
critiche dell’ex leader Fiom al governo.
PROPRIO IL GOVERNO
giallo-verde sarà il grande assente al congresso. Per la prima volta
nella storia recente della Cgil nessun ministro sarà presente. L’invito
al premier Giuseppe Conte – pugliese anche lui – è caduto nel vuoto così
come quello al ministro del lavoro Luigi Di Maio – che invece è stato
applaudito al congresso della Uil pochi mesi fa, durante la vertenza
Ilva. Ad ufficializzare l’assenza di qualsiasi esponente del governo è
stato ieri il sottosegretario al lavoro leghista ed ex sindacalista Ugl
Claudio Durigon che ha sostenuto come la motivazione risieda
semplicemente in «una questione di agende». La ragione vera invece
risiede nelle critiche della Cgil alla manovra, al cosiddetto «reddito
di cittadinanza» e a Quota 100 e nella conferma della manifestazione
nazionale unitaria contro il governo con Cisl e Uil che si terrà sabato 9
febbraio a Roma. Ieri Colla ha ribadito la sua disponibilità «a fare
anche due passi indietro», ma condizionandola al fatto che a farlo sia
anche Landini («ma lo facciano tutti»), cosa al momento impossibile
visto che la candidatura dell’ex segretario della Fiom è stata approvata
da gran parte della segreteria e dei territori e che una terza via
appare impraticabile.
LA MEDIAZIONE che, al momento, sembra
possibile per evitare la spaccatura è una segreteria in cui la
(presunta) minoranza riformista abbia più peso rispetto ad oggi: due
componenti su nove (lo stesso Colla e Roberto Ghiselli), ma allo stesso
tempo va considerato il fatto che fino ad un anno fa gli schieramenti
erano calcolati in un’ altra maniera e così potrebbe capitare tra un
anno.Se così non sarà, la battaglia sarà procedurale. Lo statuto prevede
la possibilità di più di una candidatura ma la limita alla raccolta di
firme da parte di almeno il 15 per cento dei componenti – cifra
facilmente raggiungibile dai riformisti. A quel punto avrà grande
importanza chi sarà eletto alla presidenza della Assemblea: lo statuto
prevede la possibilità di un «ascolto» dei componenti – sempre per
evitare la spaccatura – e anche di prendersi tre giorni di tempo per
ricomporre un eventuale dissidio. Per questo alcuni territori hanno
allertato i delegati sulla possibilità che i tempi – e i giorni del
congresso – si dilatino, ma da parte della segreteria che ha organizzato
il congresso si conferma il programma con l’elezione giovedì e venerdì
il discorso programmatico d