il manifesto 22.1.19
Cgil, quel gettone speso bene
di Norma Rangeri
Fare
sindacato oggi in Italia è una missione per spiriti coraggiosi. La
crisi economica globale, associata alle dissennate politiche
confindustriali del partito democratico, ha prodotto nel nostro paese
una condizione di inedita subalternità del lavoro all’impresa.
Non
è questa la sede per ripercorrere le tappe di una vera e propria
débâcle dei diritti dei lavoratori (a cominciare dal famigerato
decreto-Poletti fino al jobs-act). Tuttavia alcuni dati
incontrovertibili raccontano la condizione del lavoro oggi in Italia.
Negli
ultimi dieci anni la crescita dei lavoratori poveri è stata davvero
enorme: dal 9,3 al 12,2%, vale a dire con un incremento del 30% (dati
Eurostat).
Parliamo di una condizione salariale che non consente di mantenere una famiglia pur lavorando.
Parliamo
di un paese, il nostro, con il più basso tasso di occupazione d’Europa,
di un paese segnato da una debole ripresa dovuta a una crescita
esponenziale, dal 35 al 60%, del lavoro part-time.
In questo
contesto, di fronte a un tema salariale che purtroppo disegna le nuove
povertà, certo non meraviglia il successo elettorale di una forza
politica come il Movimento 5 Stelle che proprio di questo tema ha fatto
il suo cavallo di battaglia in Italia. Così come è proprio il tema
salariale a infiammare la protesta dei gilet-jaunes in Francia. Hic
Rhodus hic salta.
E la Cgil di Susanna Camusso proprio su questo
terreno dei diritti, come sul terreno della battaglia contro la
precarietà e il lavoro povero, ha saputo tenere ferma la barra, così da
presentarsi all’appuntamento importante del passaggio del testimone
congressuale con le carte in regola, portando a chi le succederà alla
guida della Cgil una organizzazione in buona salute.
Non sono
certo stati anni facili, ma specialmente se confrontata con la
situazione disastrosa in cui versa la sinistra in Italia, la vicenda
della Cgil offre una visione e una prospettiva di lotta.
Da una
parte abbiamo un’organizzazione sindacale che ha affrontato gli anni
della grande crisi cercando di rinnovarsi sia dal punto di vista teorico
(la Carta dei diritti), sia sul versante politico e della
partecipazione democratica (i referendum, la consultazione tra gli
iscritti e i delegati di base).
Dall’altra osserviamo un Pd
ripiegato su se stesso, sull’orlo di una scissione, che stenta a
rianimarsi dopo la batosta del 4 marzo, con il rito sempre più residuale
delle primarie tra candidati che è assai difficile distinguere l’uno
dall’altro.
Quel famoso gettone del telefono di cui parlava Renzi
per stigmatizzare l’arretratezza della Cgil di Camusso a ben vedere è
stato speso bene, capace di chiamare a raccolta 5 milioni e mezzo di
iscritti verso l’approdo di un congresso che promette una battaglia
vera, trasparente e importante per tutto il paese.